Vita Chiesa

Papa ai cattolici bulgari, «siate una casa dalle porte aperte»

Testimoniare che l’Amore ha vinto ogni ostacolo. «Gli uomini di Dio sono quelli che hanno imparato a vedere, confidare, scoprire e lasciarsi guidare dalla forza della risurrezione. Riconoscono, sì, che esistono situazioni o momenti dolorosi e particolarmente ingiusti, ma non restano con le mani in mano, intimoriti o, peggio, alimentando un clima di incredulità, malessere o fastidio, perché questo non fa che nuocere all’anima, indebolendo la speranza e impedendo ogni possibile soluzione. Gli uomini e le donne di Dio sono coloro che hanno il coraggio di fare il primo passo e cercano creativamente di porsi in prima linea testimoniando che l’Amore non è morto, ma ha vinto ogni ostacolo. Si mettono in gioco perché hanno imparato che, in Gesù, Dio stesso si è messo in gioco. Ha messo in gioco la propria carne perché nessuno possa sentirsi solo o abbandonato». Lo ha detto Papa Francesco durante l’incontro con la comunità cattolica nella Chiesa di San Michele Arcangelo a Rakovsky.

«Per amare qualcuno non c’è bisogno di chiedergli il curriculum vitae

La parrocchia deve essere «una casa in mezzo a tutte le case» che sia «capace di rendere presente il Signore proprio lì dove ogni famiglia, ogni persona cerca quotidianamente di guadagnarsi il pane. Lì, all’incrocio delle strade, si trova il Signore, il quale non ha voluto salvarci con un decreto, ma è entrato e vuole entrare nel più intimo delle nostre famiglie». Così Papa Francesco alla comunità cattolica bulgara. «È necessario stare attenti perché mai la rabbia, il rancore o l’amarezza si impossessino del cuore. E in questo – ha avvertito il Pontefice – ci dobbiamo aiutare, aver cura gli uni degli altri affinché non si spenga la fiamma che lo Spirito ha acceso nel nostro cuore». Per il Papa, «il sacerdote senza il suo popolo perde identità e il popolo senza i suoi pastori può frammentarsi. L’unità del pastore che sostiene e lotta per il suo popolo e il popolo che sostiene e lotta per il suo pastore. Ognuno dedica la propria vita agli altri. Nessuno può vivere solo per sé, viviamo per gli altri». In questo modo, ha precisato Francesco, «impariamo ad essere una Chiesa-famiglia-comunità che accoglie, ascolta, accompagna, si preoccupa degli altri rivelando il suo vero volto, che è volto di madre. Chiesa-madre che vive e fa suoi i problemi dei figli, non offrendo risposte preconfezionate» ma «cercando insieme strade di vita, di riconciliazione; cercando di rendere presente il Regno di Dio. Chiesa-famiglia-comunità che prende in mano i nodi della vita, che spesso sono grossi gomitoli, e prima di districarli li fa suoi, li accoglie tra le mani e li ama».

«Essere una casa dalle porte aperte, sulle orme di Cirillo e Metodio, oggi richiede anche di saper essere audaci e creativi per domandarsi come si possa tradurre in modo concreto e comprensibile alle giovani generazioni l’amore che Dio ha per noi». È l’invito rivolto dal Papa alla comunità cattolica bulgara. «Una grande tentazione che affrontano le nuove generazioni è la mancanza di radici che le sostengano, e questo le porta allo sradicamento e a una grande solitudine. I nostri giovani – ha spiegato Francesco -, nel momento in cui si sentono chiamati ad esprimere tutto il potenziale in loro possesso, molte volte restano a metà strada a causa delle frustrazioni o delle delusioni che sperimentano, poiché non hanno radici su cui appoggiarsi per guardare avanti. E questo aumenta quando si vedono obbligati a lasciare la propria terra, la propria patria, la propria famiglia». «Non abbiamo paura di accettare nuove sfide, a condizione che ci sforziamo con ogni mezzo di far sì che la nostra gente non venga privata della luce e della consolazione che nascono dall’amicizia con Gesù, di una comunità di fede che la sostenga e di un orizzonte sempre stimolante e rinnovatore che le dia senso e vita», ha concluso il Papa: «Non stancatevi di essere una Chiesa che continua a generare, in mezzo alle contraddizioni, ai dolori e alle povertà, i figli di cui questa terra ha bisogno oggi agli inizi del XXI secolo, tenendo un orecchio al Vangelo e l’altro al cuore del vostro popolo».

«Oggi, nel mondo, ci sono due gruppi di persone che soffrono tanto: i giovani e gli anziani. Dobbiamo farli incontrare. Gli anziani sono le radici della nostra società, non possiamo mandarli via dalla nostra comunità, sono la memoria viva della nostra fede. I giovani hanno bisogno di radici, di memoria. Facciamo sì che comunichino tra di loro, senza paura». Lo ha ribadito Papa Francesco a braccio. «Quando i giovani si incontrano con gli anziani e gli anziani con i giovani, gli anziani incominciano a rivivere, tornano a sognare e i giovani prendono coraggio dai vecchi, vanno avanti e incominciano a fare ciò che è tanto importante nella loro vita, cioè frequentare il futuro. Abbiamo bisogno che i giovani frequentino il futuro – ha aggiunto -, ma questo si può fare solo se hanno le radici dei vecchi».