Vita Chiesa

Papa ai nuovi cardinali: non cercare onori ma mettersi a servizio degli altri

«Ricerca dei primi posti, gelosie, invidie, intrighi, aggiustamenti e accordi

«A che serve guadagnare il mondo intero se si è corrosi all’interno? A che serve guadagnare il mondo intero se si vive tutti presi da intrighi asfissianti che inaridiscono e rendono sterile il cuore e la missione? In questa situazione – come qualcuno ha osservato – si potrebbero già intravedere gli intrighi di palazzo, anche nelle curie ecclesiastiche». È il parallelo tracciato dal Papa tra il tempo degli apostoli e i nostri tempi. «Tra voi non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore», il mandato controcorrente di Gesù. «Con tale atteggiamento, il Signore cerca di ricentrare lo sguardo e il cuore dei suoi discepoli, non permettendo che le discussioni sterili e autoreferenziali trovino spazio in seno alla comunità», ha spiegato Francesco, secondo il quale la risposta del Signore è, «prima di tutto, un invito e una scommessa per recuperare il meglio che c’è nei discepoli e così non lasciarsi rovinare e imprigionare da logiche mondane che distolgono lo sguardo da ciò che è importante». «Tra voi non è così», ha proseguito il Papa, «è la voce del Signore che salva la comunità dal guardare troppo sé stessa invece di rivolgere lo sguardo, le risorse, le aspettative e il cuore a ciò che conta: la missione».

La riforma della Chiesa sarà sempre in chiave missionaria. «Quando ci dimentichiamo della missione, quando perdiamo di vista il volto concreto dei fratelli, la nostra vita si rinchiude nella ricerca dei propri interessi e delle proprie sicurezze. E così cominciano a crescere il risentimento, la tristezza e il disgusto. A poco a poco viene meno lo spazio per gli altri, per la comunità ecclesiale, per i poveri, per ascoltare la voce del Signore. Così si perde la gioia e il cuore finisce per inaridirsi». È l’analisi del Papa, che si è soffermato su cosa significhi, in senso profondo e autenticamente evangelico, riformare la Chiesa. «Gesù ci insegna che la conversione, la trasformazione del cuore e la riforma della Chiesa è e sarà sempre in chiave missionaria, perché presuppone che si cessi di vedere e curare i propri interessi per guardare e curare gli interessi del Padre», il monito di Francesco: «La conversione dai nostri peccati, dai nostri egoismi non è e non sarà mai fine a sé stessa, ma mira principalmente a crescere in fedeltà e disponibilità per abbracciare la missione. E questo in modo tale che, nell’ora della verità, specialmente nei momenti difficili dei nostri fratelli, siamo ben disposti e disponibili ad accompagnare e accogliere tutti e ciascuno, e non ci trasformiamo in ottimi respingenti, o per ristrettezza di vedute o, peggio ancora, perché stiamo discutendo e pensando tra di noi chi sarà il più importante».

L’unica autorità credibile è mettersi a servizio dei fratelli. «Mentre siamo sulla strada verso Gerusalemme, il Signore cammina davanti a noi per ricordarci ancora una volta che l’unica autorità credibile è quella che nasce dal mettersi ai piedi degli altri per servire Cristo». Sono le parole indirizzate dal Papa ai nuovi cardinali, al termine dell’omelia per il Concistoro. «È quella che viene dal non dimenticare che Gesù, prima di chinare il capo sulla croce, non ha avuto paura di chinarsi davanti ai discepoli e lavare loro i piedi», ha precisato Francesco a proposito del significato autentico e profondo del termine «autorità», che «nella Chiesa cresce con questa capacità di promuovere la dignità dell’altro, di ungere l’altro, per guarire le sue ferite e la sua speranza tante volte offesa». «Questa è la più alta onorificenza che possiamo ottenere, la maggiore promozione che ci possa essere conferita», ha affermato il Papa: «Servire Cristo nel popolo fedele di Dio, nell’affamato, nel dimenticato, nel carcerato, nel malato, nel tossicodipendente, nell’abbandonato, in persone concrete con le loro storie e speranze, con le loro attese e delusioni, con le loro sofferenze e ferite. Solo così l’autorità del pastore avrà il sapore del Vangelo e non sarà come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita», come si legge nella prima lettera ai Corinzi. «Nessuno di noi deve sentirsi superiore ad alcuno», l’ammonimento per tutti i porporati: «Nessuno di noi deve guardare gli altri dall’alto in basso. Possiamo guardare così una persona solo quando la aiutiamo ad alzarsi».

Il testamento spirituale di San Giovanni XXIII.  Il Papa ha concluso la sua omelia per il Concistoro citando, davanti ai cardinali riuniti nella basilica di San Pietro, una parte del testamento spirituale di San Giovanni XXIII, che porta la data del 29 giugno 1954 ma che secondo Bergoglio risuona attuale ancora oggi, soprattutto per chi ha l’incarico di servire la Chiesa. «Nato povero, ma da onorata ed umile gente, sono particolarmente lieto di morire povero, avendo distribuito secondo le varie esigenze e circostanze della mia vita semplice e modesta, a servizio dei poveri e della Santa Chiesa che mi ha nutrito, quanto mi venne fra mano — in misura assai limitata del resto — durante gli anni del mio sacerdozio e del mio episcopato. Apparenze di agiatezza velarono, sovente, nascoste spine di affliggente povertà e mi impedirono di dare sempre con la larghezza che avrei voluto. Ringrazio Iddio di questa grazia della povertà di cui feci voto nella mia giovinezza, povertà di spirito, come Prete del S. Cuore, e povertà reale; e che mi sorresse a non chiedere mai nulla, né posti, né danari, né favori, mai, né per me, né per i miei parenti o amici».

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