Vita Chiesa

Papa in Armenia, preghiera per la pace: «Il mondo non ricada mai più nella spirale di simili orrori!»

«Voglio ribadire che le vostre sofferenze ci appartengono». «Ricordarle non è solo opportuno, è doveroso: siano un monito in ogni tempo, perché il mondo non ricada mai più nella spirale di simili orrori!». È un grido di pace quello che ieri pomeriggio Papa Francesco ha lanciato a Yerevan, all’ombra del Monte Ararat, all’incontro ecumenico e preghiera per la pace nella piazza della Repubblica. «Non riesco a non pensare alle prove terribili che il vostro popolo ha sperimentato – ha detto Francesco -: un secolo è appena passato dal ‘Grande Male’ che si è abbattuto sopra di voi. Questo immane e folle sterminio, questo tragico mistero di iniquità che il vostro popolo ha provato nella sua carne, rimane impresso nella memoria e brucia nel cuore». Nel cuore del discorso del Papa sono riecheggiate tutte le tragedie di guerra che si stanno consumando nel mondo. «Quanto sono grandi oggi gli ostacoli sulla via della pace, e quanto tragiche le conseguenze delle guerre! Penso alle popolazioni costrette ad abbandonare tutto, in particolare in Medio Oriente, dove tanti nostri fratelli e sorelle soffrono violenza e persecuzione, a causa dell’odio e di conflitti sempre fomentati dalla piaga della proliferazione e del commercio di armi, dalla tentazione di ricorrere alla forza e dalla mancanza di rispetto per la persona umana, specialmente per i deboli, per i poveri e per coloro che chiedono solo una vita dignitosa».

Il popolo armeno può dare un contributo prezioso a questo processo di pace perché con la sua storia ha testimoniato che «quelle terribili piaghe di dolore patite sulla croce, trasfigurate dall’amore» possono diventare «sorgenti di perdono e di pace» e che «anche il dolore più grande, trasformato dalla potenza salvifica della Croce, di cui gli Armeni sono araldi e testimoni, può diventare un seme di pace per il futuro». Ed ha aggiunto: «Farà bene a tutti impegnarsi per porre le basi di un futuro che non si lasci assorbire dalla forza ingannatrice della vendetta; un futuro, dove non ci si stanchi mai di creare le condizioni per la pace: un lavoro dignitoso per tutti, la cura dei più bisognosi e la lotta senza tregua alla corruzione, che va estirpata».

Un appello di pace per il Nagorno-Karabakh e un appello alla Turchia perché trovi il coraggio di fare i conti con la storia. È un discorso «politico» quello pronunciato da Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni all’incontro ecumenico e preghiera per la pace. «Qualche decennio fa – ha detto il Catholicos – salutavamo il Terzo Millennio con la speranza che sarebbe stato l’inizio della convivenza nella solidarietà tra le nazioni, al fine di creare un mondo giusto e pacifico. Tuttavia ogni giorno ci giungono notizie preoccupanti di un aumento delle attività di guerra e degli atti di terrorismo, dell’indicibile sofferenza umana, e di perdite irreparabili. I bambini, gli adolescenti, le donne e gli anziani in diversi angoli del mondo, di diverse nazionalità, religioni e confessioni, diventano le vittime di armi mortali e di violenza brutale, o scelgono la via di diventare rifugiati».

Nel suo discorso, il Catholicos ripercorre tutti i problemi attuali che sono al cuore del popolo armeno. A partire dalla situazione di conflitto in Nagorno-Karabakh. «Anche oggi la nostra nazione vive nella difficile situazione di una guerra non dichiarata e deve proteggere la pace entro i confini del nostro paese, a caro prezzo, insieme al diritto del popolo del Nagorno-Karabakh di vivere liberamente nella sua culla materna. In risposta alle aspirazioni di pace del nostro popolo – ha aggiunto il Catholicos – l’Azerbaigian ha violato il cessate il fuoco e ha iniziato le operazioni militari ai confini della Repubblica di Nagorno-Karabakh nel mese di aprile. Villaggi armeni sono stati bombardati e distrutti, soldati che proteggevano la pace, così come i bambini in età scolare sono stati uccisi e feriti, civili pacifici e disarmati sono stati torturati».

Da qui l’appello alle Chiese cristiane e ai leader religiosi perché si intraprendano «iniziative pratiche per la ricerca di pace». Poi il riferimento al genocidio e al recente riconoscimento da parte della Germania. «Nascondere e negare il male equivale a permettere ad una ferita a continuare a sanguinare senza medicarla», ha detto il Catholicos che dalla piazza di Yerevan si è poi rivolto alla Turchia: «dimostri sufficiente coraggio per affrontare la propria storia, porre fine all’embargo illegale dell’Armenia e smetta di dare sostegno alle provocazioni militariste dell’Azerbaigian che hanno come bersaglio il diritto del popolo a vivere nella libertà e nella pace. La pace non può essere realizzata senza giustizia e le vite umane non possono diventare oggetto di speculazioni ed essere trascurate».