Vita Chiesa

Papa in Bulgaria: Messa, «Gesù ribalta ogni pronostico, sorprende e rompe le chiusure paralizzanti»

Gesù «non si stanca di chiamare», ribalta «ogni pronostico e sa ricominciare». Lo ha spiegato il Papa, nell’omelia della Messa a Sofia, in cui ha fatto notare che «proprio lì, nel fallimento di Pietro, arriva Gesù, ricomincia da capo e con pazienza esce ad incontrarlo e gli dice ‘Simone’: era il nome della prima chiamata». «In Gesù, Dio cerca di dare sempre una possibilità», ha commentato Francesco: «Fa così anche con noi: ci chiama ogni giorno a rivivere la nostra storia d’amore con Lui, a rifondarci nella novità che è lui. Tutte le mattine, ci cerca lì dove siamo e ci invita ad alzarci, a risorgere sulla sua Parola, a guardare in alto e credere che siamo fatti per il Cielo, non per la terra; per le altezze della vita, non per le bassezze della morte, e ci invita a non cercare tra i morti Colui che è vivo. Quando lo accogliamo, saliamo più in alto, abbracciamo il nostro futuro più bello non come una possibilità ma come una realtà». «Quando è la chiamata di Gesù a orientare la vita, il cuore ringiovanisce», ha garantito il Papa: «Dio sorprende. È il Signore delle sorprese che invita non solo a sorprendersi, ma a realizzare cose sorprendenti. Il Signore chiama e, incontrando i discepoli con le reti vuote, propone loro qualcosa di insolito: pescare di giorno, cosa piuttosto strana su quel lago. Ridà loro fiducia mettendoli in movimento e spingendoli di nuovo a rischiare, a non dare nulla e specialmente nessuno per perso». «È il Signore della sorpresa che rompe le chiusure paralizzanti restituendo l’audacia capace di superare il sospetto, la sfiducia e il timore che si nasconde dietro il ‘si è sempre fatto così’», ha proseguito Francesco: «Dio sorprende quando chiama e invita a gettare non solo le reti, ma noi stessi al largo nella storia e a guardare la vita, a guardare gli altri e anche noi stessi con i suoi stessi occhi che nel peccato, vede figli da rialzare; nella morte, fratelli da risuscitare; nella desolazione, cuori da consolare. Non temere, dunque: il Signore ama questa tua vita, anche quando hai paura di guardarla e prenderla in mano».

«Dio chiama, Dio sorprende perché Dio ama. L’amore è il suo linguaggio». Ne è convinto il Papa, che nella Messa a Sofia, ultimo appuntamento pubblico della sua prima giornata del viaggio apostolico in Bulgaria e Macedonia, ha invitato ciascuno delle migliaia di fedeli che affollano piazza Kniaz Alexandar I a «sintonizzarsi sulla stessa lingua: ‘Mi ami?’». «Pietro accoglie l’invito e, dopo tanto tempo passato con Gesù, capisce che amare vuol dire smettere di stare al centro», ha commentato Francesco: «Adesso non parte più da sé, ma da Gesù: ‘Tu conosci tutto’, risponde. Si riconosce fragile, capisce che non può andare avanti solo con le sue forze. E si fonda sul Signore, sulla forza del suo amore, fino alla fine». «Questa è la nostra forza che ogni giorno siamo invitati a rinnovare: il Signore ci ama», l’annuncio del Papa: «Essere cristiano è una chiamata ad avere fiducia che l’Amore di Dio è più grande di ogni limite o peccato». «Uno dei grandi dolori e ostacoli che sperimentiamo oggi non nasce tanto nel comprendere che Dio sia amore, ma nel fatto che siamo arrivati ad annunciarlo e testimoniarlo in modo tale che per molti questo non è il suo nome», la tesi di Francesco: «Dio è amore che ama, si dona, chiama e sorprende. Ecco il miracolo di Dio, che fa delle nostre vite opere d’arte se ci lasciamo guidare dal suo amore. Tanti testimoni della Pasqua in questa terra benedetta hanno realizzato capolavori magnifici, ispirati da una fede semplice e da un amore grande. Offrendo la vita, sono stati segni viventi del Signore, sapendo superare con coraggio l’apatia e offrendo una risposta cristiana alle preoccupazioni che si presentavano loro».

«Oggi siamo invitati a guardare e scoprire quello che il Signore ha fatto nel passato per lanciarci con Lui verso il futuro, sapendo che, nel successo e negli errori, tornerà sempre a chiamarci per invitarci a gettare le reti», l’invito finale: «Quello che ho detto ai giovani nell’Esortazione che recentemente ho scritto, desidero dirlo anche a voi. Una Chiesa giovane, una persona giovane, non per l’età ma per la forza dello Spirito, ci invita a testimoniare l’amore di Cristo, un amore che incalza e ci porta ad essere pronti a lottare per il bene comune, servitori dei poveri, protagonisti della rivoluzione della carità e del servizio, capaci di resistere alle patologie dell’individualismo consumista e superficiale. Innamorati di Cristo, testimoni vivi del Vangelo in ogni angolo di questa città. Non abbiate paura di essere i santi di cui questa terra ha bisogno, una santità che non vi toglierà forza, vita o gioia; anzi, proprio al contrario, perché giungerete voi e i figli di questa terra ad essere quello che il Padre sognò quando vi creò. Chiamati, sorpresi e inviati per amore!».

Il saluto di mons. Christo Proykov. «La Bulgaria è un bello e piccolo angolo della terra e noi, come Chiesa Cattolica qui presente, siamo riconoscenti per l’attenzione e l’onore che sta riservando al popolo bulgaro e siamo lieti di accoglierla quale vescovo di Roma e pastore della Chiesa Universale e quale caro e gradito ospite della Bulgaria». È il saluto di mons. Christo Proykov, esarca apostolico di Sofia per i cattolici di rito bizantino-slavo residenti in Bulgaria e presidente della Conferenza Episcopale della Bulgaria. «Sulla nostra terra le radici cristiane sono antiche, ma Dio ha anche voluto che da qui sono passate e si sono fermate molte persone di cultura e di religioni diverse», ha fatto notare mons. Proykov, ricordando che «Sofia significa sapienza», e che «la ‘sapientia cordis’ è radicata non solo in Sofia, capitale della Bulgaria, ma nel cuore di tutti i bulgari e si traduce in convivenza tra culture e religioni diverse. Poi il presidente della Conferenza episcopale bulgara ha offerto al Santo Padre, «a nome della Chiesa Cattolica in Bulgaria, una copia dell’icona della Santa Madre di Dio, proveniente da Nesebar, che mons. Roncalli ha sempre portato e tenuto con sé». «Il santo Papa Roncalli, prima di lasciare la Bulgaria, ha sostituito il nome della sua sede episcopale titolare con quello della città bulgara di Nesebar, e ha tenuto tale titolo fino alla sua nomina come patriarca di Venezia», ha sottolineato l’esarca, assicurando che in attesa dl viaggio, annunciato sotto il motto «Pacem in terris», «noi i cattolici in Bulgaria abbiamo pregato quotidianamente per lei e per la pace nel mondo della quale tutti abbiamo bisogno con la preghiera che terminava: Dio della pace, dacci pace nelle anime per mostrare con la nostra vita che la pace sulla terra è possibile. Benvenuto, Santo Padre, nella nostra Patria!».