Vita Chiesa

Papa in Georgia al Patriarca Ilia II: «Vengo come pellegrino e amico»

All’inizio del suo secondo discorso a Tbilisi, Francesco ha ricordato la «prima storica visita in Vaticano di un Patriarca georgiano», con il quale il Catholicos «inaugurò una pagina nuova nelle relazioni tra la Chiesa ortodossa di Georgia e la Chiesa cattolica», scambiando con il vescovo di Roma «il bacio della pace e la promessa di pregare l’uno per l’altro». «Così si sono potuti rinforzare i significativi legami, presenti tra noi fin dai primi secoli del cristianesimo», ha proseguito il Papa, definendo i rapporti reciproci «rispettosi e cordiali». Poi il ricordo della visita di Giovanni Paolo II in Georgia, alle soglie del Giubileo del 2000, e l’attuale incontro, «di fronte a un mondo assetato di misericordia, di unità e di pace». Un incontro, quello con Ilia II, che «ci chiede che quei vincoli tra noi ricevano nuovo slancio, rinnovato fervore, di cui il bacio della pace e il nostro abbraccio fraterno sono già un segno eloquente», le parole di Francesco sulla «fraternità apostolica». Come Pietro e Andrea, che «erano fratelli» e sono stati chiamati da Gesù «a lasciare le reti e a diventare, insieme, pescatori di uomini». «Carissimo fratello, lasciamoci guardare nuovamente dal Signore Gesù, lasciamoci attirare ancora dal suo invito a lasciare ciò che ci trattiene dall’essere insieme annunciatori della sua presenza», l’invito del Papa.

«Le difficoltà non siano impedimenti, ma stimoli a conoscerci meglio, a condividere la linfa vitale della fede, a intensificare la preghiera gli uni per gli altri e a collaborare con carità apostolica nella testimonianza comune, a gloria di Dio nei cieli e a servizio della pace in terra». È l’augurio espresso dal Papa nell’incontro, a Tbilisi, con il patriarca Ilia II. «La moltitudine di santi che questo Paese annovera», ha detto il Papa citando «la gloriosa storia del Vangelo» in Georgia, e «in modo speciale Santa Nino, che viene equiparata agli apostoli», «ci incoraggi a mettere il Vangelo prima di tutto e ad evangelizzare come in passato, più che in passato, liberi dai lacci delle precomprensioni e aperti alla perenne novità di Dio». Il popolo georgiano, ha ricordato il Papa, «ha trovato la forza di rialzarsi dopo innumerevoli prove», e «si è elevato fino alle vette di una straordinaria bellezza artistica». «Nell’amore trova ragion d’essere l’immortale bellezza del vostro patrimonio culturale, che si esprime in molteplici forme, quali ad esempio la musica, la pittura, l’architettura e la danza», il tributo del Papa, che rivolgendosi ancora una volta al Catholicos, chiamandolo «carissimo fratello», ha lodato i «pregiati inni sacri, alcuni pure in lingua latina e particolarmente cari alla tradizione cattolica», da lui composti: «Arricchiscono il vostro tesoro di fede e cultura, dono unico alla cristianità e all’umanità, che merita di essere conosciuto e apprezzato da tutti».

«Con la pace e il perdono siamo chiamati a vincere i nostri veri nemici, che non sono di carne e di sangue, ma sono gli spiriti del male fuori e dentro di noi». È il compito comune a cattolici e ortodossi, così come è stato formulato dal Papa al termine del suo incontro a Tbilisi con Ilia II. «Questa terra benedetta è ricca di valorosi eroi secondo il Vangelo, che come san Giorgio hanno saputo sconfiggere il male», l’omaggio alla Georgia: «Penso ai tanti monaci e, in modo particolare, ai numerosi martiri, la cui vita ha trionfato con la fede e la pazienza: è passata nel torchio del dolore restando unita al Signore e ha così portato un frutto pasquale, irrigando il suolo georgiano di sangue versato per amore». «La loro intercessione dia sollievo ai tanti cristiani che ancor oggi nel mondo soffrono persecuzioni e oltraggi, e rafforzi in noi il buon desiderio di essere fraternamente uniti per annunciare il Vangelo della pace», la consegna di Francesco, che subito prima aveva dichiarato: «Desidero essere amico sincero di questa terra e di questa cara popolazione, che non dimentica il bene ricevuto e il cui tratto ospitale si sposa con uno stile di vita genuinamente speranzoso, pur in mezzo a difficoltà che non mancano mai. Anche questa positività trova le proprie radici nella fede, che porta i Georgiani a invocare, attorno alla propria tavola, la pace per tutti e a ricordare persino i nemici».

(testo integrale)