Vita Chiesa

Papa in Iraq: ai vescovi, “guerra, odio, violenza e spargimenti di sangue incompatibili con gli insegnamenti religiosi”

“Siamo riuniti in questa cattedrale di Nostra Signora della Salvezza, benedetti dal sangue dei nostri fratelli e sorelle che qui hanno pagato il prezzo estremo della loro fedeltà al Signore e alla sua Chiesa. Possa il ricordo del loro sacrificio ispirarci a rinnovare la nostra fiducia nella forza della Croce e del suo messaggio salvifico di perdono, riconciliazione e rinascita”. Appena entrato nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad, dove sono presenti un centinaio di persone, il Papa ha cominciato il suo secondo discorso in terra irachena – rivolto ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, ai seminaristi e ai catechisti – facendo memoria del sanguinoso attentato terroristico del 31 ottobre 2010, che proprio in questo luogo ha provocato la morte di 48 persone, tra cui due sacerdoti, delle quali è in corso la causa di beatificazione. “I bisogni del popolo di Dio e le ardue sfide pastorali che affrontate quotidianamente si sono aggravate in questo tempo di pandemia”, ha sottolineato il Santo Padre: “Tuttavia, ciò che mai dev’essere bloccato o ridotto è il nostro zelo apostolico, che voi attingete da radici antichissime, dalla presenza ininterrotta della Chiesa in queste terre fin dai primi tempi”. “Sappiamo quanto sia facile essere contagiati dal virus dello scoraggiamento che a volte sembra diffondersi intorno a noi”, l’analisi del Papa: “Eppure il Signore ci ha dato un vaccino efficace contro questo brutto virus: è la speranza che nasce dalla preghiera perseverante e dalla fedeltà quotidiana al nostro apostolato. Con questo vaccino possiamo andare avanti con energia sempre nuova, per condividere la gioia del Vangelo, come discepoli missionari e segni viventi della presenza del Regno di Dio, Regno di santità, di giustizia e di pace”. “Quanto ha bisogno il mondo intorno a noi di ascoltare questo messaggio!”, ha esclamato Francesco: “Non dimentichiamo mai che Cristo è annunciato soprattutto dalla testimonianza di vite trasformate dalla gioia del Vangelo. Come vediamo dall’antica storia della Chiesa in queste terre, una fede viva in Gesù è contagiosa, può cambiare il mondo”, come dimostra l’esempio dei santi.

“Vi incoraggio a perseverare, al fine di garantire che la comunità cattolica in Iraq, sebbene piccola come un granello di senape, continui ad arricchire il cammino del Paese nel suo insieme”. È l’incoraggiamento del Papa al piccolo gregge di cattolici – circa 300mila persone – che abitano la terra di Abramo. “Le difficoltà fanno parte dell’esperienza quotidiana dei fedeli iracheni”, ha fatto notare il Papa: “Negli ultimi decenni, voi e i vostri concittadini avete dovuto affrontare gli effetti della guerra e delle persecuzioni, la fragilità delle infrastrutture di base e la continua lotta per la sicurezza economica e personale, che spesso ha portato a sfollamenti interni e alla migrazione di molti, anche tra i cristiani, in altre parti del mondo”. “Vi ringrazio, fratelli vescovi e sacerdoti, di essere rimasti vicini al vostro popolo, sostenendolo, sforzandovi di soddisfare i bisogni della gente e aiutando ciascuno a fare la sua parte al servizio del bene comune”, l’omaggio di Francesco: “L’apostolato educativo e quello caritativo delle vostre Chiese particolari rappresentano una preziosa risorsa per la vita sia della comunità ecclesiale sia dell’intera società”.

“Siate particolarmente vicini ai vostri sacerdoti. Che non vi vedano come amministratori o manager, ma come padri, preoccupati perché i figli stiano bene, pronti a offrire loro sostegno e incoraggiamento con cuore aperto”. È la raccomandazione rivolta al Papa ai vescovi iracheni, durante l’incontro nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad, nel quale Francesco ha ancora una volta tratteggiato il ministero episcopale in termini di “vicinanza”: “Il nostro bisogno di rimanere con Dio nella preghiera, accanto ai fedeli affidati alle nostre cure e ai nostri sacerdoti”. “Accompagnateli con la vostra preghiera, col vostro tempo, con la vostra pazienza, apprezzando il loro lavoro e guidando la loro crescita”, l’invito del Papa. “Sappiamo che il nostro servizio comporta anche una componente amministrativa, ma questo non significa che dobbiamo passare tutto il nostro tempo in riunioni o dietro una scrivania”, il monito: “È importante uscire in mezzo al nostro gregge e offrire la nostra presenza e il nostro accompagnamento ai fedeli nelle città e nei villaggi. Penso a quanti rischiano di restare indietro: ai giovani, agli anziani, ai malati e ai poveri”. “Non dimenticatevi delle vostre mamme e delle vostre nonne, che vi hanno ‘allattato’ nella fede, come direbbe San Paolo”, l’ultima raccomandazione: “Siate pastori, servitori del popolo e non funzionari di stato. Sempre nel popolo di Dio, mai staccati come se foste una classe privilegiata. Non rinnegate questa stirpe nobile che è il santo popolo di Dio”.

“La loro morte ci ricorda con forza che l’incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi”. Il Papa ha concluso il suo secondo discorso in Iraq, alla cattedrale siro-cattolica di Baghdad, ricordando, come aveva fatto all’inizio, i “nostri fratelli e sorelle morti nell’attentato terroristico in questa cattedrale dieci anni fa e la cui causa di beatificazione è in corso”, insieme a “tutte le vittime di violenze e persecuzioni, appartenenti a qualsiasi comunità religiosa”. “Domani, a Ur, incontrerò i Leader delle tradizioni religiose presenti in questo Paese, per proclamare ancora una volta la nostra convinzione che la religione deve servire la causa della pace e dell’unità tra tutti i figli di Dio”, ha rivelato Francesco, ringraziando i vescovi, il clero e i catechisti “per il vostro impegno di essere operatori di pace, all’interno delle vostre comunità e con i credenti di altre tradizioni religiose, spargendo semi di riconciliazione e di convivenza fraterna che possono portare a una rinascita di speranza per tutti”. “Penso in particolare ai giovani”, ha proseguito il Papa: “Ovunque sono portatori di promessa e di speranza, e soprattutto in questo Paese. Qui infatti non c’è solo un inestimabile patrimonio archeologico, ma una ricchezza incalcolabile per l’avvenire: sono i giovani! Sono il vostro tesoro e occorre prendersene cura, alimentandone i sogni, accompagnandone il cammino, accrescendone la speranza. Benché giovani, infatti, la loro pazienza è già stata messa duramente alla prova dai conflitti di questi anni. Ma ricordiamoci, loro – insieme agli anziani – sono la punta di diamante del Paese, i frutti più saporiti dell’albero: sta a noi coltivarli nel bene e irrigarli di speranza”. “La vostra testimonianza, maturata nelle avversità e rafforzata dal sangue dei martiri, sia una luce che risplende in Iraq e oltre”, l’auspicio finale per questa “terra così strettamente legata alla storia della salvezza”.