Vita Chiesa

Papa in Iraq: incontro autorità, visita “a lungo attesa e desiderata”. “Dio ci conceda di camminare insieme”

Subito dopo, il saluto affettuoso alla comunità cattolica: “Vengo come pellegrino per incoraggiarli nella loro testimonianza di fede, speranza e carità in mezzo alla società irachena”. “Saluto anche i membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, gli aderenti all’Islam e i rappresentanti di altre tradizioni religiose”, ha proseguito il Papa: “Dio ci conceda di camminare insieme, come fratelli e sorelle – l’auspicio coerente con il motto del suo 33° viaggio apostolico – nella forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace, della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune”.

“Il nome di Dio non può essere usato per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”. A ribadirlo, sulla scorta del documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana, è stato il Papa, che dal palazzo presidenziale di Baghdad ha ricordato che “la religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza”. “Al contrario Dio, che ha creato gli esseri umani uguali nella dignità e nei diritti, ci chiama a diffondere amore, benevolenza, concordia”, ha puntualizzato Francesco. “Anche in Iraq – ha assicurato – la Chiesa Cattolica desidera essere amica di tutti e, attraverso il dialogo, collaborare in modo costruttivo con le altre religioni, per la causa della pace. “. “L’antichissima presenza dei cristiani in questa terra e il loro contributo alla vita del Paese costituiscono una ricca eredità, che vuole poter continuare al servizio di tutti!”, ha garantito il Papa: “La loro partecipazione alla vita pubblica, da cittadini che godano pienamente di diritti, libertà e responsabilità, testimonierà che un sano pluralismo religioso, etnico e culturale può contribuire alla prosperità e all’armonia del Paese”.

“Auspico che le nazioni non ritirino dal popolo iracheno la mano tesa dell’amicizia e dell’impegno costruttivo, ma continuino a operare in spirito di comune responsabilità con le autorità locali, senza imporre interessi politici o ideologici”.  È l’augurio del Papa, che nel suo primo discorso in Iraq, pronunciato dal palazzo presidenziale di Baghdad, ha fatto notare che “anche la comunità internazionale ha un ruolo decisivo da svolgere nella promozione della pace in questa terra e in tutto il Medio Oriente”. “Come abbiamo visto durante il lungo conflitto nella vicina Siria – dal cui inizio si compiono in questi giorni ben dieci anni! –, le sfide interpellano sempre più l’intera famiglia umana”, ha osservato Francesco: “Esse richiedono una cooperazione su scala globale al fine di affrontare anche le disuguaglianze economiche e le tensioni regionali che mettono a rischio la stabilità di queste terre”. Poi un ringraziamento agli Stati e alle organizzazioni internazionali “che si stanno adoperando in Iraq per la ricostruzione e per provvedere assistenza ai rifugiati, agli sfollati interni e a chi fatica a ritornare nelle proprie case, rendendo disponibili nel Paese cibo, acqua, alloggi, servizi sanitari e igienici, come pure programmi volti alla riconciliazione e alla costruzione della pace”. In particolare, il Papa ha ricordato “le tante agenzie, tra cui diverse cattoliche, che da anni assistono con grande impegno le popolazioni civili”: “Venire incontro ai bisogni essenziali di tanti fratelli e sorelle è atto di carità e di giustizia, e contribuisce a una pace duratura”.

“Il nome di Dio non può essere usato per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”. A ribadirlo, sulla scorta del documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana, è stato il Papa, che dal palazzo presidenziale di Baghdad ha ricordato che “la religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza”. “Al contrario Dio, che ha creato gli esseri umani uguali nella dignità e nei diritti, ci chiama a diffondere amore, benevolenza, concordia”, ha puntualizzato Francesco. “Anche in Iraq – ha assicurato – la Chiesa Cattolica desidera essere amica di tutti e, attraverso il dialogo, collaborare in modo costruttivo con le altre religioni, per la causa della pace. “. “L’antichissima presenza dei cristiani in questa terra e il loro contributo alla vita del Paese costituiscono una ricca eredità, che vuole poter continuare al servizio di tutti!”, ha garantito il Papa: “La loro partecipazione alla vita pubblica, da cittadini che godano pienamente di diritti, libertà e responsabilità, testimonierà che un sano pluralismo religioso, etnico e culturale può contribuire alla prosperità e all’armonia del Paese”.

“Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque!”. È l’appello del Papa, che dal palazzo presidenziale di Bagdhad ha chiesto che “cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace! Ai piccoli, ai poveri, alla gente semplice, che vuole vivere, lavorare, pregare in pace”. “Basta violenze, estremismi, fazioni, intolleranze!”, ha esclamato Francesco: “Si dia spazio a tutti i cittadini che vogliono costruire insieme questo Paese, nel dialogo, nel confronto franco e sincero, costruttivo; a chi si impegna per la riconciliazione e, per il bene comune, è disposto a mettere da parte i propri interessi”. “In questi anni l’Iraq ha cercato di mettere le basi per una società democratica”, l’omaggio del Papa, secondo il quale “è indispensabile in tal senso assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini. Nessuno sia considerato cittadino di seconda classe. Incoraggio i passi compiuti finora in questo percorso e spero che rafforzino la serenità e la concordia”.

Tra i tanti che hanno sofferto, non posso non ricordare gli yazidi, vittime innocenti di insensata e disumana barbarie, perseguitati e uccisi a motivo della loro appartenenza religiosa, e la cui stessa identità e sopravvivenza è stata messa a rischio”. È il primo riferimento del Papa alla storia travagliata dell’Iraq, popolo martire con una Chiesa martire. “Solo se riusciamo a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana, possiamo avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo migliore, più giusto e più umano”, la ricetta di Francesco, nel suo primo discorso in terra irachena: “la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, è una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare”. “Oggi l’Iraq è chiamato a mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile”, la consegna di Francesco, secondo il quale “la coesistenza fraterna ha bisogno del dialogo paziente e sincero, tutelato dalla giustizia e dal rispetto del diritto”. “Non è un compito facile”, ha ammesso il Papa: “richiede fatica e impegno da parte di tutti per superare rivalità e contrapposizioni, e parlarsi a partire dall’identità più profonda che abbiamo, quella di figli dell’unico Dio e Creatore”. “In base a questo principio la Santa Sede, in Iraq come altrove, non si stanca di appellarsi alle Autorità competenti perché concedano a tutte le comunità religiose riconoscimento, rispetto, diritti e protezione”, ha ricordato Francesco, apprezzando “gli sforzi già intrapresi in questo senso” e unendo la sua voce “a quella degli uomini e delle donne di buona volontà affinché essi proseguano a beneficio del Paese”.

Per vincere la sfida della pandemia, non basta “un’equa distribuzione dei vaccini per tutti”: occorre “ripensare i nostri stili di vita, il senso della nostra esistenza” per  ”costruire il futuro più su quanto ci unisce che su quanto ci divide”. Ne è convinto il Papa, che nel suo primo discorso in Iraq, rivolto alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico, ha fatto subito riferimento all’emergenza sanitaria in corso.  “La mia visita avviene nel tempo in cui il mondo intero sta cercando di uscire dalla crisi della pandemia da Covid-19, che non ha solo colpito la salute di tante persone, ma ha anche provocato il deterioramento di condizioni sociali ed economiche già segnate da fragilità e instabilità”, ha detto Francesco: “Questa crisi richiede sforzi comuni da parte di ciascuno per fare i tanti passi necessari, tra cui un’equa distribuzione dei vaccini per tutti. Ma non basta: questa crisi è soprattutto un appello a «ripensare i nostri stili di vita, il senso della nostra esistenza. Si tratta di uscire da questo tempo di prova migliori di come eravamo prima; di costruire il futuro più su quanto ci unisce che su quanto ci divide”. Poi il riferimento a quello che già nel suo videomessaggio alla vigilia del viaggio aveva definito un popolo martire: “Negli scorsi decenni, l’Iraq ha patito i disastri delle guerre, il flagello del terrorismo e conflitti settari spesso basati su un fondamentalismo che non può accettare la pacifica coesistenza di vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse. Tutto ciò ha portato morte, distruzione, macerie tuttora visibili, e non solo a livello materiale: i danni sono ancora più profondi se si pensa alle ferite dei cuori di tante persone e comunità, che avranno bisogno di anni per guarire”.