Vita Chiesa

Papa in Iraq: “la migrazione è un diritto doppio, gli iracheni non hanno nessuno dei due”

“La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare”. A ribadirlo è stato il Papa, nella conferenza stampa sul volo di ritorno da Roma a Baghad. “Questa gente – il riferimento agli iracheni – non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare, non sanno come farlo. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano”. “L’altra volta – ha raccontato Francesco – mi diceva un sociologo italiano parlando dell’inverno demografico in Italia: entro quarant’anni dovremo ‘importare’ stranieri perché lavorino e paghino le tasse delle nostre pensioni”. “Ma la migrazione la si vive come un’invasione”, la denuncia del Papa: “Ieri ho voluto ricevere dopo la messa, perché lui lo ha chiesto, il papà di Alan Kurdi, questo bambino, che è un simbolo: per questo io ho regalato la scultura alla Fao. È un simbolo che va oltre un bambino morto nella migrazione, un simbolo di civiltà che muoiono, che non possono sopravvivere, un simbolo di umanità. Servono urgenti misure perché la gente abbia lavoro nei propri Paesi e non debba migrare. E poi misure per custodire il diritto di migrazione. È vero che ogni Paese deve studiare bene la capacità di ricevere, perché non è soltanto la capacità di ricevere e lasciarli sulla spiaggia. È riceverli, accompagnarli, farli progredire e integrarli. L’integrazione dei migranti è la chiave”. A questo proposito, Francesco ha ringraziato “i Paesi generosi che ricevono i migranti: il Libano che ha, credo, due milioni di siriani; la Giordania è generosissima: più di un milione e mezzo di migranti. Grazie a questi Paesi generosi! Grazie tante!”.

“Io credo che è stato un messaggio universale, io sentivo il dovere di questo pellegrinaggio di fede e di penitenza di andare a trovare un grande, un saggio, un uomo di Dio”. Così il Papa ha commentato lo storico incontro con il Grande Ayatollah Al-Sistani. “È un messaggio per tutti”, ha proseguito Francesco: “Lui è stato molto rispettoso nell’incontro, io mi sono sentito onorato perché lui anche nel saluto, mai si alza, si è alzato per salutarmi per due volte. È un uomo umile e saggio, a me ha fatto bene all’anima questo incontro. È una luce. Questi saggi sono dappertutto perché la saggezza di Dio è stata sparsa in tutto il mondo”. “Anche succede lo stesso con i santi che non sono solo coloro che sono negli altari, ma santi tutti i giorni, quelli che io chiamo della porta accanto”, ha fatto notare il Papa: “Santi uomini e donne che vivono la loro fede, qualsiasi essa sia, con coerenza, che vivono i valori umani con coerenza, la fratellanza con coerenza. Credo che dovremmo scoprire questa gente, evidenziarla. Perché ci sono tanti esempi e ci sono scandali, anche nella Chiesa, tanti…. questo non aiuta, ma facciamo vedere alla gente che cerca la strada della fratellanza i santi della porta accanto. Troveremo gente della nostra famiglia sicuramente”.

Spiegando poi la genesi del viaggio in Iraq, Francesco ha detto che “per prendere una decisione sui viaggi ascolto. Ascolto i consiglieri e alla fine prego, rifletto tanto, in alcuni viaggi io rifletto tanto. Poi la decisione viene da dentro, di pancia, quasi spontanea ma come frutto maturo. È un percorso lungo. Alcuni sono più difficili o più facili”. “La decisione su questo viaggio viene prima dalla ambasciatrice, il medico pediatra che è ambasciatrice dell’Iraq, brava, brava, ha insistito”, ha rivelato Francesco: “Poi è venuta l’ambasciatrice in Italia, lei è una donna di lotta. Poi è venuto il nuovo ambasciatore in Vaticano. Prima era venuto il presidente. Tutte queste cose sono rimaste dentro”. Il Papa, inoltre, ha dichiarato di essere stato colpito da un libro sulla storia degli yazidi, scritto da Nadia Mourad: “Racconta cose terrificanti. Io vi consiglio di leggerla, in alcuni punti potrà sembrare pesante ma per me questo è il motivo di fondo della mia decisione. Quel libro lavorava dentro. Anche quando ho ascoltato Nadia che è venuta a raccontarmi delle cose terribili… Queste cose insieme hanno fatto la decisione, pensando tutte le problematiche, tante. Ma alla fine è venuta la decisione e l’ho presa”.  “I viaggi si cucinano nel tempo nella mia coscienza”, ha sintetizzato Francesco: “Ho pensato tanto, ho pregato tanto su questo e alla fine ho preso la decisione liberamente, ma che veramente veniva da dentro. Ho preso la decisione così, ma dopo la preghiera, e dopo la consapevolezza dei rischi. Dopo tutto”. Quanto a possibili viaggi futuri, il Santo Padre ha risposto: “Non so se i viaggi si realizzeranno o no, solo vi confesso che in questo viaggio mi sono stancato molto di più che negli altri. Gli 84 anni non vengono soli, è una conseguenza ma vedremo. Adesso dovrò andare in Ungheria alla Messa finale del Congresso eucaristico internazionale: non una visita al Paese, alla messa. Ma Budapest è due ore di macchina da Bratislava, perché non fare una visita in Slovacchia? È così che vengono le cose”. 

Per il futuro potrebbe esserci l’ipotesi del Medio Oriente “e anche la promessa è il Libano. Non ho pensato a un viaggio in Siria, perché non mi è venuta l’ispirazione. Ma sono tanto vicino alla martoriata e amata Siria”. “Io ricordo all’inizio del pontificato quel pomeriggio di preghiera in piazza San Pietro, c’era il rosario, l’adorazione del Santissimo”, ha detto: “Ma quanti musulmani, quanti musulmani, col tappeto, pregavano con noi per la pace in Siria, per fermare i bombardamenti in quel momento che si diceva che sarebbe stato un bombardamento feroce. Io la porto nel cuore la Siria, ma pensare un viaggio non mi è venuto in questo momento”. “Io mi sento diverso quando sono lontano dalla gente nelle udienze, io vorrei ricominciare le udienze generali”, ha confessato il Santo Padre. “Speriamo  che ci siano le condizioni”, ha aggiunto: “In questo io seguo le norme delle autorità”. “Adesso ho cominciato in piazza l’Angelus, con le distanze si può fare”, ha ricordato Francesco: “C’è una proposta piccole udienze generali ma non ho deciso finché non si veda chiaro lo sviluppo della situazione, ma dopo questi mesi di prigione, perché davvero mi sentivo un po’ imprigionato, questo per me è rivivere, rivivere perché è toccare la Chiesa, il santi popolo di Dio, tutti i popoli. Perché un prete si fa prete per servire al santo popolo di Dio, al servizio del santo popolo di Dio, non per carrierismo, soldi…”.