Vita Chiesa

Papa in Kenya: al quartiere Kangemi, «Ogni essere umano è più importante del dio denaro»

Tra i presenti, anche rappresentanti di alcune baraccopoli argentine. I poveri «hanno un posto speciale nella mia vita e nelle mie scelte», ha premesso Francesco iniziando la sua terza giornata in Kenya e prendendo la parola dopo la testimonianza di una rappresentante della baraccopoli, Pamela, che ha chiesto al Papa di intervenire perché i servizi in questi «insediamenti informali» possano migliorare, e di una suora, Mary. Il Papa ha voluto fare riferimento «alla saggezza dei quartieri popolari. Una saggezza che – ha spiegato citando la Laudato si’ – scaturisce da ‘un’ostinata resistenza di ciò che è autentico’, da valori evangelici che la società del benessere, intorpidita dal consumo sfrenato, sembrerebbe aver dimenticato». «La cultura dei quartieri popolari impregnati di questa particolare saggezza – ha sottolineato – ‘ha caratteristiche molto positive, che sono un contributo al tempo in cui viviamo, si esprime in valori come la solidarietà, dare la propria vita per l’altro, preferire la nascita alla morte; dare una sepoltura cristiana ai propri morti. Offrire un posto per i malati nella propria casa, condividere il pane con l’affamato’». Valori che «si fondano sul fatto che ogni essere umano è più importante del dio denaro», che «non si quotano in Borsa, valori con i quali non si specula né hanno prezzo di mercato».

«Il cammino di Gesù è iniziato in periferia, va dai poveri e con i poveri verso tutti», ha sottolineato il Papa. Soffermandosi sulla «terribile ingiustizia dell’emarginazione urbana», Francesco ha spiegato: «Sono le ferite provocate dalle minoranze che concentrano il potere, la ricchezza e sperperano egoisticamente mentre la crescente maggioranza deve rifugiarsi in periferie abbandonate, inquinate, scartate». «Questo si aggrava quando vediamo l’ingiusta distribuzione del terreno che porta in molti casi intere famiglie a pagare affitti abusivi per alloggi in condizioni edilizie per niente adeguate». E ancora, il «grave problema dell’accaparramento delle terre da parte di ‘imprenditori privati’ senza volto, che – la denuncia del Pontefice – pretendono perfino di appropriarsi del cortile della scuola dei propri figli. Questo accade perché si dimentica che ‘Dio ha dato la terra a tutto il genere umano’».

Per Papa Francesco un grave problema «è la mancanza di accesso alle infrastrutture e servizi di base», bagni, fognature, scarichi, luce, raccolta rifiuti e in particolare acqua potabile. «L’accesso all’acqua potabile e sicura – ha ammonito citando la Laudato si’ – è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani». «Questo mondo – il richiamo del Papa – ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità». Negare l’acqua ad una famiglia, «attraverso qualche pretesto burocratico, è una grande ingiustizia, soprattutto quando si lucra su questo bisogno».

Il contesto di «indifferenza e ostilità», di cui «soffrono i quartieri popolari, si aggrava quando la violenza si diffonde e le organizzazioni criminali, al servizio di interessi economici o politici, utilizzano i bambini e i giovani come ‘carne da cannone’ per i loro affari insanguinati». Non ha usato giri di parole Papa Francesco, visitando il quartiere povero di Kangemi a Nairobi. Richiamando le «sofferenze di donne che lottano eroicamente per proteggere i loro figli e figlie da questi pericoli», Francesco ha sottolineato che «la strada dell’inclusione sociale, dell’istruzione, dello sport, dell’azione comunitaria e della tutela delle famiglie» è «l’unica garanzia di una pace giusta, vera e duratura». Le realtà appena richiamate, ha precisato, «non sono una combinazione casuale di problemi isolati», ma piuttosto «una conseguenza di nuove forme di colonialismo, che pretende che i Paesi africani siano ‘pezzi di un meccanismo, parti di un ingranaggio gigantesco’», ha detto citando l’esortazione apostolica «Ecclesia in Africa» di Giovanni Paolo II. Un colonialismo che prevede anche «pressioni affinché si adottino politiche di scarto come quella della riduzione della natalità».

La proposta di «riprendere l’idea di una rispettosa integrazione urbana». A lanciarla da Nairobi è stato questa mattina il Papa, nel corso della sua visita al quartiere povero di Kangemi. «Né sradicamento, né paternalismo, né indifferenza, né semplice contenimento – ha spiegato -. Abbiamo bisogno di città integrate e per tutti. Abbiamo bisogno di andare oltre la mera declamazione di diritti che, in pratica, non sono rispettati, e attuare azioni sistematiche che migliorino l’habitat popolare e progettare nuove urbanizzazioni di qualità per ospitare le generazioni future». «Il debito sociale, il debito ambientale con i poveri delle città – ha ammonito Francesco – si paga concretizzando il sacro diritto alla terra, alla casa e al lavoro (le tre ‘t’: tierra, techo, trabajo). Non è filantropia, è un dovere di tutti». Di qui l’appello a tutti i cristiani, in particolare ai pastori, a «rinnovare lo slancio missionario, a prendere l’iniziativa contro tante ingiustizie, a coinvolgersi nei problemi dei cittadini, ad accompagnarli nelle loro lotte, a custodire i frutti del loro lavoro collettivo e a celebrare insieme ogni piccola o grande vittoria». «So che fate molto, ma vi chiedo di ricordare che non è un compito in più, ma forse il più importante». «Lavoriamo e impegniamoci insieme» per il miglioramento delle condizioni di vita di ogni famiglia, l’appello finale di Francesco. A concludere l’appassionato discorso del Papa la consueta benedizione in lingua swahili: «Mungu awabariki! (Dio vi benedica!)» e la richiesta di preghiere per sé.