Vita Chiesa

Papa in Lituania: al clero, dietro di voi «tanti martiri anonimi»

«Non dimenticatevi, abbiate memoria. Siete figli di martiri, questa è la vostra forza», l’invito di Francesco: «E lo spirito del mondo non venga a dirvi qualche altra cosa diversa da quella che hanno vissuto i vostri antenati. Ricordate i vostri martiri e prendete esempio da loro: non avevano paura». «La violenza usata su di voi per aver difeso la libertà civile e religiosa, la violenza della diffamazione, il carcere e la deportazione non hanno potuto vincere la vostra fede in Gesù Cristo, Signore della storia», ha ricordato il Papa: «Per questo, avete molto da dirci e insegnarci, e anche molto da proporre, senza dover giudicare l’apparente debolezza dei più giovani».

«E voi, più giovani, quando davanti alle piccole frustrazioni che vi scoraggiano tendete a chiudervi in voi stessi, a ricorrere a comportamenti ed evasioni che non sono coerenti con la vostra consacrazione, cercate le vostre radici e guardate la strada percorsa dagli anziani», le parole rivolte ai seminaristi e ai giovani sacerdoti: «Quando davanti alle piccole frustrazioni che vi scoraggiano tendete a chiudervi in voi stessi, a ricorrere a comportamenti ed evasioni che non sono coerenti con la vostra consacrazione, cercate le vostre radici e guardate la strada percorsa dagli anziani. È meglio che prendiate un’altra strada piuttosto che vivere nella mediocrità. Siete ancora in tempo, e la porta è aperta». A tutti i presenti, Francesco ha raccomandato il «noi», «un noi che integra, ma anche supera ed eccede l’io. Molte volte abbiamo posto così tanto l’accento sulla responsabilità personale che la dimensione comunitaria è diventata uno sfondo, solo un ornamento. Ma lo Spirito Santo ci riunisce, riconcilia le nostre differenze e genera nuovi dinamismi per dare impulso alla missione della Chiesa. Sulla barca della Chiesa ci siamo tutti».

«Noi non siamo funzionari di Dio!», ha esclamato il Papa. «Forse la società del benessere ci ha resi troppo sazi, pieni di servizi e di beni, e ci ritroviamo appesantiti di tutto e pieni di nulla; forse ci ha resi storditi o dissipati, ma non pieni», l’analisi di Francesco, che ha ammonito: «Nessuna informazione immediata, nessuna comunicazione virtuale istantanea può privarci dei tempi concreti, prolungati, per conquistare un dialogo quotidiano con il Signore attraverso la preghiera e l’adorazione». La consacrazione a Dio, per il Papa, è inoltre «un appello alla pienezza di fronte ai bisogni insoddisfatti dei nostri fratelli più poveri, davanti alla mancanza di senso della vita dei più giovani, alla solitudine degli anziani, ai soprusi contro l’ambiente»: «È un gemito che cerca di organizzarsi per incidere sugli eventi di una nazione, di una città; non come pressione o esercizio di potere, ma come servizio. Il grido del nostro popolo ci deve colpire».

«Che la nostra presenza non sia lasciata all’improvvisazione, ma risponda ai bisogni del popolo di Dio e sia quindi fermento nella massa», l’auspicio di Francesco, che ha messo in guardia anche dalla «malattia» della «tristezza spirituale»: «Quante volte troviamo sacerdoti, consacrati e consacrate, tristi. La tristezza spirituale è una malattia». «Per favore, quando voi vi troverete tristi, fermatevi», l’appello: «E cercate un prete saggio, una suora saggia. Non saggi perché siano laureati all’università, no, non per quello. Saggio o saggia perché è stato capace o è stata capace di andare avanti nell’amore. Andate a chiedere consiglio. Quando incomincia quella tristezza, possiamo profetizzare che se non è guarita in tempo farà di voi ‘zitelloni’ e ‘zitellone’, uomini e donne che non sono fecondi. E di questa tristezza abbiate paura! La semina il diavolo».

«Non confondere la vocazione con un’impresa», l’altro monito del Papa, che poi ha raccomandato: «Mai cacciare qualcuno dal confessionale! Vicinanza e misericordia. Il confessionale non è lo studio di uno psichiatra. Il confessionale non è per scavare nel cuore della gente». Non è mancato un appello alle religiose: «Per favore, siate madri! Siate madri, perché voi siete icona della Chiesa e della Madonna. E ogni persona che vi vede, possa vedere la mamma Chiesa e la mamma Maria. Non dimenticate questo. E la mamma Chiesa non è ‘zitellona’. La mamma Chiesa non chiacchiera: ama, serve, fa crescere. La vostra vicinanza è essere madre: icona della Chiesa e icona della Madonna».

 (Testo integrale del discorso del Papa)