Vita Chiesa

Papa in Macedonia: «voi giovani dovete sognare alla grande». «Un giovane che non rischia è un morto»

«Sognare non è mai troppo», e «non c’è età per sognare». Lo ha detto il Papa, durante l’incontro ecumenico e interreligioso con i giovani, nel Centro pastorale di Skopje. «Uno dei principali problemi di oggi e di tanti giovani è che hanno perso la capacità di sognare», la tesi di Francesco, che ha risposto alle domande dei giovani: «Né molto né poco, non sognano. E quando una persona non sogna, quando un giovane non sogna questo spazio viene occupato dal lamento e dalla rassegnazione, della tristezza. Questi li lasciamo a quelli che seguono la ‘dea lamentela’! È un inganno: ti fa prendere la strada sbagliata». «Quando tutto sembra fermo e stagnante, quando i problemi personali ci inquietano, i disagi sociali non trovano le dovute risposte, non è bene darsi per vinti», l’appello del Papa sulla scorta della Christus vivit: «mai e poi mai si sogna troppo».

«Dare speranza a un mondo stanco, insieme agli altri, cristiani e musulmani», il sogno richiamato da Francesco, che poi ha citato il suo «sogno» con «un amico, il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, che ci ha portato a volerci impegnare e a firmare insieme un documento che dice che la fede deve portare noi credenti a vedere negli altri dei fratelli che dobbiamo sostenere e amare senza lasciarci manipolare da interessi meschini». «Voi giovani dovete sognare alla grande», l’appello del Papa. «Il mondo è stanco, è invecchiato, il mondo è diviso e sembra vantaggioso dividerlo e dividerci ancora di più», la denuncia: «Quale maggior adrenalina che impegnarsi tutti i giorni, con dedizione, ad essere artigiani di sogni, artigiani di speranza? I sogni ci aiutano a mantenere viva la certezza di sapere che un altro mondo è possibile e che siamo chiamati a coinvolgerci in esso e a farne parte col nostro lavoro, col nostro impegno e la nostra azione».

«In questo Paese c’è una bella tradizione, quella degli artigiani scalpellini, abili nel tagliare la pietra e lavorarla», ha detto Francesco, secondo il quale «bisogna fare come quegli artisti e diventare bravi scalpellini dei propri sogni. Dobbiamo lavorare sui nostri sogni. Uno scalpellino prende la pietra nelle sue mani e lentamente comincia a darle forma e trasformarla, con applicazione e sforzo, e specialmente con una gran voglia di vedere come quella pietra, per la quale nessuno avrebbe dato nulla, diventa un’opera d’arte». »Non abbiate paura di diventare artigiani di sogni e di speranza», l’appello del Papa, che ha riproposto ai giovani la ricetta della Christus vivit: «I sogni più belli si conquistano con speranza, pazienza e impegno, rinunciando alla fretta. Nello stesso tempo, non bisogna bloccarsi per insicurezza, non bisogna avere paura di rischiare e di commettere errori. Piuttosto dobbiamo avere paura di vivere paralizzati, come morti viventi, ridotti a soggetti che non vivono perché non vogliono rischiare, e un giovane che non rischia è un morto. Non vogliono rischiare perché non portano avanti i loro impegni o hanno paura di sbagliare. Anche se sbagli, potrai sempre rialzare la testa e ricominciare, perché nessuno ha il diritto di rubarti la speranza».

«Dobbiamo avere il coraggio di essere diversi, di mostrare altri sogni che questo mondo non offre, di testimoniare la bellezza della generosità, del servizio, della purezza, della fortezza, del perdono, della fedeltà alla propria vocazione, della preghiera, della lotta per la giustizia e il bene comune, dell’amore per i poveri, dell’amicizia sociale». È l’invito del Papa, che dialogando con i giovani ha additato ancora una volta l’esempio di Madre Teresa: «Quando viveva qui non poteva immaginare come sarebbe stata la sua vita, ma non smise di sognare e di darsi da fare per cercare sempre di scoprire il volto del suo grande amore, Gesù, in tutti coloro che stavano al margine della strada. Lei ha sognato in grande e per questo ha anche amato in grande. Aveva i piedi ben piantati qui, nella sua terra, ma non stava con le mani in mano. Voleva essere ‘una matita nelle mani di Dio’. Ecco il suo sogno artigianale. L’ha offerto a Dio, ci ha creduto, ci ha sofferto, non ci ha mai rinunciato. E Dio ha cominciato a scrivere con quella matita pagine inedite e stupende». «Una ragazza del vostro popolo, una donna del vostro popolo ha scritto cose grandi: non è lei che le ha scritte, le ha scritte Dio, ma lei si è lasciata guidare da Dio», ha aggiunto a braccio. «Ciascuno di voi, come Madre Teresa, è chiamato a lavorare con le proprie mani, a prendere la vita sul serio, per fare di essa qualcosa di bello», l’esortazione di Francesco: «Non permettiamo che ci rubino i sogni, non priviamoci della novità che il Signore ci vuole regalare. Troverete molti imprevisti, molti…, ma è importante che possiate affrontarli e cercare creativamente come trasformarli in opportunità. Mai da soli: nessuno può combattere da solo».

«Nessuno può affrontare la vita in modo isolato, non si può vivere la fede, i sogni senza comunità, solo nel proprio cuore o a casa, chiusi e isolati tra quattro mura, c’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti». Ne è convinto il Papa, che ai giovani ha ribadito: «Com’è importante sognare insieme! Come fate oggi: qui, tutti uniti, senza barriere. Per favore, sognate insieme, non da soli; con gli altri, mai contro gli altri. Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; insieme si costruiscono i sogni». Poi una parentesi a braccio: «Pochi minuti fa abbiamo visto dei bambini che giocavano qui, volevano giocare e giocare insieme: e non volevano giocare davanti a uno schermo. Erano felici, contenti, perché sognavano di giocare insieme, l’uno con l’altro. A un certo punto uno ha cominciato a sognare contro l’altro e ha cercato di vincerlo, e quella gioia si è trasformata in pianto del povero che  rimasto sul pavimento. Avete visto che si può passare da sognare con l’altro a sognare contro l’altro: mai dominare l’altro, fare comunità con l’altro!».

«Negli anni che ho – e non sono pochi – sapete qual è la miglior lezione che ho visto e conosciuto in tutta la mia vita? Il faccia a faccia», ha rivelato Francesco ai giovani: «Siamo entrati nell’era delle connessioni, ma sappiamo poco di comunicazioni. Troppi contatti, ma poco comunicarsi. Molto connessi e poco coinvolti gli uni con gli altri. Perché coinvolgersi chiede la vita, esige di esserci e condividere momenti belli… e altri meno belli. Al Sinodo dedicato ai giovani lo scorso anno, abbiamo potuto vivere l’esperienza di incontrarci faccia a faccia, giovani e meno giovani, e ascoltarci, sognare insieme, guardare avanti con speranza e gratitudine». «Quello è stato il miglior antidoto contro lo scoraggiamento e la manipolazione, contro la cultura dell’effimero e dei falsi profeti che annunciano solo sventure e distruzione: ascoltare e ascoltarci», la testimonianza di Francesco: «E permettetemi di dirvi qualcosa che sento proprio nel cuore: concedetevi l’opportunità di condividere e godervi un buon ‘faccia a faccia’ con tutti, ma soprattutto con i vostri nonni, con gli anziani della vostra comunità. Qualcuno forse me lo ha già sentito dire, ma penso che è un antidoto contro tutti quelli che vogliono rinchiudervi nel presente affogandovi e soffocandovi con pressioni ed esigenze di una presunta felicità, dove sembra che il mondo finisca e bisogna fare e vivere tutto subito. Ciò genera con il tempo molta ansia, insoddisfazione e rassegnazione».