Vita Chiesa

Papa in Paraguay: missione non sia fatta di trucchi e dominio, ma di accoglienza

L’altare alto 24 metri è una struttura vegetale ricoperta da spighe e pannocchie di mais, cocco ed altri frutti che saranno donati alle diverse istituzioni che si occupano delle fasce sociali più disagiate dell’area. In cima una grande croce, ai lati le icone realizzate con dei  grani di mais e semi di zucca, di girasole e di altre piante raffiguranti San Francesco di Assisi e Sant’Ignazio di Loyola, in omaggio alle missioni francescane  e gesuite, le prime ad evangelizzare gran parte dell’attuale territorio paraguaiano

Gesù non invia i discepoli «come potenti, come proprietari, capi, carichi di leggi, norme; al contrario, indica loro che il cammino del cristiano è trasformare il cuore. Imparare a vivere in un altro modo, con un’altra legge, sotto un’altra normativa. È passare dalla logica dell’egoismo, della chiusura, dello scontro, della divisione, della superiorità, alla logica della vita, della gratuità, dell’amore», ha detto Papa Francesco nell’omelia.

«Dalla logica del dominio, dell’oppressione, della manipolazione, alla logica dell’accogliere, del ricevere, del prendersi cura. Sono due le logiche che sono in gioco, due modi di affrontare la vita, la missione», ha sottolineato il Papa. «Quante volte pensiamo la missione sulla base di progetti o programmi. Quante volte immaginiamo l’evangelizzazione intorno a migliaia di strategie, tattiche, manovre, trucchi, cercando di convertire le persone con le nostre argomentazioni. Oggi il Signore ce lo dice molto chiaramente: nella logica del Vangelo non si convince con le argomentazioni, le strategie, le tattiche, ma imparando ad ospitare».

«La Chiesa è la madre dal cuore aperto che sa accogliere, ricevere, specialmente chi ha bisogno di maggiore cura, chi è in maggiore difficoltà. La Chiesa è la casa dell’ospitalità. Quanto bene possiamo fare se ci incoraggiamo ad imparare il linguaggio dell’ospitalità, dell’accoglienza! Quante ferite, quanta disperazione si può curare in una dimora dove uno possa sentirsi accolto», ha detto Papa Francesco nell’omelia. «Per questo occorre tenere le porte aperte, soprattutto le porte del cuore. Ospitalità con l’affamato, con l’assetato, con lo straniero, con il nudo, con il malato, con il prigioniero, con il lebbroso, con il paralitico. Ospitalità con chi non la pensa come noi, con chi non ha fede o l’ha perduta, talvolta per colpa nostra. Ospitalità con il perseguitato, con il disoccupato. Ospitalità con le culture diverse, di cui questa terra è così ricca. Ospitalità con il peccatore, perché ognuno di noi lo è».

Il male della solitudine. «Tante volte ci dimentichiamo che c’è un male che precede i nostri peccati. C’è una radice che causa tanti ma tanti danni, che distrugge silenziosamente tante vite. C’è un male che, poco a poco, si fa un nido nel nostro cuore e «mangia» la nostra vitalità: la solitudine», ha detto ancora il Papa nell’omelia.

«Solitudine che può avere molte cause, molti motivi. Quanto distrugge la vita e quanto ci fa male! Ci separa dagli altri, da Dio, dalla comunità. Ci rinchiude in noi stessi. Perciò, – ha proseguito – quello che è proprio della Chiesa, di questa madre, non è principalmente gestire cose, progetti, ma imparare a vivere la fraternità con gli altri. è la fraternità accogliente la migliore testimonianza che Dio è Padre, perché ‘da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri’. In questo modo Gesù, ci apre ad una nuova logica. Un orizzonte pieno di vita, di bellezza, di verità, di pienezza. Dio non chiude mai gli orizzonti, Dio non è mai passivo di fronte alla vita e alla sofferenza dei suoi figli. Dio non si lascia mai vincere in generosità. Per questo ci manda il suo Figlio, lo dona, lo consegna, lo condivide; affinché impariamo il cammino della fraternità, del dono. È definitivamente un nuovo orizzonte, è definitivamente una nuova Parola per tante situazioni di esclusione, di disgregazione, di chiusura, di isolamento. È una Parola che rompe il silenzio della solitudine».

«Una cosa è certa – ha proseguito -: non possiamo obbligare nessuno a riceverci, ad ospitarci

La «presidenta» argentina Cristina Kirchner ha potuto salutare brevemente Papa Francesco, suo connazionale, a conclusione della messa celebrata da Bergoglio in Paraguay. Il capo di Stato argentino, il cui mandato si conclude con le elezioni presidenziali di ottobre prossimo, si era recata in Vaticano a giugno per incontrare il Papa per la quinta volta da quando l’ex arcivescovo di Buenos Aires – con il quale in passato i rapporti non erano idilliaci – è stato eletto al soglio di Pietro.