Vita Chiesa

Papa in Romania: Messa cattedrale cattolica, «uscire dalle nostre chiusure e dai nostri particolarismi»

«Donazione silenziosa, tenace e inosservata, che non teme di ‘rimboccarsi le maniche’ e caricarsi le difficoltà sulle spalle per portare avanti la vita dei propri figli e dell’intera famiglia sperando contro ogni speranza», ha proseguito Francesco, secondo il quale «è un ricordo vivo il fatto che nel vostro popolo vive e pulsa un forte senso di speranza, al di là di tutte le condizioni che possano offuscarla o cerchino di spegnerla». «Nella nostra gente c’è spazio per la speranza», ha assicurato: «Per questo Maria cammina e ci invita a camminare insieme». Il Papa ha preso spunto dal Vangelo, che narra l’episodio della Visitazione, l’incontro di «due donne che si abbracciano e riempiono tutto di felicità e di lode». «È il primo dei viaggi di Maria che la Scrittura racconta», ha fatto notare Francesco: «Il primo di molti. Andrà dalla Galilea a Betlemme, dove nascerà Gesù; fuggirà in Egitto per salvare il Bambino da Erode; si recherà ancora a Gerusalemme ogni anno per la Pasqua, fino all’ultima in cui seguirà il Figlio sul Calvario». Questi viaggi, per il Papa, hanno una caratteristica: «non sono stati mai cammini facili, hanno richiesto coraggio e pazienza. Ci dicono che la Madonna conosce le salite, conosce le nostre salite: ci è sorella nel cammino. Esperta nel faticare, sa come prenderci per mano nelle asperità, quando ci troviamo davanti ai tornanti più ripidi della vita. Come buona madre, Maria sa che l’amore si fa strada nelle piccole cose quotidiane. Amore e ingegno materno capace di trasformare una grotta di animali nella casa di Gesù, con poche povere fasce e una montagna di tenerezza».

«La giovane va incontro all’anziana cercando le radici e l’anziana rinasce e profetizza sulla giovane donandole futuro». È l’incontro tra Maria ed Elisabetta, nelle parole pronunciate dal Papa durante l’omelia. «Così, giovani e anziani si incontrano, si abbracciano e sono capaci di risvegliare ognuno il meglio dell’altro», ha detto Francesco tornando su un tema a lui caro, quello del rapporto tra le generazioni: «È il miracolo suscitato dalla cultura dell’incontro, dove nessuno è scartato né etichettato, al contrario, dove tutti sono ricercati, perché necessari, per far trasparire il Volto del Signore. Non hanno paura di camminare insieme e, quando questo succede, Dio arriva e compie prodigi nel suo popolo. Perché è lo Spirito Santo Colui che ci incoraggia a uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure e dai nostri particolarismi, per insegnarci a guardare oltre le apparenze e regalarci la possibilità di dire bene degli altri – ‘benedirli’ – specialmente di tanti nostri fratelli che sono rimasti esposti alle intemperie, privati forse non solo di un tetto o di un po’ di pane, ma dell’amicizia e del calore di una comunità che li abbracci, che li protegga e che li accolga». È la «cultura dell’incontro», ha ribadito il Papa, «che spinge noi cristiani a sperimentare il miracolo della maternità della Chiesa che cerca, difende e unisce i suoi figli. Nella Chiesa, quando riti diversi si incontrano, quando a venire prima non sono le proprie appartenenze, il proprio gruppo o la propria etnia, ma il popolo che insieme sa lodare Dio, allora avvengono grandi cose. Diciamolo con forza: beato chi crede e ha il coraggio di creare incontro e comunione».

«Siate voi i promotori di una cultura dell’incontro che smentisca l’indifferenza e la divisione e permetta a questa terra di cantare con forza le misericordie del Signore». Si è conclusa con questo invito l’omelia della prima Messa celebrata dal Papa in terra romena. «Essere cristiani è gioia nello Spirito Santo», ha ricordato il Papa: «Senza gioia restiamo paralizzati, schiavi delle nostre tristezze. Spesso il problema della fede non è tanto la mancanza di mezzi e di strutture, di quantità, nemmeno la presenza di chi non ci accetta; il problema della fede è la mancanza di gioia. La fede vacilla quando ci si barcamena nella tristezza e nello scoraggiamento. Quando viviamo nella sfiducia, chiusi in noi stessi, contraddiciamo la fede, perché anziché sentirci figli per i quali Dio fa grandi cose, rimpiccioliamo tutto alla misura dei nostri problemi e ci dimentichiamo che non siamo orfani: abbiamo un Padre in mezzo a noi, salvatore potente». «Maria ci viene in aiuto perché, anziché rimpicciolire, magnifica, cioè, ‘grandifica’ il Signore, loda la sua grandezza», le parole dedicate al Magnificat: «Ecco il segreto della gioia. Maria, piccola e umile, comincia dalla grandezza di Dio e, nonostante i suoi problemi – che non erano pochi – sta nella gioia, perché in tutto si fida del Signore. Ci ricorda che Dio può sempre compiere meraviglie se rimaniamo aperti a Lui e ai fratelli». «Pensiamo ai grandi testimoni di queste terre», l’invito: «Persone semplici, che si sono fidate di Dio in mezzo alle persecuzioni. Non hanno posto la loro speranza nel mondo, ma nel Signore, e così sono andati avanti». «Vorrei rendere grazie a questi umili vincitori, a questi santi della porta accanto che ci indicano il cammino», l’omaggio del Papa: «Le loro lacrime non sono state sterili, sono state preghiera che è salita al cielo e ha irrigato la speranza di questo popolo».

Il «grazie» dell’arcivescovo Robu. «La ringraziamo perché oggi è qui con noi, con la nostra Chiesa locale di ambedue i riti, con il nostro Paese ed il nostro popolo». Sono le parole rivolte da mons. Ioan Robu, arcivescovo di Bucarest, al termine della Messa. «Lei usa spesso l’espressione: ‘Vi prego, non dimenticate di pregare per me’. Oggi, siamo noi che ci rivolgiamo a lei, Santità, e Le diciamo: Santo Padre, non si dimentichi di pregare per la nostra Chiesa locale e per il nostro Paese», ha proseguito il vescovo: «Benedica, Santo Padre, tutti noi! Benedica la nostra Patria, il nostro popolo, perché rafforzati nella fede, radicati nell’amore e animati dalla speranza, possiamo camminare insieme sulla strada della storia, cercando il bene comune, la fraternità, la pace e la concordia. La ringraziamo con tutto il cuore!».