Vita Chiesa

Papa negli Emirati Arabi Uniti: la Dichiarazione firmata con Grande Imam applica il Concilio

«È stato un viaggio troppo breve ma per me è stata un’esperienza grande. Io penso che ogni viaggio sia storico e anche che ogni nostro giorno sia per scrivere la storia quotidiana. Nessuna storia è piccola, ogni storia è grande e degna. E anche se è brutta, la dignità è nascosta e sempre può emergere». Con queste parole Papa Francesco ha introdotto il suo lungo colloquio con i giornalisti che lo hanno accompagnato negli Emirati Arabi Uniti. «Ho visto un Paese moderno, mi ha colpito la città», ha detto il Papa, secondo quanto riferisce Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione, su Vatican News: «Anche la pulizia della città, mi sono chiesto come fanno ad annaffiare i fiori in questo deserto. È un Paese moderno, accoglie tanti popoli ed è un Paese che guarda al futuro: per esempio nell’educazione dei bambini. Educano guardando al futuro. Poi mi ha colpito il problema dell’acqua: stanno cercando per il prossimo futuro di prendere l’acqua del mare e renderla potabile, e anche l’acqua dell’umidità e farla potabile. Sempre cercano cose nuove. Ho anche sentito dire da loro: ci mancherà il petrolio, e ci stiamo preparando. Mi è sembrato un Paese aperto, non chiuso. Anche religiosità: è un Islam aperto, di dialogo, un Islam fraterno, di pace. Sottolineo la vocazione alla pace che ho sentito di avere, malgrado ci siano i problemi di alcune guerre nella zona. Per me molto toccante l’incontro con i saggi dell’Islam, un incontro profondo, erano di diversi luoghi e di varie culture. Questo indica pure l’apertura di questo Paese a un certo dialogo regionale, universale, religioso. Sono stato colpito poi dal convegno interreligioso: è stato un fatto culturale forte».

«Mi accusano di farmi strumentalizzare, ma non solo dai musulmani! Da tutti, anche dai giornalisti! È parte del lavoro», ha detto il Papa, rispondendo ad una domanda. «Dal punto di vista cattolico il documento non è andato di un millimetro oltre il Concilio Vaticano II», ha precisato a proposito del documento firmato a quattro mani con il Grande Imam di al-Azhar: «Il documento è stato fatto nello spirito del Vaticano II. Prima di prendere la decisione di dire: sta bene così, lo finiamo così, l’ho fatto leggere a qualche teologo e anche dal teologo della Casa Pontificia che è un domenicano con la bella tradizione domenicana, non di andare alla caccia di streghe ma di vedere la cosa giusta. E lui ha approvato. Se qualcuno si sente male, lo capisco, non è una cosa di tutti i giorni, e non è un passo indietro. È un passo avanti che viene da 60 anni, il Concilio che deve svilupparsi. Gli storici dicono che perché un concilio abbia conseguenze nella Chiesa ci vogliono 100 anni, siamo a metà del cammino. È accaduto anche a me. Ho letto una frase del documento che mi ha sorpreso e mi sono detto: non so se è sicura. Invece era una frase del Concilio! Nel mondo islamico ci sono diversi pareri, alcuni più radicali, altri no. Ieri nel Consiglio dei saggi c’era almeno uno sciita e ha parlato bene. Ci saranno discrepanze tra loro… ma è un processo, i processi devono maturare, come i fiori, come la frutta».

Interpellato sul prossimo viaggio in Marocco, Francesco ha risposto: «È un po’ un caso la vicinanza dei due viaggi. Io volevo andare all’incontro a Marrakech, ma c’erano delle questioni protocollari, non potevo andare all’incontro senza fare una visita al Paese. E per questo abbiamo rimandato la visita e ora è in coincidenza con questo viaggio. E il Segretario di Stato è andato a Marrakech. È stata una questione diplomatica e di educazione, la vicinanza delle date non è stata una cosa pianificata. Ma anche in Marocco io seguo le tracce di san Giovanni Paolo II, che è stato il primo ad andarci. Sarà un viaggio piacevole. Ho ricevuto inviti di altri Paesi arabi, e vedremo il prossimo anno, e io o un altro Pietro. Qualcuno ci andrà».

«Ho saputo prima del viaggio che arrivava col plico diplomatico una lettera di Maduro. Non l’ho ancora letta, vedremo che cosa si può fare».  Il Papa ha risposto così ad una domanda sulla lettera inviatagli da Nicolas Maduro per ricominciare il dialogo: «Ma perché si faccia una mediazione, ci vuole la volontà di ambedue le parti, che siano ambedue le parti a chiederla», ha precisato Francesco, ricordando che «la Santa Sede nel Venezuela è stata presente nel momento del dialogo in cui c’erano Zapatero e mons. Tscherrig e poi ha continuato con mons. Celli. E lì è stato partorito un topolino. Adesso vedrò quella lettera, vedrò che cosa si può fare. Ma a condizioni che lo chiedano ambedue le parti. Io sono sempre disposto». «Quando la gente va dal curato perché c’è un problema tra marito e moglie, prima va uno», l’esempio scelto dal Papa: «Ma si chiede: l’altra parte vuole o non vuole? Anche per i Paesi questa è una condizione che li deve fare pensare prima di chiedere una facilitazione, o una mediazione. E andrò in Spagna».

Ad una domanda sull’assenza del tema della cristianofobia, cioè la persecuzione dei cristiani, nelle parole del Grande Imam Al-Tayyib, Francesco ha risposto: «Io ne ho parlato. Non in quel momento, ma sto parlando frequentemente di questo. Credo che il documento fosse più di unità e di amicizia. Ma condanna la violenza e alcuni gruppi che si dicono islamici – anche se i saggi dicono che quello non è Islam – perseguitano i cristiani. Ricordo quel papà a Lesbos con i suoi bambini. Aveva trent’anni, piangeva e mi ha detto: io sono musulmano, mia moglie era cristiana e sono venuti i terroristi dell’Isis, hanno visto la sua croce, le hanno chiesto di convertirsi e dopo il suo rifiuto l’hanno sgozzata davanti a me. Questo è il pane quotidiano dei gruppi terroristici: la distruzione della persona. Per questo il documento è stato di forte condanna».

In merito al tema della libertà religiosa negli Emirati Arabi, il Papa ha osservato: «Ogni processo ha principi, c’è un prima e un dopo, ma senza fermarsi. Mi ha impressionato un colloquio con un ragazzo di 13 anni avvenuto a Roma. Mi ha detto: ‘Alcune cose che lei dice mi sembrano interessanti, ma io le voglio dire che sono ateo: che cosa devo fare come ateo per diventare uomo di pace?’. Gli ho detto: fa quello che tu senti, gli ho parlato un po’. Mi è piaciuto il suo coraggio. È ateo ma cerca il bene, e anche questo è un processo. Dobbiamo rispettare e accompagnare tutti i processi, siano dei colori che siano. Questi credo che sono passi in avanti».

«Il maltrattamento delle donne è un problema. Io oserei dire che l’umanità ancora non ha maturato: la donna è considerata di seconda classe». Nella conferenza stampa il Papa ha risposto così ad una domanda sull’abuso delle donne consacrate nella Chiesa da parte del clero, denunciata da un articolo dell’Osservatore Romano, ma anche dall’Unione delle Superiori generali. «È un problema culturale. Poi si arriva fino ai femminicidi», ha commentato Francesco: «Ci sono dei Paesi in cui il maltrattamento delle donne arriva al femminicidio e prima di arrivare alla sua domanda concreta, una curiosità. Voi fate l’indagine per sapere se è vero ma mi hanno detto che l’inizio della storia dei gioielli femminili è avvenuto in un Paese antichissimo dell’Oriente, dove c’era la legge di cacciare via, ripudiare la donna. Se il marito – non so se è vero no – le diceva: vattene via, in quel momento con quello che aveva addosso, lei doveva andarsene senza prendere niente. E lì hanno cominciato a farsi gioielli di oro e pietre preziose, per avere qualcosa per poter sopravvivere. È vero, dentro la Chiesa ci sono stati dei chierici che hanno fatto questo. In alcune civilizzazioni in modo più forte che in altri. Ci sono stati sacerdoti e anche vescovi che hanno fatto quello. E io credo che si faccia ancora: non è che dal momento in cui tu te ne accorgi, finisce. La cosa va avanti così». «È da tempo che stiamo lavorando in questo», ha fatto notare il Papa: «Abbiamo sospeso qualche chierico, mandato via, e anche – non so se è finito il processo – sciogliere qualche congregazione religiosa femminile che era molto legata a questo fenomeno, una corruzione. Si deve fare qualcosa di più? Sì. Abbiamo la volontà? Sì. Ma è un cammino che viene da lontano».

«Papa Benedetto ha avuto il coraggio di sciogliere una congregazione femminile che aveva un certo livello, perché c’era entrata questa schiavitù, persino sessuale, da parte dei chierici o da parte del fondatore», ha ricordato Francesco: «A volte il fondatore toglie la libertà alle suore, può arrivare a questo». «Benedetto XVI ha avuto il coraggio di fare tante cose su questo tema», ha affermato il suo successore raccontando un aneddoto: «Lui aveva tutte le carte su una organizzazione religiosa che aveva dentro corruzione sessuale ed economica. Lui provava a parlarne e c’erano dei filtri, non poteva arrivare. Alla fine il Papa, con la voglia di vedere la verità, ha fatto una riunione e Joseph Ratzinger se né andato lì con la cartella e tutte le sue carte. Quando è tornato, ha detto al suo segretario: mettila nell’archivio, ha vinto l’altro partito. Non dobbiamo scandalizzarci per questo, sono passi di un processo. Ma appena diventato Papa, la prima cosa che ha detto è stata: portami dall’archivio questo. Il folklore lo fa vedere come debole, ma di debole non ha niente. È un uomo buono, un pezzo di pane è più cattivo di lui, ma è un uomo forte. Su questo problema: preghi che possiamo andare avanti. Io voglio andare avanti. Ci sono dei casi. Stiamo lavorando».