Vita Chiesa

Pisa punta sulla comunione

DI TOMMASO STRAMBI«Un maggior spirito di comunione e di collaborazione tra comunità diverse». Una speranza e non solo quella di don Mario Bernardini, direttore dei centri pastorali della diocesi di Pisa. Soprattutto un augurio affinché le comunità parrocchiali sappiano «guardare oltre le differenze per lavorare insieme».

Sono proprio questi i frutti che la Chiesa pisana attende dal convegno diocesano che si è appena concluso. Per due settimane comunità, laici e sacerdoti, religiosi e religiose si sono confrontate sul tema «Per una Chiesa segno di riconciliazione». Prima nelle singole comunità parrocchiali, poi nei vicariati e, infine, tutti insieme in un’assemblea generale che si è svolta domenica scorsa in Cattedrale e alla quale hanno portato il loro contributo due testimoni «particolari» il magistrato Giancarlo Caselli, già procuratore della Repubblica di Palermo e direttore del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e padre Enzo Bianchi, priore e fondatore della comunità di Bose. Un magistrato di «trincea» e un religioso che, seppur in campi diversi, sono profondamente inseriti nella società del terzo millennio. «Del resto non siamo qui per fare accademia – ha chiosato l’arcivescovo monsignor Alessandro Plotti (nella foto), introducendo i due relatori –, ma siamo qui per confrontarci e riflettere su come essere nella società odierna «una Chiesa segno di riconciliazione». E sia Giancarlo Caselli che padre Enzo Bianchi sono due persone che vivono dentro questo tema e lo riflettono».

«Durante il Giubileo – ha esordito Giancarlo Caselli – il Papa ha insistito molto sul tema della riconciliazione, anche con segni evidenti e concreti di perdono. E credo che come credenti e cristiani siamo chiamati a vivere quest’esperienza di riconciliazione ogni giorno e, non solo, ogni cinquant’anni in occasione di un evento giubilare. Anche perché la riconciliazione è una proposta che ci invita a umanizzare la nostra visione di giustizia, che ci insegna a non vedere la giustizia solo come appagamento della nostra sete di vendetta. Senza contare che la riconciliazione risponde anche ad un intersesse della società, perché riconciliare mediante la rieducazione significa anche ridurre la recidiva, la reiterazione dei delitti».

Più legato ad aspetti biblico-teologici, invece, l’intervento di padre Enzo Bianchi. «La riconciliazione contiene in sè anche l’idea di uno scambio – ha spiegato il fondatore della comunità di Bose –, uno scambio verso il basso. Da qui si comprende che il vero protagonista di questo scambio è Dio che attraverso Gesù Cristo ci riconcilia con lui». «E solo una Chiesa riconciliata – ha concluso padre Bianchi – può diffondere la comunione fino a diventare essa stessa scuola di comunione. Se, infatti, la Chiesa non vive la comunione ogni sua attività sarà condannata alla sterilità».

Temi e riflessioni su cui le comunità parrocchiali e i vicariati saranno chiamati a confrontarsi ancora. Anche perché, come ha aggiunto l’arcivescovo di Pisa e presidente della Conferenza Episcopale Toscana, monsignor Alessandro Plotti, «la Chiesa non può limitarsi soltanto ad amministrare sacramenti o assistere i malati, ma deve essere incarnata nel mondo per dare testimonianza del messaggio di Gesù Cristo». Il convegno diocesano si è poi concluso con un momento di preghiera comunitario nel corso del quale gli adolescenti che si stanno preparando a ricevere il sacramento della cresima hanno rinnovato la loro professione di fede.