Vita Chiesa

Pistoia, la diocesi incontra i divorziati

DI ELISABETTA CASELLI«Il principio generale che ci ha guidati è quello della verità con un grande rispetto delle persone. Il giudizio delle coscienze spetta solo a Dio, ma noi dobbiamo lasciarci guidare dalla Chiesa». Con questo invito all’accoglienza ma anche a proseguire sulla strada evangelica, mons Simone Scatizzi, vescovo di Pistoia, ha incontrato venerdì 10 maggio a Villa Rospigliosi, le coppie irregolari: separati, divorziati, divorziati e risposati, sposati solo civilmente ed anche conviventi. Una iniziativa quasi pioniera, un importante segno di apertura della Diocesi pistoiese, una delle poche in Italia a rispondere in maniera sollecita alle indicazioni date da Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo delle famiglie.«Non è certo stata una iniziativa “pioniera” – ribatte invece mons. Scatizzi – perché siamo in ritardo di oltre venti anni, se teniamo conto che il Papa ha raccomandato questa pastorale fin dal 1981 e più volte vi è tornato sopra. Anche il Direttorio di Pastorale Familiare, edito dalla CEI fin dal 1983, raccomanda questa iniziativa e ne dà le coordinate a cui ci siamo fedelmente attenuti. Semmai siamo in ritardo, non certo in anticipo».

Questo incontro di quale utilità è stato per Lei come vescovo?

«Questo incontro ci ha permesso di cogliere più da vicino la sofferenza di tante persone che, pur credenti, si trovano in una situazione irregolare rispetto alle indicazioni della Chiesa. Sono persone ferite, che a loro volta, non raramente, hanno ferito. In questo primo incontro abbiamo voluto ribadire quanto Giovanni Paolo II sottolinea per la Chiesa tutta: queste persone non si devono escludere dalla comunità. Cito le parole stesse del Papa che abbiamo riportato nell’invito: “I credenti che hanno divorziato e si sono risposati non sono esclusi dalla comunità; sono anzi invitati a partecipare alla sua vita, facendo un cammino di crescita nello spirito delle esigenze evangeliche”. Occorre dunque superare i due atteggiamenti estremi: l’ostracismo e l’omologazione, mettere cioè ai margini ed ignorare o far conto che tutto sia lecito».

L’iniziativa avrà un seguito? E quale apertura avrà la Diocesi nei confronti di queste persone?

«Abbiamo proposto un cammino di formazione, che riprenderemo ad ottobre, per questo variegato mondo delle coppie irregolari. Il clima che si è creato è stato molto positivo ed hanno deciso, a voce comune, di riprendere l’iniziativa il prossimo anno pastorale con quattro o cinque incontri e con tematiche molto precise. L’intenzione è anche quella di sensibilizzare le comunità parrocchiali per una accoglienza che non sia né falsamente permissiva, né, alla fine, dura ed emarginante».

Uno dei principali problemi che si pongono per queste coppie è la partecipazione ai Sacramenti: è stata data qualche risposta?

«È vero che esiste il problema della partecipazione ai Sacramenti, ma non è conforme alla dottrina della Chiesa fare di ogni erba un fascio. I separati e i divorziati che non si sono risposati, che hanno dovuto affrontare il divorzio perché trascinativi o per risolvere problemi pratici, ma che riconoscono valido il matrimonio a monte, non hanno problemi circa la partecipazione ai Sacramenti. I divorziati risposati non possono partecipare alla Riconciliazione e alla Comunione ma la Chiesa raccomanda loro la preghiera, la riflessione sulla Parola, la partecipazione alla Messa, l’impegno della carità, il servizio nei momenti organizzativi…; cioè a tutte quelle attività in cui la persona non svolge un ruolo educativo e d’insegnamento. Intendiamo approfondire per ogni situazione, la dottrina della Chiesa per farla comprendere nella sua interezza, senza che queste persone debbano percepirla solo come punitiva».

La risposta tanto numerosa al Suo invito può essere interpretata anche come una esigenza pressante di essere accettati, cioè non rifiutati, nella Chiesa?

«Occorre ridimensionare quanto la stampa un po’ a caso ha pubblicato: non erano ottanta persone ma cinquantadue più i membri dell’equipe, quattro coppie che hanno fatto una preparazione di un anno, con formazione psicologica, morale, pastorale. È vero però che abbiamo dovuto dire di no a una decina di persone per mancanza di posti. Vi erano separati, divorziati non risposati, ma anche sei coppie di risposati, sposati civilmente e conviventi. Per questi ultimi il problema è quello di un cammino di chiarificazione circa le proprie scelte. Certo la Chiesa, pur precisando la posizione di non piena comunione di queste coppie, perché l’indissolubilità non è affatto in discussione, non intende rifiutare nessuno. Siamo stati contenti, l’equipe e il sottoscritto, anche dello spirito di questi credenti, parzialmente in deficit di comunione ma legati alla Chiesa per il Battesimo, per lo spirito che li ha animati e per lo stile che hanno assunto: pur evidenziando problemi vissuti e sofferenze non lenite, non vi sono state reazioni scomposte che, pure, avevamo messo in conto! Intendiamo certo aiutare ancora questi nostri fedeli proprio nello spirito di Gesù, il Buon Pastore che fa più festa per una “pecora ritrovata” che per novantanove giusti».

Grande partecipazione, clima sereno, dialogo franco e concreto«Era l’ora che la Chiesa si ricordasse anche di noi..!». A pronunciare queste parole è stata una coppia presente all’incontro con i separati, i divorziati e le coppie irregolari fortemente voluto dal vescovo di Pistoia, mons. Simone Scatizzi, attento da tempo alle situazioni matrimoniali irregolari e difficili presenti nella diocesi. Un’iniziativa che rientra in un progetto pastorale ben mirato e che si colloca come importante segno di apertura. «Per concretizzare questo progetto – ha spiegato Franca Sardi, che insieme al marito Guido fa parte della commissione per la pastorale della famiglia – il Vescovo ha voluto accanto a sé un’équipe di collaboratori, precisamente quattro coppie di sposi, che dall’estate dello scorso anno, hanno fatto un percorso di formazione per affrontare queste tematiche così particolari e delicate. Ci siamo trovati con psicologi ed esperti, non certo per diventare a nostra volta psicologi o terapisti, ma per far proprie delle modalità di comportamento nei riguardi di persone che stanno soffrendo o hanno sofferto per i tanti problemi che hanno alle spalle».Una sfida attualissima che la Chiesa è chiamata a vivere nella prospettiva della «nuova evangelizzazione», termine ultimo di ogni analisi e proposta. E l’iniziativa pistoiese, quasi unica in Italia, è infatti una risposta concreta sia alle indicazioni date da Giovanni Paolo II durante il Giubileo delle famiglie e in tante altre occasioni, sia al Documento della commissione episcopale per la famiglia e la dottrina della fede. «Questo nostro primo incontro ha avuto come scopo – spiega Franca – il conoscere e capire le esigenze di questi fratelli che spesso incontrano tante difficoltà nell’entrare in comunione con le nostre comunità cristiane. Alcune volte sono loro stessi che si sentono “diversi”, altre invece, subiscono solitudine ed emarginazioni senza ricevere chiarezza nei riguardi della loro situazione». L’incontro ha avuto inizio nel tardo pomeriggio con la recita di una preghiera comune, ma importante, oltre naturalmente l’intervento del Vescovo, è stato il momento della cena, quando le quattro coppie si sono sedute fra le persone e… «senza che ci avessero conosciuto prima – dice Franca – hanno cominciato a raccontarci i loro problemi, le loro storie. Si è instaurato fra noi e loro un dialogo sicuramente costruttivo, un rapporto di amicizia che pensiamo di incentivare durante i prossimi cinque-sei incontri che si terranno nel nuovo anno pastorale».

Il maggiore problema sollevato durante l’incontro ha riguardato l’ammissibilità di chi vive situazioni irregolari, ai sacramenti della Riconciliazione e della Comunione. «I prossimi appuntamenti dovranno fare chiarezza in queste persone affinchè prendano coscienza della loro situazione e delle motivazioni di fondo, teologali e psicologiche che essa comporta. Ogni singola situazione è diversa – spiega Franca – e pertanto comporta diritti e doveri diversi. Partecipare all’Eucarestia è senza alcun dubbio il momento culmine per cui uno si sente cristiano, ma non è l’unico. La preghiera, la meditazione, il servizio verso gli altri, solo per citarne alcuni, sono tanti aspetti della vita cristiana per i quali questi fratelli rimangono in comunione con la Chiesa. Pertanto parleremo non solo della partecipazione ai sacramenti ma anche di altri temi che, attraverso delle schede, sono stati indicati dai presenti».

Il primo incontro è stato molto partecipato, non tanto per la presenza di circa sessanta persone, ma per l’interesse suscitato nei presenti, per la serenità con cui si è svolto e soprattutto per la concretezza del dialogo. «Per noi quattro coppie è stato un avvenimento molto bello a livello personale perché ci ha portato a riflettere sulla nostra condizione di sposi cristiani, ma anche doloroso perché ci ha fatto conoscere le situazioni di sofferenza profonda in cui vivono queste persone che ci hanno resi partecipi di tutte le loro difficoltà».El.Ca.