Vita Chiesa

ROMA, MESSA IN SUFFRAGIO DELLE VITTIME DELLA NAVE CONCORDIA AD UN MESE DALLA TRAGEDIA

La nostra preghiera oggi si eleva al Signore per le vittime della nave Concordia, recentemente arenata sugli scogli dell’Isola del Giglio. Affidiamo le loro anime immortali alla misericordia di Dio perché le accolga nella luce che non tramonta, e preghiamo per i dispersi, per i naufraghi di quella tragedia, per i familiari di tutti, qui rappresentati e che vogliamo abbracciare con grande affetto, affinché la forza e la consolazione dello Spirito stemperi i tragici ricordi e ritorni presto la serenità della vita”. Lo ha detto, stamattina a Roma, il card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, al termine della messa in suffragio delle vittime della nave Concordia, celebrata nella basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri. Il cardinale, che avrebbe dovuto presiedere il rito, per il cattivo tempo è arrivato a messa iniziata. La celebrazione è stata presieduta, perciò, dal segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, che ha esordito così: “Alla presenza del presidente della Repubblica e di altre autorità, la nostra nazione esprime con questa celebrazione il dolore per le persone scomparse e la commossa partecipazione per lo strazio dei loro congiunti”. Alla messa, infatti, ha preso parte oltre ai rappresentanti della popolazione dell’Isola del Giglio, delle vittime e dei naufraghi, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Per il governo erano presenti il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, il responsabile dello Sviluppo, Corrado Passera, il ministro degli Esteri, Giulio Terzi. Presenti anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno e, tra i leader politici, Pierferdinando Casini e Massimo D’Alema. Un mese fa, il 13 gennaio, la nave da crociera Concordia della Costa si è parzialmente inabissata nei pressi dell’Isola del Giglio, dopo l’urto contro le “Scole”, zona scogliera davanti al porto, in seguito a una manovra azzardata di avvicinamento all’isola, per il rituale del cosiddetto “inchino” . Ad oggi si contano 17 morti e 15 dispersi. Mentre si stanno definendo le modalità per il recupero del relitto la magistratura continua l’indagine sui motivi e le responsabilità del disastro. “L’eco di queste letture – ha affermato mons. Crociata, dopo il Vangelo – che ci annunciano la presenza del Salvatore che ci purifica dal male, ci restituisce al rapporto con Dio e, al consorzio umano, a relazioni interpersonali rinnovate e autentiche per vivere tutto a gloria di Dio e per il bene dei fratelli”.“Nel momento in cui l’intera Nazione fa pubblica memoria, e si stringe nella fede a quanti sono segnati dalla sciagura – ha dichiarato il card. Bagnasco nel messaggio, letto alla fine della messa -, non vogliamo dimenticare coloro – persone e istituzioni – che hanno fatto il proprio dovere in modo ammirevole per competenza e dedizione, e i molti volontari che – come sempre nelle circostanze del maggiore bisogno – si sono prontamente offerti e prodigati per concorrere all’urgente soccorso”. Tra questi, in prima fila, ci sono, “gli abitanti dell’Isola del Giglio. A tutti l’Italia guarda con stima e gratitudine: in loro riconosciamo l’anima profonda del nostro popolo, ricco di intelligenza e di cuore, sempre capace di grandi cose senza perdersi d’animo. Che la luce del Signore aiuti a fare verità e giustizia, a sanare le ferite, a rafforzare la fiducia e – insieme – il coraggio verso il futuro. È possibile e doveroso”.Il card. Bagnasco ha proseguito facendo riferimento al Vangelo di oggi, che “ci aiuta a vivere il nostro cammino di uomini e di discepoli di Cristo Gesù: cammino nel quale si innestano le vicende liete e tristi dell’esistenza. Nel malato di lebbra che si accosta al Signore, infatti, è facile vedere in contro luce ciascuno di noi: sì, perché se siamo sinceri con noi stessi, riconosciamo che tutti siamo un poco malati”. Per il presidente della Cei, “distorsioni concettuali, schematismi manichei, pregiudizi ostinati, ferite antiche e nuove, ci rendono poco o tanto come il lebbroso bisognoso del medico, quello dell’anima”. In effetti, “l’uomo colpito dalla malattia si accosta a Cristo chiedendo la guarigione del corpo, ma – ottenutala – si rende conto che il Maestro lo ha sanato non solo fuori ma anche dentro, nella profondità del suo essere. Gli ha ridato quella salute interiore senza la quale anche una vita efficiente e piena di successo non regge al giudizio di una coscienza retta e vera; potremmo anche dire, non regge di fronte allo scorrere inesorabile del tempo, alle asperità e ai colpi della vita che si abbattono sui singoli come sulle comunità e sul mondo”.Non si tratta, ha precisato il cardinale, “solo delle circostanze infelici o difficili che punteggiamo il cammino di ognuno, ma della condizione di universale fragilità che è l’impasto stesso dell’essere umano e del cosmo, la sua costitutiva finitezza, l’impossibilità di essere fine a se stessi e bastevoli per la propria felicità”. Il Vangelo ci ricorda, dunque, ha sottolineato il porporato, “l’affascinante paradosso umano che si intreccia di nobiltà e di miseria, di forza e di debolezza, di temporalità e di tensione all’eterno, di vita e di morte. Il mistero, e a volte il tormento che siamo, sospinge lo sguardo dell’umanità verso l’alto, si fa voce e – come il lebbroso del Vangelo – invoca la salvezza, e quella felicità che cerchiamo disperatamente senza riuscire a trovarla appieno e per sempre”. La celebrazione per le vittime del naufragio della Concordia diventa un’occasione di meditazione: “Siamo qui – ha concluso il card. Bagnasco -per pregare per quanti sono segnati dalla sciagura; ma anche per riflettere e diventare più pensosi circa l’umana condizione, la nostra finitezza, e così crescere nella sapienza del cuore e della vita. Il Signore Gesù tocchi l’anima di tutti e, mentre conforta i tribolati, ci doni la sua pace”. (Sir)