Vita Chiesa

«Rimettiamo Maria al posto che merita»

di Riccardo BigiIl protagonista del Natale è uno solo, Gesù: è il Figlio di Dio fatto uomo a occupare in questi giorni il centro della scena. Ma nel presepe, accanto al Bambino, trovano posto tanti altri personaggi: uno che non può certo mancare è Maria, la Madre di Dio. Proprio a lei Vittorio Messori ha dedicato il suo nuovo libro, Ipotesi su Maria. Un volume che richiama, nel titolo, il primo libro dell’autore torinese, le famose Ipotesi su Gesù del 1976. Un testo ampio (oltre 500 pagine) ma facilmente leggibile, che unisce – come sempre – la vivacità del giornalista e il rigore dello studioso. Il libro raccoglie le cinquanta puntate del «taccuino mariano» che Messori ha pubblicato, a partire dal 1995, sul mensile Jesus: «È un lavoro che mi ha impegnato per 50 mesi – spiega l’autore – e che considero non ancora concluso: de Maria numquam satis, dicevano gli antichi: di Maria non si dirà mai abbastanza».

Dopo le Ipotesi su Gesù, dopo l’Inchiesta sul cristianesimo, dopo le indagini sulla morte e sulla resurrezione di Cristo, dopo i libri-intervista con il cardinale Ratzinger (Rapporto sulla fede) e con Giovanni Paolo II (Varcare le soglie della speranza) un libro su Maria. Perché?

«Nel mio primo libro non si parlava mai di Maria: la luce dell’incontro con Cristo mi aveva abbagliato, impedendomi di vedere altro. La Madre, come io stesso ho sperimentato, si scopre dopo. Ci si accorge allora che quella presenza discreta è, in realtà essenziale: non è una devozione da tollerare in anziani e bigotti. Compito di Maria è anche quello di difendere il Figlio: parlare in modo corretto di Maria e ridarle il posto che le spetta è un modo per rispondere agli errori, le deviazioni, gli inquinamenti che minacciano la solidità della fede in Cristo».

Nell’introduzione lei scrive, citando John Henry Newman, che i popoli che hanno rifiutato la devozione a Maria hanno smesso anche di adorare il Figlio. Perché, secondo lei, è avvenuto questo?

«Una frase ricorrente, dalla Riforma luterana in poi, è che quello che si dà a Maria lo si toglie a Cristo. Invece è esattamente il contrario: quello che cerco di dimostrare nel mio libro è che tutta la cosiddetta mariologia in realtà è al servizio della cristologia. Quando la chiesa definisce un dogma mariano, riguarda sempre Maria in quanto madre di Gesù. Laddove non si dà uno spazio adeguato a Maria, laddove Maria viene messa in disparte, prima o poi anche il Figlio si dissolve in un vago umanesimo, in uno spiritualismo disincarnato, in un impegno socio-politico. Se manca la devozione mariana, manca una gamba al cristianesimo: Maria, con il suo stesso corpo, è garanzia della verità dell’Incarnazione».

Eppure tanti, anche tra i cattolici, oggi considerano la devozione a Maria marginale o facoltativa…

«Credo di essere riuscito a dimostrare è proprio che Maria non è un accessorio, non è un optional che ci può essere o no: laddove manca la Madre, finisce con lo svanire anche il Figlio. Quando sento qualcuno che dice “io sono un cattolico adulto” io sorrido, perché è una contraddizione: Gesù ci dice che per entrare nel Regno dei Cieli non dobbiamo farci adulti, dobbiamo farci bambini. Questo non significa rinunciare al nostro spirito critico. In tutti i miei libri non rinuncio alla ragione: non c’è, in quello che scrivo, una sola affermazione che non sia criticamente fondata, basata su delle fonti, su un ragionamento. “Diventare come bambini” non vuol dire fare gli imbecilli: significa usare anche la ragione, ma senza presunzione».

Lei auspica, nel suo libro, una devozione mariana che non cada nello «stile madonnaro». Cosa significa?

«La devozione non è devozionalismo, il sentimento non è sentimentalismo. Io sono un devoto di Maria, come penso debba essere ogni cattolico, e mi unisco spesso ai pellegrini nei vari santuari mariani. Ma la mia sfida è stata quella di scrivere più di 500 pagine su Maria senza una sola parola retorica. C’è un certo stile mieloso, una certa melassa retorica che viene applicata spesso al culto mariano: quando si parla di Maria molti pensano che sia necessario fare la voce in falsetto, parlare di mamme, di bimbi… È una questione di stile: questo stile “madonnaro” non fa giustizia a Maria che è anche una donna forte, coraggiosa. Occorre sentimento, oltre che ragione, nell’accostarsi a Maria, ma non il sentimentalismo. È possibile recuperare una devozione virile a Maria, ricordando ad esempio quel fenomeno che è stata la cavalleria medievale che non era certo un fenomeno da signorine, e che pure era tutta informata al culto di Maria. Io vengo da lontano, non sono nato cattolico: me ne stavo lontano dalla Madonna anche perché il criticismo che mi era stato instillato nelle scuole laiche mi faceva sentire orrore per queste forme di devozionalismo».

Maria è una figura scomoda anche nel dialogo ecumenico: quale deve essere l’atteggiamento con cui impostare, tra le varie confessioni cristiane, un dialogo su Maria?

«Il problema dei cattolici non è quello di rinunciare a Maria. Rinunciare a Maria, poi, per far piacere a chi? Il problema piuttosto è quello di recuperare una devozione critica, una devozione autentica. Il cattolico è ricco: nel senso che ha una fede ricca, in cui Maria occupa un posto importante. Se uno è ricco, non è che deve far felice gli altri facendosi povero a sua volta: piuttosto dobbiamo cercare di trasmettere agli altri la nostra ricchezza, per la quale peraltro non abbiamo alcun merito».

E con le altre religioni?

«Con gli islamici Maria è un punto di contatto importante, il Corano le dedica addirittura un intero capitolo, nel mondo musulmano viene vista con grande devozione. Nei paesi occidentali se qualcuno bestemmia Maria viene considerato al massimo un maleducato: se lo fa in un paese islamico viene lapidato. Con gli ebrei invece c’è qualche problema, il Talmud diffama gravemente Maria come donna impura: su questo c’è da discutere. Gli ebrei di oggi sono molto cauti, in genere evitano di calcare la mano su questo punto, ma il problema (nel libro l’ho chiamato la “pietra d’inciampo”) rimane. Ed è giusto affrontarlo, perché il dialogo può essere costruito solo sulla verità».

Nel libro si parla anche della tendenza che c’è stata, da parte di certi storici delle religioni, di assimilare Maria a divinità antiche. Il culto mariano si confonderebbe, dunque, con i culti pagani. Lei risponde, citando il padre Danielou, che le somiglianze ci sono ma sono più esteriori che sostanziali…

«È vero. Ma poi, anche se ci fossero somiglianze più serie, andrebbe benissimo. La logica cattolica non è quella di distruggere: è quella di unire. Se in Maria fossero convenuti i grandi valori della femminilità, della maternità, questo andrebbe benissimo, non mi scandalizza affatto. Maria può essere tranquillamente la figura che incarna l’“eterno femminino” o la “grande madre”. Se tutte le tradizioni religiose del mondo istintivamente sono giunte a concepire una “grande madre” non dobbiamo rifiutarle: si tratta piuttosto di depurarle. Gesù dice: “non sono venuto a distruggere, sono venuto a completare”. Maria dà voce, dà un volto, dà un nome a questi archetipi eterni».

In queste pagine traspare il suo amore per Lourdes e gli altri santuari. Qual è il suo atteggiamento riguardo alle apparizioni mariane e ai miracoli che spesso sono connessi con le apparizioni?

«Nel libro parlo molto di apparizioni e di guarigioni miracolose, ma solo di quelle che la Chiesa ha riconosciuto. Io però sono per natura il contrario di un visionario: ne parlo ragionando sui documenti, sulla loro credibilità storica… Parlo soprattutto di Lourdes perché ci sono affezionato ma anche perché rappresenta l’icona dell’apparizione mariana. In Lourdes tutto è limpido, a cominciare da Bernadette; in Lourdes le cose sono talmente evangeliche che diventa una pietra di paragone per tutte le altre apparizioni».

Vittorio Messori, Ipotesi su Maria, Edizioni Ares, 546 pagine, 18 euro

Un investigatore alle presecon i misteri della fedeVittorio Messori ha scritto ormai una ventina di libri. Il suo primo volume, le Ipotesi su Gesù, pubblicato nel 1976, suscitò grande clamore tanto da indurlo, un paio di anni dopo, a lasciare la redazione culturale de «La Stampa», dove lavorava, per dedicarsi a tempo pieno alla ricerca teologica e all’approfondimento di tematiche religiose.

A quel libro seguì, poco dopo, il Rapporto sulla fede scritto insieme all’allora cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Proprio il cardinale Ratzinger lo chiamò, qualche anno dopo, a scrivere il libro-intervista con Giovanni Paolo II Varcare le soglie della speranza. Messori ha scritto anche, tra le altre cose, l’Inchiesta sul cristianesimo e un’indagine sui misteri legati alla morte e alla resurrezione di Gesù (Dicono che è risorto

L’idea di una ricerca su Maria nacque, spiega lo stesso Messori, subito dopo la pubblicazione delle Ipotesi su Gesù: «alcuni lettori, dicendosi soddisfatti di quelle pagine, mi esortavano a scriverne altre, passando a delle “ipotesi su Maria”. Confesso che, allora, una simile proposta mi sembrava stravagante». Nel 1995, poi, arrivò l’invito dalla rivista Jesus di iniziare, dopo sette anni di articoli dedicati al mistero pasquale, una nuova rubrica: «Taccuino mariano». Da quegli scritti, rivisti e aggiornati, è nato il libro Ipotesi su Maria. I cinquanta capitoli del volume svariano su tutti gli aspetti di Maria: la figura storica della madre di Gesù, la devozione che si è sviluppata nei secoli, gli errori e le inesattezze dette sul suo conto, i tanti misteri che l’accompagnano.