Vita Chiesa

Roma in festa per il beato Wojtyla

Lo speciale sulla beatificazioneBianco e rosso. Sono i due colori che dominano, oggi, piazza S. Pietro, nella quale in queste ore si sono radunate centinaia di migliaia di persone, “chiamate” dalla volontà di fare festa per il nuovo beato. I varchi della piazza sono stati aperti dalle 5.30, ma già i 2.300 giornalisti accreditati, in rappresentanza di 101 nazioni – più di un’ora prima – hanno avuto difficoltà ad arrivare all’accesso loro riservato, per le postazioni collocate sopra il Braccio di Carlo Magno. Il bianco del sagrato, al centro del quale c’è lo splendido “giardino all’italiana” arricchito da 25 mila fiori che arrivano dalla Puglia. Il rosso del velluto dei drappi e delle sedie delle 87 delegazioni ufficiali, collocate alla destra del sagrato, che troverà una corrispondenza cromatica nelle porpore dei cardinali che concelebreranno con papa Benedetto XVI. Il bianco e il rosso delle numerose bandiere polacche presenti nella piazza, segno distintivo dei circa 80 mila pellegrini provenienti dalla terra natale di Karol Wojtyla: c’è anche uno striscione di Solidarnosc. Il bianco e il rosso di un enorme striscione con la scritta “Deo gratias”: in campo bianco con caratteri rossi, è appesa a dieci palloncini rossi, e veleggia più o meno in prossimità dell’obelisco. L’intero colonnato del Bernini è vestito a festa: sul lato sinistro, guardando la basilica, campeggia la scritta “Spalancate le porte a Cristo”, vero e proprio “biglietto da visita” di Giovanni Paolo II in occasione del suo primo appuntamento, da papa, con i fedeli, in questa stessa piazza. Teli bianchi, in verticale tra le colonne, ospitano le lettere, e il centro del colonnato di sinistra è dominato dalla gigantografia di Giovanni Paolo II. Il colonnato di destra è invece adornato da 22 foto prese dall’archivio de “L’Osservatore Romano”, con i momenti salienti dei quasi 27 anni di pontificato.

L’ora di preparazione. La diretta mondovisione della cerimonia di beatificazione di Giovanni Paolo II, coprodotta dal Centro Televisivo Vaticano e dalla Rai, è cominciata alle 9, mentre i fedeli in piazza si preparavano alla messa pregando insieme la Coroncina della Divina Misericordia, devozione introdotta da Santa Faustina Kowalska, in onore della quale Giovanni Paolo II ha introdotto la festa liturgica della Divina Misericordia. La Coroncina è una preghiera litanica, simile al Rosario con cui si invoca la misericordia di Dio e si chiede il perdono dei peccati in un “atto di fiducia” verso la misericordia di Cristo. La preparazione alla messa termina con una “invocazione della Misericordia di Dio sul mondo”. Alle 9.55, l’uscita della processione dal Portone di Bronzo, guidata dal Papa. La messa è animata dalla Cappella Musicale Pontificia e dal Coro della diocesi di Roma, con la partecipazione dell’Orchestra della diocesi di Roma.

La formula di beatificazione. “Beatissimo Padre, il Vicario Generale della Santità Vostra per la Diocesi di Roma, chiede umilmente alla Santità Vostra di degnarsi benignamente di iscrivere nel numero dei Beati il venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II”. Queste le parole, pronunciate in latino, con le quali il card. Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha chiesto a Benedetto XVI – all’inizio della messa – di procedere alla beatificazione del “Servo di Dio” Giovanni Paolo II. Subito dopo, il cardinale ha ripercorso sinteticamente la vita e il pontificato di Giovanni Paolo II, ricordando come “i tratti della sua spiritualità, ai quali rimase fedele fino alla morte, furono la devozione sincera allo Spirito Santo e l’amore alla Madonna”, testimoniato anche nella scelta del suo motto episcopale, “Totus tuus”. Da vescovo di Cracovia, secondo il card. Vallini, Karol Woytyla fu “subito apprezzato come uomo di fede robusta e coraggiosa, vicino alla gente e ai problemi reali delle persone. Interlocutore capace di ascolto e di dialogo, senza mai cedere al compromesso, affermò nei confronti di tutti il primato di Dio e di Cristo, quale fondamento di un vero umanesimo e sorgente dei diritti inalienabili della persona umana”.

L’ottimismo travolgente. Quando il 16 ottobre 1978 fu eletto Papa e prese il nome di Giovanni Paolo II, “il suo cuore di pastore, totalmente donato alla causa del Regno di Dio, si allargò al mondo intero”. La “carità di Cristo” – ha proseguito il card. Vallini – lo portò a visitare le parrocchie di Roma, ad annunciare il Vangelo in tutti gli ambienti e fu la forza motrice degli innumerevoli viaggi apostolici nei diversi continenti. Il suo luminoso magistero non ebbe altro scopo che proclamare sempre e ovunque Cristo, Unico Salvatore dell’uomo”. “Nel suo straordinario slancio missionario ha amato di amore singolarissimo i giovani”, ha poi sottolineato il cardinale: “Le convocazioni delle Giornate mondiali della gioventù avevano per lui lo scopo di annunciare alle nuove generazioni Gesù Cristo e il suo Vangelo per renderli protagonisti del loro futuro e di cooperare alla costruzione di un mondo migliore”. Sintetizzando, nella parte finale del suo discorso, la “cifra” del Papa polacco, il card. Vallini ha osservato come “l’ottimismo travolgente, fondato nella fiducia nella Provvidenza divina, spinse Giovanni Paolo II, che aveva vissuto l’esperienza tragica di due dittature, subìto un attentato il 13 maggio 1981 e negli ultimi anni era stato provato fisicamente dal progredire della malattia, a guardare sempre ad orizzonti di speranza, invitando gli uomini ad abbattere i muri delle divisioni, a spazzare via la rassegnazione”.

Il 22 ottobre la festa liturgica. Da oggi in poi, il 22 ottobre sarà la solennità liturgica dedicata al nuovo beato Giovanni Paolo II. Ad annunciarlo ai fedeli riuniti in piazza S. Pietro è stato Benedetto XVI. “Concediamo – le parole del Santo Padre, pronunciate in latino in risposta alle parole del card. Vallini – che il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II, Papa, d’ora in poi sia chiamato Beato e che si possa celebrare la sua festa nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, ogni anno il 22 ottobre”. Al termine della formula di beatificazione, è stato scoperto l’Arazzo che raffigura il nuovo Beato – la riproduzione di una foto del 1995 – mentre suor Tobiana e suor Marie Simon-Pierre, accompagnate da quattro giovani e da altre due persone, portavano all’altare il reliquario (in argento, a forma di rami d’ulivo) che nella parte superiore contiene una teca di vetro con l’ampolla di sangue di Giovanni Paolo II.

La Messa di beatificazione

“Il giorno atteso è arrivato; è arrivato presto, perché così è piaciuto al Signore: Giovanni Paolo II è beato!”. Ad esclamarlo è stato questa mattina Benedetto XVI, nell’omelia della Messa di beatificazione ( Il testo dell’omelia). “Sei anni or sono – ha esordito il Santo Padre – ci trovavamo in questa piazza per celebrare i funerali del Papa Giovanni Paolo II. Profondo era il dolore per la perdita, ma più grande ancora era il senso di una immensa grazia che avvolgeva Roma e il mondo intero: la grazia che era come il frutto dell’intera vita del mio amato predecessore, e specialmente della sua testimonianza nella sofferenza. Già in quel giorno noi sentivamo aleggiare il profumo della sua santità, e il popolo di Dio ha manifestato in molti modi la sua venerazione per Lui. Per questo ho voluto che, nel doveroso rispetto della normativa della Chiesa, la sua causa di beatificazione potesse procedere con discreta celerità”.

L’impronta mariana. “Oggi risplende ai nostri occhi la figura amata e venerata di Giovanni Paolo II”, le parole di Benedetto XVI: “Oggi il suo nome si aggiunge alla schiera di Santi e Beati che egli ha proclamato durante i quasi 27 anni di pontificato, ricordando con forza la vocazione universale alla misura alta della vita cristiana, alla santità, come afferma la Costituzione conciliare Lumen gentium sulla Chiesa”. “Tutti i membri del Popolo di Dio – Vescovi, sacerdoti, diaconi, fedeli laici, religiosi, religiose – siamo in cammino verso la patria celeste, dove ci ha preceduto la Vergine Maria”, ha ricordato il Papa soffermandosi sull’impronta mariana del pontificato di papa Wojtyla, secondo il quale la madre di Gesù era “immagine e modello di santità per ogni cristiano e per la Chiesa intera”. Una “visione teologica”, questa, che il beato Giovanni Paolo II “ha scoperto da giovane e ha poi conservato e approfondito per tutta la vita”, ed è riassunta nello stemma episcopale e poi papale di Karol Wojtyla: “Totus tuus”.

Non abbiate paura. “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”. È questa, secondo Benedetto XVI, la “causa” alla quale Giovanni Paolo II ha voluto mettersi a servizio, durante tutto il suo pontificato, come ha annunciato lui stesso nella sua prima messa solenne in piazza S. Pietro. “Quello che il neo-eletto Papa chiedeva a tutti – ha commentato il Santo Padre – egli stesso lo ha fatto per primo: ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante – forza che gli veniva da Dio – una tendenza che poteva sembrare irreversibile”. Citando il testamento del nuovo beato, Benedetto XVI ha sottolineato la “gratitudine” più volte espressa da Giovanni Paolo II per il “grande dono” del Concilio, di cui egli si sentiva “debitore”. “Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana – ha detto rivolgendosi, in polacco, ai circa 80 mila pellegrini arrivati dalla Polonia – questo esemplare figlio della nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia di libertà” “Ancora più in sintesi”, ha proseguito il Papa in italiano, “ci ha ridato la forza di credere in Cristo, perché Cristo è Redemptor hominis, Redentore dell’uomo: il tema della sua prima Enciclica e il filo conduttore di tutte le altre”.

L’uomo è la via della Chiesa. “L’uomo è la via della Chiesa”: è stato questo, secondo Benedetto XVI, il “messaggio” di Karol Wojtyla, che “salì al soglio di Pietro portando con sé la sua profonda riflessione sul confronto tra il marxismo e il cristianesimo, incentrato sull’uomo”. “Con questo messaggio, che è la grande eredità del Concilio Vaticano II e del suo ‘timoniere’ il Servo di Dio Papa Paolo VI – ha proseguito il Santo Padre – Giovanni Paolo II ha guidato il Popolo di Dio a varcare la soglia del Terzo Millennio”. “Attraverso il lungo cammino di preparazione al Grande Giubileo”, Giovanni Paolo II “ha dato al cristianesimo un rinnovato orientamento al futuro, il futuro di Dio, trascendente rispetto alla storia, ma che pure incide sulla storia”. “Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso – ha spiegato il Papa – egli l’ha legittimamente rivendicata al cristianesimo, restituendole la fisionomia autentica della speranza, da vivere nella storia con uno spirito di ‘avvento’, in un’esistenza personale e comunitaria orientata a Cristo, pienezza dell’uomo e compimento delle sue attese di giustizia e di pace”.

Tutt’uno con Gesù. La parte finale dell’omelia del Papa è stata un “rendere grazie a Dio per la personale esperienza che mi ha concesso, di collaborare a lungo con il beato Papa Giovanni Paolo II”. “Già prima – ha rivelato il Santo Padre – avevo avuto modo di conoscerlo e di stimarlo, ma dal 1982, quando mi chiamò a Roma come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per 23 anni ho potuto stargli vicino e venerare sempre più la sua persona. Il mio servizio è stato sostenuto dalla sua profondità spirituale, dalla ricchezza delle sue intuizioni. L’esempio della sua preghiera mi ha sempre colpito ed edificato: egli si immergeva nell’incontro con Dio, pur in mezzo alle molteplici incombenze del suo ministero”. E poi la sua testimonianza nella sofferenza: “Il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma egli è rimasto sempre una ‘roccia’, come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano meno”. In questo modo, per il Papa, Giovanni Paolo II “ha realizzato in modo straordinario la vocazione di ogni sacerdote e vescovo: diventare un tutt’uno con quel Gesù, che quotidianamente riceve e offre nella Chiesa. Beato te, amato Papa Giovanni Paolo II, perché hai creduto! Continua – ti preghiamo – a sostenere dal Cielo la fede del Popolo di Dio”. Il Papa ha concluso la sua omelia, salutata e scandita da numerosi applausi della folla radunata in piazza San Pietro, con queste parole, pronunciate a braccio: “Tante volte – ha detto Benedetto XVI, rivolgendosi idealmente al suo ‘amato Predecessore’ – ci ha benedetto da questa piazza e dal palazzi. Oggi ti preghiamo: Santo Padre, ci benedica. Amen”.

L’atto di venerazione in San PietroSi è conclusa con uno speciale “atto di venerazione” al nuovo beato la prima beatificazione di un Papa da parte del suo successore, mai avvenuta prima nella storia della Chiesa. Un evento unico, il cui carattere eccezionale è stato allietato anche dal sole, che dopo le ore nuvolose e piuttosto fredde della prima mattina ha visto prima aprirsi e subito dopo rischiararsi il cielo, proprio in coincidenza con la pronuncia della formula di beatificazione che ha annoverato Giovanni Paolo II nell’albo dei beati. Al termine della messa di beatificazione, a cui hanno partecipato circa un milione di persone – tra piazza San Pietro e la zona di via della Conciliazione – Benedetto XVI si è recato all’interno della basilica – insieme con i cardinali che hanno concelebrato, seguiti dalle delegazioni ufficiali e dal clero – per rendere omaggio a Giovanni Paolo II, la cui teca contenente il corpo è stata trasferita stamattina dalle Grotte Vaticane (nel frattempo chiuse al pubblico) e collocata davanti all’altare centrale, in vista dell’omaggio del Santo Padre e dei fedeli, che si prevede continuerà ininterrottamente fino a domani mattina, per poi interrompersi qualche ora in modo da permettere di preparare la piazza alla messa di ringraziamento. A presiedere, il 2 maggio alle 10.30, sempre in piazza San Pietro la prima messa che si celebrerà con le formule proprie del nuovo beato sarà il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano.L’omaggio dei fedeli. In alto la croce, al centro lo stemma papale e una targa con un’iscrizione latina dove sono indicate la lunghezza della vita (84 anni, 10 mesi, 15 giorni) e la durata del pontificato (26 anni, 5 mesi, 17 giorni). Si presenta così la teca contenente il corpo del beato Giovanni Paolo II, che il 29 aprile è stata estratta dalla tomba e collocata davanti alla tomba di San Piietro. Dopo i funerali, Giovanni Paolo II era stato sepolto in tre casse: la prima di cipresso, quella visibile durante le esequie, la seconda di piombo (sigillata) e la terza – quella che sta già ricevendo, in queste ore, l’omaggio dei fedeli – sempre di legno, è stata trovata al momento dell’estrazione dalla tomba – come ha riferito padre Lombardi ai giornalisti – “in buono stato di conservazione, pur manifestando alcuni segni del tempo”. La grande lapide tombale è stata conservata intatta e sarà trasportata a Cracovia, per essere poi collocata in una nuova chiesa da dedicare al beato. La collocazione stabile del corpo del beato Giovanni Paolo II sarà l’altare della cappella di San Sebastiano, in San Pietro, lunedì sera, dopo la chiusura della basilica.

La bara del Beato Giovanni Paolo II esposta in San Pietro per l’omaggio dei fedeli (Foto Sir)

La veglia di preghiera al Circo Massimo

In preghiera, aspettando la beatificazione di papa Wojtyla, domenica mattina in piazza San Pietro. La veglia di ieri sera al Circo Massimo, a Roma, è stata il centro di “un abbraccio mondiale” che ha unito quanti, giovani e meno giovani, hanno vissuto gli anni del pontificato di Giovanni Paolo II o, comunque, hanno incontrato la sua figura. Mentre centinaia di migliaia di persone stanno raggiungendo la “Città eterna”, in oltre cento Paesi è stata trasmessa la veglia di preghiera, che in questo “abbraccio” ha visto partecipi in maniera particolare cinque santuari mariani: il santuario Lagiewniki della Divina Misericordia a Cracovia (Polonia), Notre Dame du Lebanon – Harissa a Beirut (Libano), il Santuario di Kawekamo a Dodoma (Tanzania), Sancta Maria de Guadalupe in Messico e il Santuario di Fatima (Portogallo).

La testimonianza del card. Vallini

“A sei anni dalla pia morte del grande Papa è particolarmente viva nella Chiesa e nel mondo la memoria di lui, per 27 anni vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale. Per l’amato Pontefice sentiamo venerazione, affetto, ammirazione e profonda gratitudine”. Si è aperto con queste parole l’intervento del card. Agostino Vallini, vicario generale del Santo Padre, sabato sera al Circo Massimo di Roma.

Una fede convinta e forte. Della vita di Giovanni Paolo II “raccogliamo anzitutto – ha osservato il porporato – la testimonianza di fede: una fede convinta e forte, libera da paure e compromessi, coerente fino all’ultimo respiro, forgiata dalle prove, dalla fatica e dalla malattia, il cui influsso benefico si è diffuso in tutta la Chiesa, anzi in tutto il mondo; una testimonianza accolta dappertutto, nei suoi viaggi apostolici, da milioni di uomini e donne di tutte le razze e le culture”. Egli, ha aggiunto il cardinale, “è vissuto per Dio, si è consegnato interamente a Lui per servire la Chiesa, come offerta sacrificale”. Suo grande desiderio era “diventare sempre più una cosa sola con Cristo Sacerdote, mediante il sacrificio eucaristico, da cui traeva forza e coraggio per la sua infaticabile azione apostolica”.

Con lo sguardo su Cristo. Secondo il card. Vallini, “in questa fede, vissuta fin nelle più intime fibre, possiamo comprendere il mistero della sofferenza, che lo ha segnato fin da giovane e lo ha purificato come l’oro che viene provato con il fuoco”. Testimone dell’epoca tragica delle grandi ideologie, dei regimi totalitari e del loro tramonto, “Giovanni Paolo II ha colto con anticipo il forte travaglio, segnato da tensioni e contraddizioni, della transizione dell’epoca moderna verso una nuova fase della storia, mostrando costante premura perché la persona umana ne fosse protagonista. Dell’uomo è stato difensore strenuo e credibile presso gli Stati e le istituzioni internazionali, che lo hanno rispettato e gli hanno reso omaggio riconoscendolo messaggero di giustizia e di pace”. Con lo sguardo fisso su Cristo, Redentore dell’uomo, il Papa polacco “ha creduto nell’uomo e gli ha mostrato apertura, fiducia, vicinanza. Ha amato l’uomo e lo ha spinto a sviluppare in se stesso il potenziale di fede per vivere da persona libera e cooperare alla realizzazione di un’umanità più giusta e solidale, come operatore di pace e costruttore di speranza”.

Amore per i giovani. Per il porporato, “la vibrante parola” con cui Giovanni Paolo II “diede inizio al Pontificato: ‘Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! … Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!’, attesta che per lui l’amore di Dio è inseparabile dall’amore per l’uomo e per la sua salvezza”. In questo straordinario slancio di amore per l’umanità, papa Wojtyla “ha amato, di amore premuroso e tenero, tutti i ‘feriti dalla vita’ – come egli chiamava i poveri, i malati, i senza nome, gli esclusi a priori – ma di amore singolarissimo ha amato i giovani. Le convocazioni delle Giornate mondiali della gioventù avevano per lui lo scopo di rendere i giovani protagonisti del loro futuro, diventando costruttori della storia. I giovani – diceva – sono la ricchezza della Chiesa e della società. E li invitava a prepararsi alle grandi scelte, a guardare avanti con fiducia, confidando nelle proprie capacità e seguendo Cristo e il Vangelo”.

Una spinta in avanti. Infine, il card. Vallini ha ricordato “la singolarissima devozione di Giovanni Paolo II alla Madonna. Il motto dello stemma del suo pontificato, Totus tuus, riassume bene la sua vita tutta orientata a Cristo per mezzo di Maria”. “Come il discepolo Giovanni, il ‘discepolo amato’, sotto la Croce, nell’ora della morte del Redentore, accolse Maria nella sua casa, Giovanni Paolo II volle Maria misticamente sempre accanto a sé, facendola partecipe della sua vita e del suo ministero e si sentì da Lei accolto e amato”. “Il ricordo dell’amato Pontefice, profeta di speranza, non deve significare per noi un ritorno al passato, ma facendo tesoro della sua eredità – ha concluso – umana e spirituale, sia una spinta a guardare avanti”.

Testimonianze e preghiera. L’esempio e la spiritualità del Papa beato hanno fatto da filo conduttore della serata, prima con le testimonianze di Joaquin Navarro-Valls, suor Marie Simon-Pierre e il card. Stanislaw Dziwisz, poi con la preghiera del rosario, recitando i misteri della luce, che proprio il papa del “Totus tuus” volle. E la luce, al Circo Massimo, è quella delle fiaccole tenute in mano dagli oltre duecentomila pellegrini durante la preghiera, alternate da bandiere polacche, spagnole, tedesche, ucraine… Lampade accese sono state pure l’omaggio che i giovani delle parrocchie e delle cappellanie diocesane hanno offerto, all’inizio della serata, alla Vergine Maria “Salus populi romani”, subito dopo il video di un’altra veglia romana, quella di Tor Vergata, per la Giornata mondiale della gioventù del 2000, che vide Giovanni Paolo II acclamato dai giovani e lui a ribadire – con un proverbio polacco – che “se tu vivi con i giovani, tu dovrai anche diventare giovane”.

Sì a Dio. Un Papa che “ha sempre detto di sì a Dio in tutta la sua vita”, ha ricordato Joaquin Navarro-Valls, che per ventun’anni gli fu a fianco come direttore della Sala stampa vaticana. “I santi o lo sono anche in vita o non lo saranno mai. La Chiesa non fa e non può fare i santi, può solo riconoscere che la vita di quelle persone era santa”. Della santità di papa Wojtyla Navarro-Valls ha portato ad esempio il suo rapporto con Dio attraverso la confessione e la preghiera. “Giovanni Paolo II – ha sottolineato – è stato un papa che ha riscattato la persona umana dal pessimismo, poiché era convito che tutti avessimo bisogno della misericordia di Dio. Anche lui avvertiva questo bisogno, cercava questa misericordia, e la cercava con la confessione, ogni settimana”. Mentre la preghiera “per lui era un bisogno” e non “un dovere”. “Vederlo pregare era vederlo parlare con Dio”. E nella sua preghiera riversava le preghiere e le richieste d’intercessione del mondo: “Riceveva migliaia di lettere da tutto il mondo” e “nutriva la sua preghiera dei bisogni degli altri”.

Pastore “secondo il cuore di Dio”. La difesa della persona umana, ha aggiunto l’ex portavoce vaticano, era al centro del suo pontificato, con “la forte volontà di conservare il carattere trascendente della persona. Ripeteva spesso: ‘Il rispetto della persona è rispetto di Dio’. Ha fatto capire il vero significato dell’espressione ‘Ti voglio bene’, ovvero ‘voglio per te quello che Dio vuole per te’. Questo è voler bene a una persona e i ragazzi del mondo, da Manila a Toronto, fino a Denver, lo capirono”. Suor Marie Simon-Pierre è colei che da papa Wojtyla ha ricevuto il miracolo riconosciuto per la beatificazione, venendo guarita dal morbo di Parkinson. La religiosa, accomunata al pontefice nella malattia come pure nel suo “operare per la famiglia, la vita e la pace”, ha raccontato la sua vicenda vedendo in Giovanni Paolo II “un pastore secondo il cuore di Dio”, “vicino a tutti, dal più debole al malato, fino al più piccolo della terra”.

Tutti lo chiameranno beato. “Da domani tutti nel mondo, cristiani e non cristiani, lo chiameranno beato”. Il card. Stanislaw Dziwisz, ora arcivescovo di Cracovia, ha trascorso 40 anni a fianco di Karol Wojtyla come suo segretario particolare e ricorda come lui abbia “oltrepassato le frontiere” e sia riuscito a farsi amare, così che se “all’inizio tutti parlavano del ‘papa polacco’, con il tempo sono arrivati a riconoscerlo come il ‘nostro papa’”. Dziwisz ha fatto memoria delle “due volte” in cui “Giovanni Paolo II si è arrabbiato per davvero, ma non contro gli uomini. Ad Agrigento durante la visita in Sicilia contro la mafia”. E poi “all’Angelus prima dell’attacco all’Iraq quando disse ‘ho vissuto la guerra’”, ricordando che “la guerra non risolve” i problemi. Infine il suo segretario ha fatto memoria dell’amicizia tra il pontefice e il presidente della Repubblica italiana Pertini. “Dal loro primo incontro – ha precisato – sì è creata una grande amicizia, rimasta fino alla morte” e nutrita dalla partecipazione del Papa con la preghiera quando Pertini era malato, così come dopo l’attentato al papa il presidente rimase in ospedale fino al suo risveglio dall’intervento chirurgico.

Il messaggio di Benedetto XVI ai polacchiBenedetto XVI, in un breve messaggio ai fedeli polacchi trasmesso dalla tv pubblica nella serata della vigilia della beatificazione di Giovanni Paolo II, ha espresso il suo convincimento che Karol Wojtyla è stato “un vero uomo di Dio”. Condividendo la gioia della Polonia per l’innalzamento all’onore degli altari del suo predecessore, il Santo Padre ha definito la beatificazione “un atto ecclesiale che conferma la mia profonda convinzione la quale – come so bene – è condivisa da innumerevoli moltitudini di fedeli in tutto il mondo: che Giovanni Paolo II è stato un vero uomo di Dio, un fedele e coraggioso seguace di Cristo, docile al soffio dello Spirito Santo, una provvidenziale guida sulla via verso il nuovo millennio”. Benedetto XVI ha fatto appello affinché la Chiesa e tutto il popolo polacco, tanto amati da Giovanni Paolo II, “conservino nei cuori il messaggio di ‘aprire le porte a Cristo’ che con la sua grazia rende più forte la fede, ravviva la speranza e fa ardere l’amore di Dio e degli uomini”. Infine, “nello spirito di gioia pasquale”, il Santo Padre ha affidato tutti i polacchi alla Divina Misericordia, conferendo loro una speciale benedizione. (Sir)

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