Vita Chiesa

SANTA SEDE, ISTRUZIONE SU CAUSE SANTI; CARD. SARAIVA MARTINS, MAGGIOR RIGORE NELLE CANONIZZAZIONI

“Non una nuova legge più rigorosa, ma un più rigoroso adempimento di una legge che già esiste”. Così il card. José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, ha definito l’Istruzione “Sanctorum Mater”, pubblicata dal citato dicastero pontificio e presentata oggi alla stampa. “Un vademecum completo e sistematico, che fornisce orientamenti chiari e precisi per i passi che si devono compiere dall’inizio dell’istruttoria fino all’invio degli atti alla Congregazione delle Cause dei Santi”: questo, in sintesi, il nuovo documento della Santa Sede, che arriva a 25 anni dalla promulgazione da parte di Giovanni Paolo II delle leggi attualmente in vigore e vuole favorire “un’applicazione più accurata delle disposizioni di legge”. Il documento, diviso in sei parti, ha spiegato il cardinale, “descrive minuziosamente tutti gli atti che i vescovi devono seguire per iniziare e portare a termine la fase diocesana del processo di beatificazione”. Nella prima parte, si richiama “la necessità di un’autentica fama di santità per iniziare il processo”; nella seconda e terza parte si descrivono la fase preliminare e la celebrazione della causa; nella quarta e nella quinta le modalità da seguire nella raccolta delle prove documentali e in quelle “testificali”; nella sesta, infine, si indicano le procedure per gli atti conclusivi dell’inchiesta diocesana.

“La verifica seria e severa della fama di santità o di martirio – ha ricordato il cardinale – costituisce un adempimento previo e assolutamente necessario da realizzarsi in diocesi”. “E’ questo – ha puntualizzato – il requisito fondamentale: altrimenti il vescovo non può, nemmeno volendo, iniziare una causa di beatificazione”. In altre parole, “è lacomunità stessa dei fedeli che fa il primo passo di un processo di beatificazione. Il vescovo si limita a verificare il fondamento di quella fama disantità che il popolo già attribuisce ad un determinato servo di Dio”. Altro invito ribadito nella nuova istruzione vaticana, quello a “distinguere bene trasantità e miracolo”. “Il miracolo – ha puntualizzato il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – non ha niente a che fare con la santità:è il sigillo che Dio pone, e che garantisce che quella persona è santa. Solo Diofa i miracoli: il miracolo conferma la santità, non è la santità stessa”. Quantoall’eventuale liceità di un “miracolo morale”, in luogo di un miracolo fisico,Saraiva Martins ha risposto: “Quella del miracolo è un’esigenza attuale: non basta un miracolo morale, si richiede un miracolo fisico. Il miracolo morale èmolto più difficile da definire nei suoi contorni, non ci dà una certezza scientifica”.

Fino ad oggi, ammonta a 577 il numero dei beati e santi nel pontificato di Benedetto XVI: in poco più di due anni e mezzo, sono quasi un terzo di quelli fatti da Giovanni Paolo II in 27 anni di pontificato. A rendere noto il dato ai giornalisti è stato oggi il card. José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. In particolare, “le cerimonie di beatificazione sono quadruplicate o quintuplicate, perché ora si svolgano nelle chiese locali, una per ogni candidato, e non più a Roma con gruppi di beati”. Una “novità”, questa, del pontificato attuale che è stata “bene accolta” Dalle Chiese locali, e che per il cardinale “trasmette ancora di più il senso dell’attualità della santità”, testimoniata anche dalla “presenza di molti più familiari dei beati”. Interrogato sulla “dispensa” di due anni (rispetto ai cinque canonici) per l’avvio della causa di beatificazione, concessa a suor Lucia il 13 febbraio scorso a tre anni dalla morte, Saraiva Martins ha ricordato che “è il terzo caso negli ultimi tempi. La prima è stata Madre Teresa, il 12 dicembre del 2000, il secondo è stato Giovanni Paolo II, il 9 maggio del 2005”. Riguardo a quest’ultimo, il cardinale ha puntualizzato che Benedetto XVI “ lo ha dispensato solo per il tempo necessario per cominciare il processo, ma non dal processo stesso, che deve seguire il normale iter canonico”.

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