Vita Chiesa

SANTA SEDE: NOTIFICAZIONE SULLE «PROPOSIZIONI ERRONEE O PERICOLOSE» NEGLI SCRITTI DI PADRE SOBRINO

“Offrire ai pastori ed ai fedeli un criterio sicuro, radicato nella dottrina della Chiesa, per valutare correttamente questioni assai rilevanti sia sotto il profilo teologico che pastorale”. Questo l’obiettivo della Notificazione sulle opere del padre Jon Sobrino, diffusa oggi dalla Congregazione per la dottrina della fede. La tesi di fondo del gesuita, che richiama le posizioni della “teologia della liberazione”, è quella secondo cui “la Chiesa dei poveri” è “il luogo ecclesiale della cristologia ed offre ad essa l’orientamento fondamentale”. Così dicendo, ammonisce la Santa Sede, “l’autore dimentica che è la fede apostolica, trasmessa dalla Chiesa a tutte le generazioni, l’unico luogo ecclesiale valido per la cristologia e, più in generale, per la teologia”. Padre Sobrino, in questo modo, “tende a diminuire il valore normativo delle affermazioni del Nuovo Testamento e dei grandi Concili della Chiesa antica”, incorrendo in “errori di indole metodologica” che “conducono a conclusioni non conformi con la fede della Chiesa riguardo a punti cruciali, come la divinità di Gesù Cristo, l’Incarnazione del Figlio di Dio, la relazione di Gesù con il Regno di Dio, la sua autocoscienza e il valore salvifico della sua morte”.

Diverse affermazioni” di padre Sobrino, si legge nella Notificazione, “tendono a diminuire la portata dei passi del Nuovo Testamento in cui si afferma che Gesù è Dio”, mentre “la confessione della divinità di Gesù Cristo è un punto assolutamente essenziale della fede della Chiesa fin dalle origini e attestata già nel Nuovo Testamento”. Altro errore del gesuita, per la Santa Sede, la “distinzione tra il Figlio e Gesù, che suggerisce al lettore la presenza di due soggetti in Cristo”, “incompatibile con la fede cattolica”, che afferma invece “l’unità della persona di Gesù Cristo in due nature, divina e umana”. Fra Gesù e il Regno di Dio, sostiene inoltre Sobrino, c’è sì una “relazione speciale”, in quanto ”Gesù è il mediatore definitivo, ultimo ed escatologico del Regno”, ma Gesù e il Regno “vengono distinti in modo tale che il vincolo fra di essi risulta privato del suo contenuto peculiare e della sua singolarità”, e contrasta quindi con la “mediazione unica, singolare, universale ed insuperabile” di Cristo che “sono sempre state affermate nella Chiesa”.

Se Gesù fosse “un credente come noi”, come afferma padre Sobrino, “non potrebbe essere l’autentico rivelatore, colui che ci mostra il volto del Padre”: è una delle obiezioni di fondo contenute nella Notificazione, in cui si fa notare che nella riflessione del gesuita “viene meno di fatto il carattere unico della mediazione e della rivelazione di Gesù, ridotto alla condizione di rivelatore attribuibile ai profeti o ai mistici”. Al contrario, puntualizza la Santa Sede, “sono proprio l’intimità e la conoscenza diretta e immediata che egli ha del Padre a permettergli di rivelare agli uomini il mistero dell’amore divino”.

Alcune affermazioni di Sobrino, inoltre, “inducono a pensare che Gesù non avrebbe attribuito alla propria morte un valore salvifico”, ma semplicemente di “esempio motivante per gli altri”: in questo modo, obietta la Santa Sede, “la redenzione si riduce al moralismo”. “Le affermazioni sulla efficacia della redenzione e della salvezza operate da Cristo – si legge nella Notificazione – non possono ridursi al buon esempio da lui dato. Il mistero dell’Incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è la fonte unica e inesauribile della redenzione dell’umanità, che si rende efficace nella Chiesa mediante i sacramenti”.Sir