Vita Chiesa

STATO VEGETATIVO, NOTA VATICANA: OBBLIGATORIO SOMMINISTRARE CIBO E ACQUA

“La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’inanizione e alla disidratazione”: è la prima delle due risposte fornite dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, nel documento a firma del Prefetto card. William Levada, ad altretatnti quesiti sottoposti alla Santa Sede dalla Conferenza Episcopale Statunitense circa “l’alimentazione e l’idratazione artificiali” (testo integrale). Il primo quesito poneva la domanda se sia “moralmente obbligatoria la somministrazione di cibo e acqua (per vie naturali oppure artificiali) al paziente in ‘stato vegetativo’, a meno che questi alimenti non possano essere assimilati dal corpo del paziente oppure non gli possano essere somministrati senza causare un rilevante disagio fisico”. Il card. Levada aggiunge in calce al documento che è stato lo stesso Pontefice Benedetto XVI ad approvare le risposte, ordinandone la pubblicazione. “Se il nutrimento e l’idratazione vengono forniti per vie artificiali a un paziente in ‘stato vegetativo permanente’, possono essere interrotti quando medici competenti giudicano con certezza morale che il paziente non recupererà mai la coscienza?”: è il secondo quesito sottoposto dalla Conferenza Episcopale Statunitense alla Santa Sede, cui ha risposto – con un documento datato 1 agosto 2007 e reso noto oggi dalla Sala Stampa della Santa Sede – il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. William Levada. Nella risposta a questo secondo quesito si afferma: “No. Un paziente in ‘stato vegetativo permanente’ è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali”.

Nella “Nota di commento” acclusa alle due risposte ufficiali fornite dalla Congregazione per la Dottrina della Fede alla Conferenza Episcopale Statunitense, circa “l’alimentazione e l’idratazione artificiali”, si spiegano i motivi di fondo che hanno indotto l’organismo vaticano ad affermare l’obbligatorietà di tali somministrazioni. “I pazienti in ‘stato vegetativo’ – spiega la Nota – respi­ra­no spon­tanea­mente, dige­riscono naturalmen­te gli ali­menti, svolgono altre funzioni metaboliche, e si trovano in una situazione sta­bile. Non riescono, però, ad alimentarsi da soli. Se non vengono loro somministrati artificialmente il cibo e i li­quidi muoiono, e la causa della loro morte non è una malattia o lo ‘stato vegetativo’, ma unicamente l’inanizione e la disidratazione”. Proseguendo nella spiegazione, la Nota afferma: “D’altra parte la somministrazione artificiale di acqua e cibo generalmente non impone un onere pesante né al paziente né ai parenti. Non comporta costi eccessivi, è alla portata di qualsiasi sistema sanitario di tipo medio, non richiede di per sé il ricovero, ed è proporzionata a raggiungere il suo scopo: impedire che il paziente muoia a causa dell’inanizione e della disidratazione. Non è né intende essere una terapia riso­lu­tiva, ma una cura ordinaria per la conservazione della vita”.

La “Nota” vaticana richiama, tra gli altri, un documento emanato dalla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede il 5 maggio 1980, col titolo “Dichiarazione sull’eutanasia”. In esso si espone la “distinzione tra mezzi propor­zionati e spro­por­zionati, e quella fra trattamenti terapeutici e cure normali dovu­te all’am­malato”, dice la Nota, sottolineandone alcuni passaggi. “Nell’imminenza di una morte inevitabile nonostante i mezzi usati, – diceva il documento del 1980 – è lecito in co­scienza prendere la decisione di rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrom­pere le cure nor­mali dovute all’ammalato in simili casi”. Inoltre – aggiunge il documento odierno richiamando quello del 1980, “meno ancora possono essere interrotte le cure ordinarie per i pazienti che non si trovano di fronte ad una morte imminente, co­me è generalmente il caso di coloro che versano nello ‘stato vegetativo’”, per i quali sa­rebbe proprio l’interru­zione delle cure ordinarie a causare la morte”.

Dopo aver richiamato, con citazioni e riferimenti testuali, documenti e discorsi del Papa Giovanni Paolo II e di organismi vaticani dal 1981 agli anni più recenti, la “Nota di commento” della Congregazione per la Dottrina della Fede prosegue così: “Nell’affermare che la somministrazione di cibo e acqua è moralmente obbli­gatoria in linea di principio, la Congregazione della Dottrina della Fede non esclude che in qualche regione molto isolata o di estrema povertà l’alimentazione e l’idrata­zione artificiali possano non essere fisica­mente possibili, e allora ad impossibilia nemo tenetur, sussistendo però l’obbligo di offrire le cure minimali disponibili e di pro­curarsi, se possibile, i mez­zi necessari per un adeguato sostegno vitale”. Il documento odierno si chiude con il seguente pensiero: “Questi casi eccezionali nulla tolgono però al criterio etico generale, secondo il quale la sommini­stra­zione di acqua e cibo, anche quando avvenisse per vie arti­ficiali, rappresenta sempre un mezzo naturale di conservazione della vita e non un trattamento terapeutico. Il suo uso sarà quindi da considerarsi ordi­nario e proporzionato, anche quando lo ‘stato vegetativo’ si prolun­ghi”.

SirRisposte a quesiti su alimentazione e idratazione artificiale (testo integrale)