Vita Chiesa

Santa Sede-Israele: card. Parolin, Gerusalemme è patrimonio per le fedi e il mondo

«Gerusalemme, città della pace» è «patrimonio comune per tutti i fedeli delle tre grandi religioni monoteistiche e del mondo intero». Lo ha detto il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano,  nel discorso pronunciato ieri, al Tempio Maggiore di Roma, in occasione della commemorazione del 25° anniversario delle relazioni diplomatiche tra lo Stato di Israele e la Santa Sede, durante il quale si è soffermato sulla «natura speciale» di tali relazioni, che emerge proprio dal carattere unico della Terra Santa, così ricca di storia e di fede e così cara al cuore dei credenti, siano essi ebrei, cristiani o musulmani».

«Il nostro impegno religioso e politico favorisca la vocazione della città ad essere un luogo di riconciliazione e di incontro tra le religioni, nonché un simbolo di rispetto e di coabitazione pacifica», l’auspicio del porporato, che ha ricordato come «questo Tempio ha visto negli ultimi decenni la presenza di vari Papi, a partire dalla visita di San Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986, presenza che costituisce il segno visibile della trasformazione del rapporto tra cristiani ed ebrei negli ultimi 50 anni». Poi la citazione delle parole pronunciate da Papa Francesco il 17 gennaio 2016: «Cari fratelli maggiori, dobbiamo davvero essere grati per tutto ciò che è stato possibile realizzare negli ultimi cinquant’anni, perché tra noi sono cresciute e si sono approfondite la comprensione reciproca, la mutua fiducia e l’amicizia».

In questo contesto, per Parolin, «si inserisce anche lo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Israele, con l’apertura, il 15 giugno 1994, delle due Missioni diplomatiche a Tel Aviv e in Vaticano, a seguito dell’Accordo Fondamentale tra la Santa Sede e lo Stato di Israele, firmato il 30 dicembre 1993».

Entrato in vigore il 10 marzo 1994, tale accordo per il cardinale «ha aperto una nuova fase nelle relazioni bilaterali, avviando un significativo cammino di cooperazione», e «si è concretizzato nella firma dell’Accordo sulla personalità giuridica della Chiesa, il cui processo di applicazione è prossimo alla conclusione, ed ha aperto un lungo e delicato processo negoziale in seno alla Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele per addivenire ad un Accordo sulle questioni finanziarie, che ci auguriamo possa presto concludersi». Di qui l’apprezzamento «per l’impegno assunto dallo Stato di Israele di assicurare alla Chiesa cattolica la libertà di svolgere la propria missione e portare il proprio contributo alla società israeliana».

Tra le varie attività della Chiesa, Parolin ha menzionato quella delle scuole cattoliche, che, «attraverso l’educazione ai valori fondamentali, al dialogo e al rispetto reciproco, favoriscono la creazione di una società più giusta e pacifica». «Ci auguriamo che non venga mai meno la coerenza con lo spirito dell’Accordo fondamentale per una rinnovata e proficua collaborazione con la Chiesa cattolica in Israele e che il Paese possa dimostrare con fierezza la viabilità della sua democrazia garantendo a tutti uguali diritti e pari opportunità per la costruzione di un futuro di pace e concordia», l’auspicio.  In questi 25 anni, ha ricordato il segretario di Stato, «si sono svolte importanti visite pontificie in Israele e delle Autorità israeliane in Vaticano, nonché numerose iniziative a favore del dialogo interreligioso», tra cui l’incontro di preghiera con i presidenti israeliano e palestinese, svoltosi l’8 giugno 2014 in Vaticano, in occasione del qual il Santo Padre ha invitato tutti, credenti e non credenti, a dedicare «un minuto per la pace».

«La Santa Sede e lo Stato di Israele sono chiamate ad unire le forze per favorire la libertà religiosa, di culto e di coscienza, quale condizione indispensabile per tutelare la dignità di ogni essere umano, e a lavorare insieme per combattere l’antisemitismo», ha detto il card. Pietro Parolin. «Lungo questi anni, la Santa Sede e lo Stato d’Israele hanno dimostrato una comune responsabilità in tale lotta, impegno ribadito dall’Accordo Fondamentale, che deve proseguire nel combattere ogni forma di intolleranza religiosa e nel promuovere la comprensione reciproca tra le Nazioni, tolleranza tra le comunità e rispetto per la dignità e la vita umana», ha proseguito il cardinale, citando il discorso del Papa ai partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla Responsabilità degli Stati, Istituzioni e individui nella lotta all’antisemitismo e ai crimini connessi all’odio antisemitico, svoltasi in Vaticano il 29 gennaio 2018, in cui il Santo Padre  ha ricordato che «per costruire la nostra storia, che sarà insieme o non sarà, abbiamo bisogno di una memoria comune, viva e fiduciosa, che non rimanga imprigionata nel risentimento ma, pur attraversata dalla notte del dolore, si dischiuda alla speranza di un’alba nuova. La Chiesa desidera tendere la mano. Desidera ricordare e camminare insieme». In questo percorso, come si legge nella dichiarazione conciliare Nostra aetate, la Chiesa, «memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque».