Vita Chiesa

Santa Sede e Convenzione contro tortura: nota di p. Lombardi

«Per mettere a fuoco il significato di questo incontro e la natura del dialogo che vi avrà luogo – specifica padre Lombardi -, occorre anzitutto mettere bene in chiaro che, data la natura di questa Convenzione, la Santa Sede ha aderito alla Convenzione per conto dello Stato della Città del Vaticano (Scv), cosicché la sua responsabilità giuridica per l’applicazione riguarda il territorio e le competenze dello Stato della Città del Vaticano». Naturalmente «la Santa Sede propone anche un insegnamento importante sulle questioni della tortura e dei trattamenti crudeli e inumani, che è di grande importanza per la diffusione dei principi che ispirano la Convenzione e la sua attuazione», ma di per sé «questo va aldilà degli impegni assunti con l’adesione alla Convenzione, in quanto limitata al territorio dello Scv». Alla Convenzione aderiscono i cosiddetti «Stati Parte». Per verificare l’attuazione delle Convenzioni internazionali sono istituiti dei Comitati di esperti indipendenti.

Intanto, ricorda padre Lombardi, la revisione della legislazione penale dello Stato della Città del Vaticano» è stata compiuta con le nuove leggi promulgate l’11 luglio dello scorso anno 2013 ed entrate in vigore il 1° settembre successivo (Leggi n. VIII e IX)», che «rendono effettivamente la legislazione penale e di procedura penale vaticana conforme alla Convenzione». La revisione, spiega il direttore della sala stampa vaticana, «è stata ampia e profonda, così da adeguare la legislazione vaticana – fra l’altro – alle esigenze di diverse Convenzioni internazionali a cui la Santa Sede aveva aderito nel corso degli anni: non solo contro la tortura, ma anche contro la criminalità nel campo economico e finanziario, contro la discriminazione razziale e per i diritti del fanciullo. Il progresso di adeguamento alle esigenze della Convenzione compiuto nel campo normativo è quindi molto rilevante». Allo stesso tempo, «nel corso del dialogo con gli Stati Parte, non è raro che i Comitati pongano domande che derivano da questioni non strettamente vincolate al testo della Convenzione, ma collegate ad esso indirettamente o in base a un’interpretazione estensiva di esso. Ciò è avvenuto ad esempio nel mese di gennaio scorso in occasione del dialogo con il Comitato per la Convenzione sui diritti del fanciullo».

«A ciò contribuisce spesso – chiarisce padre Lombardi – la pressione esercitata sui Comitati e sull’opinione pubblica da Ong fortemente caratterizzate e orientate ideologicamente per inserire anche nella discussione sulla tortura la questione degli abusi sessuali su minori, attinente invece piuttosto alla Convenzione sui diritti del fanciullo. Quanto ciò sia strumentale e forzato, appare evidente a chiunque non sia prevenuto». È anche «opportuno osservare che gli esperti che fanno parte dei Comitati sono perlopiù persone impegnate con grande decisione e merito per le cause della promozione dei diritti, di cui tendono perciò ad allargare gli spazi e le forme di difesa. Ma ciò va necessariamente bilanciato con le corrette regole della interpretazione giuridica, in modo che il dibattito, in un mondo pluralistico, multiculturale e internazionale, si svolga sempre in modo costruttivo, favorendo la crescita del consenso della comunità internazionale per la tutela effettiva di valori essenziali per la dignità delle persone». Di qui l’auspicio «di poter svolgere un dialogo sereno e obiettivo, pertinente al testo delle Convenzioni e alle loro finalità. Altrimenti le Convenzioni vengono snaturate e i Comitati rischiano di perdere autorevolezza e scadere a strumenti di pressione ideologica invece di essere il necessario stimolo verso l’auspicato progresso nella promozione del rispetto dei diritti delle persone umane».