Vita Chiesa

Scout, dal Valdarno in Terra Santa alla sorgente della vita cristiana

Don Gabriele che percorso avete fatto e chi avete incontrato?

«Siamo partiti il 28 dicembre ed abbiamo visitato per primi Nazareth e il Monte Tabor; poi il lago di Tiberiade con il giro in battello, Cafarnao, Tabga. Il 31 dicembre il rinnovo delle promesse del Battesimo sul fiume Giordano, quindi la camminata nel deserto di Wadi Kelt, dove abbiamo celebrato la messa; poi il passaggio dal monastero di San Giorgio a Kozziba fino alla città di Gerico. Qui abbiamo incontrato un gruppo scout di Gerico con i quali ci siamo scambiati il saluto internazionale della fratellanza scout. I primi due giorni dell’anno li abbiamo passati a Gerusalemme dove abbiamo assistito alla S.Messa della pace officiata dal patriarca cristiano Pierbattista Pizzaballa, che poi ci ha ricevuto in un incontro nel pomeriggio. Come guida abbiamo avuto suor Valentina Sala, che nei suoi primi anni da religiosa ha vissuto a Fiesole e che ora vive da circa 9 anni a Gerusalemme est dove svolge l’attività di ostetrica all’ospedale St. Joseph. L’ultimo giorno a Betlemme abbiamo visitato la casa di accoglienza per bimbi disabili Hogar Nino Deos; c’è stato tempo anche per una visita alla nuova sede dell’Associazione Pro Terra Sancta di Vincenzo Bellomo (onlus specializzata in progetti di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale locale che offre opportunità di sviluppo sostenibile, anche attraverso progetti in ambito educativo e sociale e a supporto di emergenze umanitarie – n.d.r.)».

Che impressioni hanno riportato da questo pellegrinaggio i ragazzi?

«Credo che per loro sia stata una esperienza intensa e profonda. Un percorso che abbiamo voluto soprannominare “alla sorgente della vita cristiana” e che ci ha consentito di ripercorrere cronologicamente la vita di Gesù, dalla nascita alla vita pubblica. E per sottolineare questo, abbiamo fatto la scelta di accompagnare ogni visita con delle letture dal Vangelo che ognuno ha potuto approfondire e interiorizzare, per meglio riflettere sull’importanza di quanto è accaduto nei luoghi visitati e che ci ha aiutato a vivere in modo più profondo il pellegrinaggio; abbiamo lasciato per ultima Betlemme solo per motivi logistici».

Qual’è l’esperienza quotidiana della comunità cristiana a Gerusalemme?

«Attraverso l’incontro con il patriarca latino di Gerusalemme Pizzaballa, abbiamo compreso meglio la realtà dei cristiani palestinesi che vivono in quei luoghi e le difficoltà che vivono tutti i giorni a causa dell’annoso conflitto arabo-palestinese. Putroppo la comunità cristiana è sempre più esigua perché tra i laici, chi può, appena possibile se ne va. Il patriarca ci ha spiegato che comunque la presenza della comunità cristiana in terra santa è importante e che la fede è viva».

Don Simone quanto è importante per chi ha fede un viaggio in Terra Santa?

«I ragazzi erano consapevoli che non si trattava di turismo, ma di un percorso che ha accompagnato un gruppo di cristiani veri con la voglia di incontrare il Signore, nei luoghi dove è nato e vissuto. Avevano molta curiosità di visitarli dopo aver ascoltato le pagine del Vangelo; sono state giornate intense, cariche di significati. Tuttavia per chi arriva per la prima volta, lo stupore è quello di vedere luoghi sacri in cui ci si aspetterebbe silenzio e raccoglimento, che invece sono estremamente affollati (in particolare in questo periodo di ripresa dei pellegrinaggi dopo l’emergenza pandemica) e dove non sempre è possibile immergersi nella propria spiritualità. Del resto Gerusalemme è il centro delle tre religioni monoteiste e si trova in un territorio in cui il conflitto arabo-palestinese è quotidianamente presente; è un luogo sacro per varie confessioni cristiane e vi si incrociano religiosità diverse. Attraverso il colloquio con il patriarca di Gerusalemme – che ha mostrato grande disponibilità a rispondere a tutte le nostre domande – abbiamo capito quanto possa essere complessa la convivenza tra le varie religioni presenti nel luogo. Ma egli stesso non vive questo come un handicap, ma come parte della normalità: quella cristiana è una minoranza religiosa ma è ancora una comunità viva e molto forte dal punto di vista spirituale. Secondo il suo parere, la mancanza di una leadership forte dal lato palestinese impedisce di arrivare ad un dialogo serio per instaurare la pace. Sicuramente i ragazzi si sono fatti una idea più chiara di cosa succede in quei luoghi; a noi arriva una narrazione molto frammentaria attraverso i media e la politica, che spesso è schierata dalla parte israeliana».