Vita Chiesa

Settimana sociale: Becchetti, 400 «buone pratiche». Ma servono anche politiche

Raccontando lo svolgersi del progetto dei «Cercatori di lavOro» che ha portato all’individuazione di oltre 400 esperienze positive in tutta Italia, Becchetti ha sottolineato come questa ricerca sia una «rivoluzione permanente di metodo». Ricordando che «la ricchezza di senso nella vita dipende dalla generatività», l’economista ha evidenziato che l’obiettivo è costruire una «società generativa» con «imprese che non sono solo massimizzatrici di profitto ma creatrici di impatto». «C’è già – ha osservato – una nuova generazione di imprenditori che hanno una grande ambizione: quella dell’impatto oltre al profitto».

«Noi economisti dopo il Pil e il Bes oggi arriviamo al bene comune, la più bella definizione di benessere che ci sia». Nella ricerca delle «buone pratiche» sono stati impegnati 213 giovani in 82 diocesi. Un risultato è stato quello di «cambiare le narrative avvilenti che oggi dominano». Anche se – ha riconosciuto Becchetti – «bisogna imparare a sbagliare» e per questo «sarebbe interessante un libro sui fallimenti».

Le caratteristiche individuate nelle 400 «buone pratiche sono l’originalità, la riproducibilità e l’avere risultati documentati nel tempo. Ne è emerso uno spaccato che va dalla manifattura al socio-sanitario passando da realtà al servizio delle imprese artigiane, consorzi virtuosi, cooperative culturali, innovatori enogastronomici, botteghe formative, i worker buy out, rigenerazione urbana, oratori come laboratori di competenze, orti urbani, incubatori con mentoring, economia della legalità, finanza e banca etica. «Le imprese generative – ha sottolineato l’economista – devono stare sul mercato, devono avere capacità generativa interna ed esterna» altrimenti si va incontro al «fallimento virtuoso» con la «sconfitta dei buoni» o al «successo vizioso».

«Non bastano le buone pratiche, servono policy», ha però proseguito l’economista i tavoli di lavoro sulle buone pratiche. E uno dei frutti di questi giorni saranno proprio proposte per l’Italia e l’Europa. Becchetti ne ha anticipata qualcuna, parlando per esempio delle politiche fiscali comunitarie. «Chiederemo che la Bce guardi al lavoro mettendo l’occupazione al centro» ma anche una «lotta ai paradisi fiscali europei» perché «venga redistribuita la ricchezza per diventare potere d’acquisto». In Italia servono «politiche intelligenti di investimenti» oltre che l’impegno per «rimuovere lacci e lacciuoli». Gli ostacoli sono la giustizia civile, la burocrazia e una poca attenzione alle piccole e medie imprese. Ma «il Paese si fonda sulle Pmi ma queste sono sottorappresentate. Per questo una delle nostre proposte sarà sull’accesso alle fonti di finanziamento per le piccole imprese».

Becchetti ha poi denunciato che «lo Stato non può utilizzare la legge del massimo ribasso, contraria ai suoi stessi obiettivi che sono quelli del bene comune. E invece ancora il 60% degli appalti sono al massimo ribasso». E poi «bisogna cambiare l’Iva», introducendo un’«Iva differenziata che premi le filiere sostenibili ad alta dignità del lavoro». C’è inoltre necessità di «reti di protezione universale» così come «sulla cultura possiamo costruire davvero tantissimo». «Il percorso non si ferma qui – ha concluso Becchetti – il lavoro continuerà» alimentando «un patrimonio che mettiamo a disposizione del Paese». Proprio sul patrimonio delle «buone pratiche», sulla capacità di valorizzarlo e incrementarlo e sulle richieste da fare ai vertici politici di Italia e Europa che saranno nei prossimi giorni a Cagliari, si stanno confrontando i delegati nei tavoli di lavoro allestiti nella Fiera internazionale della Sardegna.