Vita Chiesa

Settimana sociale, card. Bagnasco: Il contributo di umanizzazione della fede

Citando la psichiatra Catherine Ternynck, il cardinale ha analizzato cosa sta accadendo «alla nostra generazione, soggetta a sempre più frequenti crisi depressive e a inedite forme di disagio sociale». È il «suolo umano», la tesi del presidente della Cei, che «si è impoverito, si è svuotato del suo humus di relazioni, legami, responsabilità e così è divenuto friabile e inconsistente. Al punto che l’uomo stesso, su questo terreno incerto, finisce per diventare di sabbia». L’uomo di oggi, in altre parole è un uomo «dalla testa pesante», che «fatica a portare avanti la sua vita, dubita del tragitto e del senso, chiedendo al contempo riconoscimento e rassicurazione. È schiacciato dall’urgenza di farsi da sé in una competizione continua, e nello stesso tempo scopre che gli manca la terra sotto i piedi».

Il sogno dell’individualismo. «Il grande sogno dell’individualismo, che ha segnato di sé l’uomo moderno, non ha tenuto». «Ascoltare l’uomo e la donna di oggi, senza pregiudizi o filtri ideologici, ma assecondando la vocazione della Chiesa che ha come suo primo compito quello di ascoltare Dio e inseparabilmente il mondo, soprattutto le sue differenze, disagi e fatiche, le sue paure». È questo, in sintesi, il contributo di «umanizzazione» che la Chiesa offre all’uomo di oggi. A partire proprio dalla famiglia, perché «tra i luoghi deteriorati dall’individualismo, laddove sono custodite le fondamenta dell’umanità, c’è la famiglia, ancor prima del sociale e del politico». «È diventato perfino uno slogan dire che essa è in crisi», ha affermato il cardinale, e certo «indicatori severi non mancano al riguardo», ma la famiglia è «pure l’antidoto alla stesa crisi, l’unica alternativa praticabile a un’esasperazione dell’individuo, la cui pesantezza è diventata insostenibile sotto l’imperativo di un’autonomia rivelatasi ben presto ingenua e cinica alo stesso tempo». Proprio interrogandosi sulla famiglia, la Settimana Sociale vuole essere «un servizio al dibattito culturale in corso nel nostro Paese, un confronto serio e rigoroso, aperto al contributo di tutti gli uomini pensosi, capaci di lasciarsi interrogare dalla famiglia che non è un’invenzione stagionale, e come tale soggetta a cicliche ridefinizioni».

Una risorsa e non un ostacolo alla modernizzazione. «La roccia della differenza è fondamentale per ritessere l’umano che rischia diversamente di essere polverizzato in un indistinto egualitarismo che cancella la differenza sessuale e quella generazionale, eliminando così la possibilità di essere padre e madre, figlio e figlia». È il forte ammonimento del cardinale Bagnasco, che nella sua prolusione ha spiegato come la riflessione della Settimana Sociale cercherà anzitutto di «mettere a fuoco un elemento specifico del familiare nella relazione tra generi diversi e tra diverse generazioni», per trarne poi le «conseguenze che sul piano sociale ed economico debbono essere tratte al più presto, perché la famiglia non resti imbrigliata in immagini stereotipate o in utopiche fughe in avanti». «La famiglia è una risorsa e non un ostacolo alla modernizzazione, anzi la speranza e dunque il futuro», è la prospettiva adottata a Torino, che esorta a chiedersi: «Che mondo lasceremo ai nostri figli?»; ma una più inquietante: «A quali figli lasceremo il mondo?».

Chi ha paura della differenza? «La differenza dei sessi e la differenza delle generazioni costituiscono la travatura di ogni essere umano, l’espressione visibile e certa del suo essere relazione, due orientamenti fondamentali che non possono essere confusi senza che ne segua una disorganizzazione globale della persona e della società», ha ammonito il presidente della Cei, che si è chiesto: «Chi ha paura della differenza?». Il riferimento è alla «gender theory», nata negli anni Settanta, grazie alla quale «la categoria di genere è diventata sempre più autonoma rispetto alla categoria di sesso biologico, fino a separarsi e a contrapporsi rivendicando un’autonomia assoluta, dichiarando la fine del dato naturale e instaurando il primato del culturale, della cifra ‘storica’, della preferenza soggettiva, individuale». Un «capovolgimento», questo, che ha travolto anche l’idea stessa di persona: «Questa prospettiva fortemente reattiva alla tradizione e insofferente a qualunque vincolo per l’espansione illimitata dell’io, presenta gli stessi limiti dell’individualismo assoluto», la denuncia del presidente della Cei, «ma, ancor più gravemente, sta facendo emergere il carico di violenza che la prospettiva autoreferenziale, insofferente ai legami, porta con sé, come i drammatici casi di cronaca sempre più numerosi testimoniano».

Le differenze tra generazioni. “Il secondo processo che ha gradualmente segnato l’esperienza della famiglia è l’oscuramento della differenza tra le generazioni e, quando in un ambiente non vi è luce, o ci si allontana o ci si scontra”. Lo ha detto il cardinale Bagnasco, secondo il quale “tale messa tra parentesi oggi porta a una sorta di ‘segregazione generazionale’, per cui sembra che tra adulti e giovani sia diventato impossibile parlarsi e ancora prima ascoltarsi”. Colpiti da “una forma di reciproco autismo e indifferenza – l’analisi del cardinale – diventa sempre più difficile pensare a un’origine comune, ciascuno tendendo a vivere il suo segmento di presente come se fosse l’unica cosa che conta, l’unica certezza”. In particolare, “il fatto di nascere da qualcuno appare – ancor più che la censura della morte – l’autentica rimozione della nostra epoca”. Quella che manca, in altre parole, “è la percezione del pro-venire da altro e di non essere autosufficienti, auto-fondanti. Significativamente, nel processo di secolarizzazione, l’essere umano pretende di trasferire su se stesso gli attributi di Dio, dimenticando però il più importante: l’essere di Dio è esserci per gli altri, è generare, è Amore”.

Di qui l’attualità dell’invito lanciato da Papa Francesco durante la Gmg di Rio, a “ristabilire il dialogo tra giovani e anziani, che sono i due estremi della società che rischiano di essere scartati”. All’interno della famiglia, invece, “non di rado” gli anziani sono trattati “come un peso, anziché essere considerati il più grande bagaglio di conoscenze e di saggezza”, mentre sul piano sociale “sono visti non di rado come una spesa magari da contenere o ridurre con provvedimenti disumani seppure mascherati come libertà individuale e pietà sociale”. A loro volta gli anziani, “almeno quelli attivi, rischiamo di assimilare una mentalità individualistica, e faticano a fare spazio ai giovani, oppure si ripiegano sulla dimensione privata del consumo, mentre potrebbero ancora mettere a disposizione energie e competenze per il bene comune”. “Un certo livellamento tra le generazioni è un problema”, ha ammonito il cardinale, secondo il quale “riannodare i fili del dialogo intergenerazionale è più che mai necessario”, e la famiglia “è una preziosa custode delle differenze e della fecondità della loro relazione, della loro alleanza”.

La famiglia ha tenuto. “Se pensiamo alla nostra famiglia, sentiamo – in un modo o nell’altro – un’onda di calore”. Il cardinale Bagnasco ha usato accenti personali per rievocare il vissuto delle famiglie italiane. “Questo benefico calore – le sue parole – cresce quanto più andiamo avanti negli anni, anche quando i nostri genitori sono già in cielo. Forse, anche nelle nostre famiglie ci sono state difficoltà e prove: non sempre tutto è ideale, né dei caratteri né degli affetti. Ciò nonostante, la famiglia ha tenuto duro, ha retto alle inevitabili stanchezze, ad altri e bassi. E noi, figli di ieri e di oggi, abbiamo intuito che su quella realtà, su quel piccolo nucleo, potevamo contare. Sentivamo che, in mezzo alle durezze dell’esistenza, c’era una zona franca. Sentivamo che, dentro a quel grembo, i genitori avevano fiducia in noi, nonostante i nostri limiti, errori, insuccessi o paure”. “Non era – ha proseguito il cardinale con il suo ritratto di famiglia – un nido dove fuggire dal mondo concreto, un mondo virtuale dove ci veniva risparmiata la parola severa, le regole. Al contrario! Era un luogo dove si faceva verità su di noi in modo saggio, dove si dava un nome giusto alle cose”. “Le istituzioni devono dare spazio alla famiglia e alle associazioni familiari”, che vanno “sostenute”, ha aggiunto a braccio.

No al divorzio breve. “Esistono tendenze che mirano a cambiare il volto della famiglia, rendendola un soggetto plurimo e mobile, senza il sigillo oggettivo del matrimonio”. È la denuncia del cardinale Bagnasco, che ha fatto notare, tra l’altro, che “rendendo sempre più brevi i tempi del divorzio, lo Stato non favorisce un’ulteriore ponderazione su lacerazioni che lasceranno per sempre il segno, specie sui figli anche adulti”. “Ci chiediamo”, ha detto il presidente della Cei: “I figli non hanno forse diritto a qualunque sacrificio pur di tenere salda e stabile la coppia e la famiglia? Indebolire la famiglia significa indebolire la persona e la società”. “Purtroppo – ha aggiunto – alcuni fanno esperienza della lacerazione della vita matrimoniale: allora restano ferite gravi e dolori che lasciano il segno in tutti, in special modo nei figli”. A questo proposito, il presidente della Cei ha espresso “stima e vicinanza a quanti vivono in prima persona queste traumatiche lacerazioni e per le conseguenze che ne derivano. Ad essi – la proposta – vanno riservati una cordiale attenzione e un particolare accompagnamento, perché si sentano sempre parte attiva della comunità cristiana e ne sperimentino il sincero affetto”.