Vita Chiesa

«Si è fatto tutto a tutti». Funerali di mons. Simoni, le parole del vescovo Nerbini e del sindaco Biffoni

Questa mattina nella cattedrale di Santo Stefano si sono celebrati i funerali del vescovo emerito, morto domenica 28 agosto all’età di 85 anni. Tantissimi i fedeli presenti in chiesa, a testimonianza di quanto fosse amato colui che è stato Pastore della diocesi dal 1992 al 2012.

«Era capace di fermarsi per strada per salutare ed ascoltare le persone fino a perdere la cognizione del tempo – ha detto nell’omelia monsignor Nerbini ricordando la figura di mons. Simoni – riempiva l’agenda fino all’inverosimile per non rifiutare una udienza a nessuno; dava generosamente a tutti senza stare troppo a guardare l’effettivo bisogno considerando che era proferibile essere raggirati piuttosto che respingere un povero vero; era infine capace, di notte di telefonare a qualcuno per farsi accompagnare dove avrebbero potuto rifugiarsi i senza tetto, magari sotto un ponte, perché nessuno rimanesse senza un aiuto ed un sostegno. Aveva a cuore allo stesso modo vicini e lontani».

Le esequie sono state presiedute dal vescovo Giovanni Nerbini e concelebrate da molti vescovi toscani: il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, il vescovo emerito di Prato Franco Agostinelli, il vescovo di Fiesole Stefano Manetti, il vescovo di Pistoia Fausto Tardelli, il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro Riccardo Fontana, il vescovo di Pescia Roberto Filippini, l’emerito di Fiesole Mario Meini e l’emerito di Grosseto Rodolfo Cetoloni. Presenti anche il cardinale albanese Ernest Simoni e l’abate di Monte Oliveto Maggiore Diego Gualtiero Rosa. Hanno concelebrato circa cento sacerdoti del clero diocesano di Prato, Fiesole e Pistoia e molti, fra i pratesi, sono stati ordinati proprio da monsignor Simoni nel corso del suo lungo episcopato.

Presenti nelle prime file le autorità cittadine, con il sindaco di Prato Matteo Biffoni e i sindaci che sono stati in carica durante l’episcopato di mons. Simoni. Mentre i familiari del vescovo Gastone, con le sorelle Gabriella e Maria, erano seduti nelle panche sistemate sul presbiterio. Sopra il feretro c’erano una Bibbia e una Mitria, il copricapo dei vescovi.

«L’amore e l’affetto di una comunità intera per il vescovo Gastone è facilmente raccontabile guardando alla grande partecipazione di questa mattina, alla tantissime visite fatte ieri alla salma in San Domenico e alle decine di messaggi di cordoglio che sono giunti anche in Comune per la sua scomparsa – ha detto il sindaco Matteo Biffoni prendendo la parola al termine della celebrazione -, posso dire che il vescovo Gastone con autorevolezza e forza ha avuto una grande capacità di stimolo per la città intera. E non si è limitato solo a sollecitare la politica e le istituzioni a prendersi cura del lavoro, dell’accoglienza delle persone che venivano qui a lavorare, ha fatto proposte, lanciato idee, creato relazioni. In questo è stato pratese, pratesissimo a tutti gli effetti.

Quando è arrivato, nel 1992, Prato viaggiava come una locomotiva, poi quella locomotiva si è inceppata, abbiamo vissuto due crisi molto difficili che hanno smontato le nostre certezze. Il vescovo Gastone è stato il primo a chiedere e a fare fronte comune per uscire dalle difficoltà. In questo è stato un punto di riferimento per tutti noi. Sua è stata poi l’intuizione di dedicare un premio, lo Stefanino, a chi si impegna per il lavoro degno.

Come sindaco lo ringrazio perché ha sempre chiesto di alzare il livello della qualità della nostra proposta. Gli sono infinitamente grato per il suo importante magistero».

In duomo c’erano rappresentanti delle associazioni, dei movimenti e dei gruppi di ispirazione cattolica. I confratelli e le consorelle della Misericordia sono arrivati in Brigata, come si conviene alla morte di un Capo Guardia, titolo ricevuto da monsignor Simoni nel 2002.

Nell’omelia monsignor Nerbini, di origine fiesolana come monsignor Simoni, ha ricordato «quando da Vicario della diocesi di Fiesole, ogni domenica mattina don Gastone partiva con la sua 126 bianca per andare a celebrare le S. Messe nelle piccole parrocchie del Casentino. Comunità a volte ridotte nel numero, davvero esigue. Ma assolveva questo compito con lo stesso impegno che avrebbe profuso per una grande celebrazione in cattedrale».

Il vescovo Nerbini ha sottolineato come mons. Simoni non avesse mai aspirato all’episcopato ma che poi, quando fu chiamato a svolgere questo difficile e impegnativo compito «l’impegno pastorale lo aveva avvinto e trasformato rapidamente. L’amore che aveva nutrito da subito per questa Chiesa e questa città, il fortissimo senso di responsabilità che avvertiva per le persone e le realtà che gli erano state affidate, avevano risvegliato in lui, uomo così misurato e controllato in ogni manifestazione, una passione inusuale ed un sorriso insolito. Credo di poter dire che se lui ha cambiato in maniera significativa il volto di questa Chiesa, questa chiesa di Prato ha cambiato e non poco lui, il suo modo di essere, di presentarsi. Non lo avevo mai visto prima abbracciare con trasporto e vero affetto fraterno persone come gli è capitato di fare in seguito. Non era stato tutto facile né lineare, non gli erano mancate prove, incomprensioni, sofferenze, croci, ma evidentemente riusciva ad esprimere una vitalità nascosta trovando in se stesso registri e risorse fino a quel momento non percepite, attitudini e slanci sconosciuti ai più».

Infine un riferimento alla sua «grande intelligenza» e alla sua «vasta cultura», dedicate in maniera incessante alla ricerca del bene comune «nello Stato come nella società, così come la Chiesa era andata indicando attraverso la ricca ed inesauribile formulazione della “dottrina sociale”. Proprio per queste sue caratteristiche – ha affermato mons. Nerbini – aveva fatto parte delle commissione della Conferenza Episcopale italiana per la cultura e le comunicazioni e per i problemi sociali ed il lavoro, la giustizia e la pace. Questa dottrina aveva insegnato e divulgato esprimendo una considerazione altissima della politica ed una stima per quanti pur con errori, e deficienze ad essa si dedicavano».

Il vescovo Giovanni ha poi ricordato uno dei suoi più grandi crucci: il non rassegnarsi davanti a quella che lui chiamava «l’insignificanza dei cattolici in politica» e per questo «fino agli ultimi giorni aveva coltivato apertamente, tenacemente il sogno della costituzione di un raggruppamento che occupasse uno spazio rimasto vuoto e desse voce e forza ad un progetto politico nuovo capace di accogliere le tante importanti sfide che il presente poneva e pone a tutti noi. Lo scopo di questo progetto era quello di ridare vita e forza proprio a quella dottrina sociale della Chiesa così viva e così lucidamente attenta alle tantissime crisi aperte nel mondo ma soprattutto così puntuale nell’indicazione di percorsi veramente innovativi di giustizia per tutti i popoli, di solidarietà e di pace. Chi lo ha frequentato sa quanto fosse lontana da lui ogni tentazione integralista e quanto invece amasse il dialogo sincero con tutti, proprio perché si sentiva debitore di quella straordinaria stagione della costituente fatta di dialogo e confronto che aveva dato al paese frutti ineguagliati».

Alla fine della celebrazione il vicario generale della diocesi di Prato mons. Daniele Scaccini ha dato lettura del messaggio di cordoglio inviato dalla Santa Sede per conto di papa Francesco, scritto dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. «Il Papa – è scritto nella lettera – ricorda il solerte servizio alla Chiesa di un Pastore particolarmente attento alle esigenze sociali»