Vita Chiesa

Sinodo 2018: mons. Barahona, «speriamo che apra di più le porte alle donne»

Rispondendo alle domande dei giornalisti su questo tema, il vescovo di Colón-Kuna Yala ha fatto notare che il Sinodo è l’avvio di un processo, e che la situazione femminile «ha contesto molti diversi» nei vari Continenti. «Non possiamo trascurare il tema della partecipazione delle donne», che trova spazio anche nel Documento preparatorio, l’auspicio: «In molti Paesi non c’è parità tra uomo e donna, per esempio a parità di salari la donna guadagna di meno. In altri contesti non c’è neanche la possibilità per le donne ad accedere all’educazione». «C’è ancora molta strada da fare per promuovere l’accesso delle donne alla società civile» la tesi del presule: «Lo dobbiamo fare anche a livello della Chiesa, è importante farlo», l’augurio, «dando loro accesso negli spazi dove vengono prese le decisioni importanti per la loro vita». A livello pastorale, per Barahona, bisogna «superare il clericalismo», a causa del quale «non sempre i sacerdoti accettano l’intervento di una donna». In America Latina, ad esempio, «essere donna e di razza nera rende le cose ancora più complicate. La condizione della donna è un ostacolo per l’inserimento nella società».

«Ci vergogniamo talmente di cosa è successo in quel capitolo della vita della nostra Chiesa. Non soltanto per coloro che li hanno compiuti, ma anche perché i leader ecclesiali hanno reagito così male». Così mons. Anthony Colin Fisher, arcivescovo di Sydney e padre sinodale eletto dalla Conferenza episcopale d’Australia, ha affrontato il tema degli abusi da parte di esponenti della Chiesa australiana, durante il briefing di oggi in sala stampa vaticana. «I giovani sono stati feriti così profondamente», il «mea culpa» di Fisher, che ha voluto chiedere perdono ai giovani in maniera personale, tramite una lettera indirizzata alle vittime. «Tanti Paesi si sono trovati ad affrontare la crisi degli abusi negli ultimi anni», ha ricordato il presule a proposito dello scandalo della pedofilia che ha travolto la comunità ecclesiale mondiale: «Ci sono tanti giovani feriti, o persone adulte ferite quando erano giovani. La Chiesa deve parlare direttamente ‘ai’ giovani che sono stati abusati, e non ‘di’ loro, come se fossero numeri: sono persone, dobbiamo dire loro quanto ci dispiace e della volontà di andare avanti, dopo aver chiesto perdono». «Credo sia un pensiero largamente condiviso tra i vescovi», ha proseguito Fisher: «I laici nella Chiesa vogliono sentire questo». «Ci vergogniamo di quello che è successo», ha ripetuto il vescovo australiano: «La Chiesa deve essere il posto più sicuro al mondo per i giovani».

«C’è stato anche il sesso», e in particolare «la castità prematrimoniale e l’astinenza», nel dibattito in corso al Sinodo, ha riferito Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, durante il briefing di oggi, relativo alla terza Congregazione generale di ieri pomeriggio e alla quarta Congregazione generale di stamattina. Durante gli interventi liberi di ieri, ha riferito Ruffini, è intervenuto – tra gli altri – anche Papa Francesco. La questione dei rapporti prematrimoniali, ha spiegato Ruffini, è stata avanzata negli interventi al Sinodo «come qualcosa che rischia di far sposare i giovani prima di una maturazione consapevole del matrimonio, oppure come la causa dell’allontanamento dal sacramento o dalla Chiesa di coppie che sentono di non riuscire a vivere una vita di coppia senza avere rapporti intimi». Interpellato dai giornalisti sull’eventuale richiesta, da parte dei padri sinodali, di modificare il divieto di rapporti prematrimoniali previsto dalla dottrina della Chiesa, Ruffini ha precisato che non c’è stata alcuna richiesta in tal senso: «Si tratta di un problema a cui può trovarsi di fronte un confessore», da parte di «alcuni ragazzi che, non trovando ascolto, possono arrivare ad allontanarsi per qualche periodo o addirittura ad andarsene definitivamente dalla Chiesa».

Tra gli interventi di ieri e di questa mattina, ha poi riferito il prefetto, hanno trovato spazio anche «la questione del gender» e del rischio dell’assenza della figura del padre e della madre, «che sono quelli che trasmettono la fede». Ad una domanda sul motivo per cui l’espressione «Lgbt» compaia nell’Instrumentum laboris, Ruffini ha risposto che «nelle Congregazioni generali non se ne è parlato, se non in un intervento sul perché sia stato inserito questo tema». Il motivo, ha spiegato il prefetto, è che «tale espressione è stata utilizzata in alcuni contributi delle Conferenze episcopali giunti alla Segreteria generale, ed anche in alcuni osservazioni generali. Per questo è stata inserita nell’Instrumentum laboris». Tra le proposte, ha concluso il prefetto, anche quella d’istituire un Pontificio Consiglio per i giovani, sulla scia del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita.