Vita Chiesa

Sinodo: «Il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa»

Già nel cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi da parte di Paolo VI il papa aveva affermato che «proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio» (Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi del 17 ottobre 2015). Il processo sinodale sarà un lungo percorso che avrà un momento importante nella XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi nell’ottobre del 2023, ma che poi dovrà proseguire nella fase attuativa che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari.Questo passaggio così fondamentale del pontificato di papa Francesco si inserisce in modo molto significativo nel solco dell’insegnamento del Papa come si è caratterizzato fin dai suoi primi passi. Il Papa fin da Evangelii Gaudium infatti aveva affermato la superiorità del tempo sullo spazio, insistendo sul fatto che «dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi». In questa prospettiva è significativo che si parli di un «processo sinodale» e non di un sinodo. Il cammino sinodale che iniziamo avrà la forza che il Papa desidera se sarà effettivamente un processo che inizia, capace di «trasfigurare» nel tempo il volto della Chiesa sul «piano dello stile con cui la Chiesa vive e opera ordinariamente», sul «piano delle strutture e dei processi ecclesiali», sul «piano dei processi ed eventi sinodali», come recita il Documento preparatorio al Sinodo.le parole chiaveSe volessimo delineare alcune «parole chiave» che caratterizzano il processo sinodale, inteso come quel «camminare insieme che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo», potremmo individuare almeno tre termini, che insistentemente ritornano nel Documento preparatorio.La prima parola del vocabolario sinodale è «ascolto». Innanzitutto si tratta di ascoltare la voce dello Spirito «rimanendo aperti alle sorprese che certamente predisporrà per noi lungo il cammino». Il primo volto dell’ascolto è un atto di fede nella presenza dello Spirito che guida con creatività la vita della Chiesa. È la sconfitta di ogni forma di smarrimento, di rassegnazione e di disfattismo. La seconda immagine biblica che il Documento preparatorio propone – «l’esperienza dello Spirito in cui Pietro e la comunità primitiva riconosce il rischio di porre dei limiti ingiustificati alla condivisione della fede» – è particolarmente significativa per questo aspetto.Il secondo ambito dell’ascolto riguarda la Parola di Dio. È alla luce della Scrittura che la Chiesa, pellegrina nel tempo, è chiamata a leggere il suo presente e a pensare il proprio futuro. In questo senso il Documento preparatorio propone due immagini bibliche sulle quali soffermarsi per comprendere il percorso sinodale. La Chiesa di oggi viene invitata a confrontarsi con il rapporto tra Gesù, i suoi discepoli e le folle, per riscoprire il fondamento di uno «stile sinodale» per la vita delle comunità cristiane.Infine l’ascolto deve riguardare le comunità stesse: occorre intraprendere «un processo ecclesiale partecipato e inclusivo, che offra a ciascuno l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltato per contribuire alla costruzione del popolo di Dio». L’ascolto di tutti caratterizza in modo particolare la prima fase del processo sinodale, attraverso la consultazione delle Chiese particolari, a partire da una domanda fondamentale: «Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?».La seconda parola del vocabolario sinodale è «conversione». Il Documento preparatorio parla di una «conversione sinodale» che la comunità ecclesiale è chiamata a vivere «come forma, come stile e come struttura della Chiesa». Il processo sinodale chiede a tutti di vivere quella dinamica fondamentale della vita cristiana che è la conversione che nasce dall’ascolto della Parola e della comunità; «per “camminare insieme” è necessario che ci lasciamo educare dallo Spirito ad una mentalità veramente sinodale, entrando con coraggio e libertà di cuore in un processo di conversione senza il quale non sarà possibile quella “continua riforma di cui essa [la Chiesa], in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno”».Infine l’ultimo termine di un essenziale vocabolario sinodale è «comunione». È questa la meta e la sola «verifica» del processo sinodale. Certo si tratta di un traguardo che sta sempre «davanti a noi». Non siamo mai arrivati alla meta della comunione ma siamo sempre incamminati verso di essa. Solamente nell’esperienza della comunione la Chiesa può essere «evangelizzante», può annunciare il Vangelo agli uomini e alle donne di oggi. Infatti, praticare la sinodalità è oggi per la Chiesa il modo più evidente per essere “sacramento universale di salvezza”, “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium)».Quali frutti?Porterà a qualcosa il processo sinodale? Alla luce della fede non possiamo che rispondere positivamente a questa domanda, non c’è spazio per rassegnazione e tristezza sulla strada del cammino dei discepoli di Gesù in compagnia del Signore risorto. Il percorso sinodale porterà frutti certamente nella vita della Chiesa, ma questo dipende anche da ogni cristiano, chiamato a viverlo con «lo stile della povera vedova» del Vangelo su cui si posa lo sguardo di Gesù (Lc 21,1-4).Il processo sinodale porterà frutto nella nostra vita, in quella delle nostra comunità, se sapremo «gettare nel tesoro del tempio» tutta la nostra vita e non solamente il superfluo. Se sapremo investire nel processo sinodale «tutto ciò che abbiamo per vivere» allora potremo scoprire con stupore che la creatività dello Spirito è ancora all’opera nella vita della Chiesa. Matteo FerrariMonaco di Camaldoli