Vita Chiesa

Sinodo famiglia: p. Lombardi, letto «testo definitivo», oggi pomeriggio voto

«Si tratta di un ampio documento, 94 punti che saranno votati oggi pomeriggio uno per uno dall’Assemblea», ha spiegato Lombardi: «Questa sera, probabilmente, lo pubblicheremo». Il testo, ha reso noto il portavoce vaticano, è stato letto questa mattina integralmente: «Esiste solo il testo definitivo in italiano, e la lettura è stata resa possibile per i padri dagli interventi in simultanea nelle diverse lingue». La «Relatio» è stata letta, nelle sue tre parti, dal cardinale Damasceno, dal cardinale Erdo e da monsignor Forte. «Alla fine – ha detto Lombardi – c’è stato un brevissimo intervento ma molto importante: tutto il testo è stato approvato all’unanimità dalla Commissione».

«L’esito di questo Sinodo è un grande sì alla famiglia», ha detto il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, nel briefing di oggi in sala stampa vaticana. «Il messaggio di questo Sinodo – ha spiegato – è il tema stesso del Sinodo: il fatto, cioè, che la Chiesa cattolica di tutto il mondo, in cui ci sono 1.200 milioni di cattolici, abbia discusso per due anni sul tema del matrimonio e della famiglia, con tutti gli aspetti positivi e più difficili». Questo significa, per Schönborn, che «la famiglia non è superata, non è un modello del passato: è la realtà più fondamentale della società umana». «Non c’è rete più sicura in tempi difficili che la famiglia, anche quella ferita, ricomposta, la patchwork family. La famiglia è la rete più sicura di sopravvivenza in una società: lo vediamo con le migliaia e migliaia di profughi che arrivano, che sono sempre in collegamento con la loro famiglia, anche solo con un cellulare».

Il tema dei divorziati risposati. «Se ne parla con grande attenzione, ma la parola chiave è la parola discernimento», ha detto il  card. Christoph Schönborn, rispondendo a una domanda sulla presenza del tema dei divorziati risposati nella Relazione finale del Sinodo. «Non c’è un bianco o nero, un sì o un no, si tratta di discernere», ha precisato il cardinale, rimandando alla «Familiaris Consortio», che risale al 1984 e nella quale Giovanni Paolo II affermava che «è obbligatorio, per amore della verità, che i pastori esercitino un discernimento, perché le situazioni sono diverse». «Papa Francesco è un buon gesuita, è stato formato agli esercizi spirituali di sant’Ignazio ed ha imparato ad usare la parola discernimento da giovane», ha commentato Schönborn.

Criteri di discernimento. «Il documento, così come è stato presentato stamattina – ha precisato Schönborn – non tocca la questione dei divorziati risposati in modo diretto, ma in obliquo: dà i criteri fondamentali del discernimento nelle situazioni. Questo è il punto più importante». «L’attesa di una risposta ‘sì o no’ – ha osservato il cardinale – è una falsa domanda: le situazioni sono talmente diverse». A questo proposito, l’arcivescovo di Vienna ha citato l’intervista di padre Antonio Spadaro, direttore de «La Civiltà Cattolica», a padre Georges Cottier, il teologo di Giovanni Paolo II: «La parola divorziati risposati è troppo univoca». «Le situazioni sono talmente diverse e dobbiamo guardarle da vicino, attraverso un percorso di discernimento e di accompagnamento secondo le esigenze di tali situazioni», ha ribadito Schönborn. «Il documento finale – ha concluso – non dà solo criteri per l’accesso ai sacramenti, ma per l’accompagnamento di quelle situazioni che il Catechismo della Chiesa cattolica chiama situazioni irregolari».

«Non troverete molto sull’omosessualità, molti saranno delusi». Rispondendo ad un’altra domanda dei giornalisti il cardinale Christoph Schönborn ha spiegato che la Relazione finale «tocca questo tema sotto l’aspetto della famiglia nella quale facciamo anche l’esperienza di un fratello, di una sorella, di uno zio, di una persona della famiglia che è omosessuale e si danno indicazioni di come gestire questa situazione da cristiani». «Il Sinodo ha confermato ciò che il Papa ha detto sabato scorso sulla sinodalità a tutti i livelli: noi abbiamo fatto questa esperienza, e questa esperienza si riflette nel documento, che è un documento di consenso». «Ci sono aree culturali del mondo in cui il tema dell’omosessualità è troppo delicato», ha spiegato Schönborn: «Lasciarlo fuori non vuol dire che non sia un tema per la Chiesa, ma che si deve rispettare la diversità nella sinodalità». Sull’omosessualità, «la dottrina della Chiesa è chiaramente espressa nel Catechismo della Chiesa cattolica, non ha bisogno di essere ripetuta». Nella Relazione finale, ha aggiunto Schönborn, la famiglia «è fatta di un uomo e di una donna e della loro vita insieme, fedele e aperta alla vita. La definizione che la Chiesa dà di famiglia è chiara, ma non esclude le situazioni di famiglie ‘patchwork’, cioè ricomposte».

«La decentralizzazione è un vecchio tema: c’è sempre da trovare un equilibrio tra centralità e decentramento». Così il card. Christoph Schönborn ha risposto a una domanda sulla «decentralizzazione» della Chiesa auspicata dal Papa nel suo discorso per il 50° del Sinodo dei vescovi. «Io sarei disperato se avessimo una Chiesa nazionale austriaca: sono contento che la Chiesa sia anche universale», ha detto con una battuta per respingere l’idea, paventata nella domanda, che la «decentralizzazione» possa significare una deriva per il cattolicesimo, o una condanna all’irrilevanza. «La decentralizzazione non c’entra per niente col nazionalismo o la ‘continentalizzazione’ della Chiesa», ha precisato Schönborn. Lo ha confermato il cardinale Raymundo Damasceno Assis, vescovo di Aparecida e vicepresidente del Sinodo: «Il governo della Chiesa spetta al Papa, ma c’è anche la sussidiarietà; le Chiese lavorano in America Latina in questo senso e c’è un Sinodo episcopale latinoamericano che non ha potere d’intervenire presso le varie Conferenze episcopali, ma è importante perché ha un ruolo di servizio. C’è una ricerca costante, e questo rende forte la Chiesa in America Latina, ma siamo in costante comunione con il successore di Pietro». Al briefing ha partecipato anche fratel Hervé Janson, priore generale dei Piccoli Fratelli di Gesù, l’unico non-sacerdote membro effettivo del Sinodo con diritto di voto.