Vita Chiesa

Sostentamento clero: mons. Galantino, «ottimizzazione negli investimenti e profitto non possono essere unici criteri»

Citando l’Evangelii gaudium, il vescovo ha messo in guardia da quella «mondanità spirituale» che può tradursi «in un funzionalismo manageriale, carico di statistiche, pianificazioni e valutazioni, dove il principale beneficiario non è il popolo di Dio ma piuttosto la Chiesa come organizzazione». «Bisogna avere il coraggio, in alcune circostanze, di stabilire o ristabilire priorità riconoscibili come ‘priorità di Chiesa’, priorità di gente cioè che crede a un Vangelo vero, possibile e praticabile anche nell’ amministrazione dei beni», l’appello di Galantino: «Priorità di una Chiesa che non è disposta a mettere tra parentesi tutto ciò». «Praticarsi degli sconti, in questo ambito, vuol dire dimenticare la dimensione pastorale e testimoniale del vostro lavoro, che investe sia le relazioni con le persone sia la relazione con i beni; relazioni che devono essere sempre improntate alla lealtà, al rispetto e alla giustizia», ha detto il segretario generale della Cei ai presenti, specificando che «la natura delle cose che trattiamo (denaro, beni mobili e immobili) non ci colloca in una sorta di zona franca». Nel Sussidio sul Rinnovamento del clero, di prossima pubblicazione per raccogliere il frutto delle riflessioni e delle proposte dei vescovi italiani in questi due anni su questo tema, ha ricordato Galantino, tra i temi affrontati c’è anche quello del rapporto con i beni temporali e il denaro.

Mons. Galantino ha poi rivolto l’invito a «superare l’idea di una Chiesa distinta tra alcuni che fanno e comandano e altri che usano dei servizi da questi prestati e ne pagano il pedaggio». «Non possiamo negare che spesso abbiamo pensato – o forse continuiamo ancora a pensare – che si possa evangelizzare tenendo separate, anche se inconsapevolmente, la parola e la testimonianza, o peggio ancora che si possa evangelizzare misurando l’efficacia dell’evangelizzazione in termini di influenza socio-politica o di assolutizzazione dell’attività amministrativa», il monito del vescovo, che ha sintetizzato il ruolo degli Idsc con tre parole d’ordine: «solidarietà, corresponsabilità e trasparenza». «Siamo passati da un sistema di sostegno del clero incentrato sul singolo beneficio e che non prevedeva alcuna forma di collegamento, di compensazione o solidarietà tra le tante e frammentate realtà ecclesiali, a un sistema che promuove la fondamentale uguaglianza di trattamento fra i sacerdoti italiani attraverso adeguate forme di solidarietà e partecipazione», ha ricordato Galantino, sottolineando che «tale solidarietà oggi trova espressione nella pronta disponibilità dei singoli Istituti diocesani a dare il loro generoso apporto all’Istituto centrale a favore di tutti i sacerdoti inseriti nel sistema, superando possibili tentazioni individualistiche». Quanto alle offerte fiscalmente deducibili per il sostentamento dei sacerdoti, il segretario generale ha fatto notare che «diminuiscono progressivamente sia la somma complessiva raccolta, sia il numero delle offerte sia il loro valore medio», segno della «difficoltà a condividere i valori di perequazione e di solidarietà tra tutti i sacerdoti he vivono e operano in Italia e le relative comunità di appartenenza». Altro rischio è quello dell’«assuefazione», che «tende a spostare l’asse portante del sistema verso l’otto per mille».

«Come fedeli e cittadini abbiamo il dovere di essere trasparenti», ha detto ancora il Segretario della Cei. «Il principio della trasparenza ha come fondamento la comunione ecclesiale, che si avvera tra soggetti di pari dignità e si sviluppa come corresponsabilità e partecipazione», ha spiegato il vescovo. Di qui l’attualità delle indicazioni contenute nel documento della Cei del 2008, stilato a 20 anni da «Sovvenire alla necessità della Chiesa» (1988): «Amministrare i beni della Chiesa – ha detto Galantino citandolo – esige chiarezza e trasparenza. Ai fedeli che contribuiscono con le loro offerte, agli italiani che firmano per l’otto per mille, alle autorità dello Stato e all’opinione pubblica abbiamo reso conto in questi anni come la Chiesa ha utilizzato le risorse economiche che le sono state affidate. Siamo fermamente intenzionati a continuare su questa linea, cercando, se possibile, di essere ancora più precisi e dettagliati. Nelle nostre comunità si è sviluppata infatti una mentalità gestionale più attenta e una maggiore sensibilità all’informazione contabile». Su questo fronte, tuttavia, ha aggiunto il vescovo citando sempre il documento, «dobbiamo ancora crescere: ogni comunità parrocchiale ha diritto di conoscere il suo bilancio contabile, per rendersi conto di come sono state destinate le risorse disponibili e di quali siano le necessità concrete della parrocchia, perché sia all’altezza della sua missione». Sul tema della «corresponsabilità», il segretario della Cei ha stigmatizzato «la difficoltà di tanti presbiteri a suscitare e coordinare la collaborazione dei laici nell’impegno amministrativo, sia come consulenti tecnici che come consiglieri. Il presbitero troppo spesso delega ad altri la propria responsabilità o, al contrario, accentra su di sé tutta l’amministrazione», la denuncia.