Vita Chiesa

TAIZÉ: FRÈRE ROGER, I GIOVANI CHE OPERANO PER LA PACE, PORTANO NEL MONDO UNA SPERANZA CHE RISCHIARA LONTANO

“Quando i giovani, nella loro vita, fanno una scelta a favore della pace, portano una speranza che rischiara lontano, sempre più lontano”. Lo scrive frère Roger, fondatore della comunità ecumenica di Taizé nella “Lettera 2003” che sarà meditata in tutto il mondo dai giovani durante l’anno nuovo. Resa nota ieri, alla vigilia del 25° incontro europeo che si terrà quest’anno a Parigi dal 28 dicembre al 1° gennaio, la Lettera è stata tradotta in 58 lingue (di cui 23 asiatiche).

Frére Roger invita i giovani ad aprire “vie di pacificazione laddove sorgono dei contrasti”. “La pace sulla terra – si legge nelle Lettera – si prepara nella misura in cui ciascuno di noi osa interrogarsi”: “Anche con le mie carenze, posso essere un fermento di fiducia là dove vivo, realizzando una comprensione verso gli altri che si allargherà sempre di più?”. Gli incontri europei di Taizé sono conosciuti dai giovani come dei veri e propri “pellegrinaggi della fiducia sulla terra”. Anche quest’anno Frère Roger incoraggia le giovani generazioni a non perdere la speranza. “Fra le giovani generazioni in tutto il mondo – scrive – numerosi sono coloro che s’interrogano e si domandano: esiste una speranza per il nostro futuro? Come passare dalle inquietudini alla fiducia? Le nostre società sono talvolta così scosse. Con la povertà in continua crescita, l’avvenire dell’umanità è incerto. C’è la sofferenza di molti bambini, ci sono tante rotture che feriscono i cuori. Tuttavia, non vediamo sorgere, perfino nelle situazioni fra le più inquiete del mondo, dei segni di un’innegabile speranza?”. Nasce dalla certezza – dice frère Roger – che “Dio non può che amare”, frase che dà titolo alla Lettera 2003. “Oggi – spiega il fondatore di Taizé – è più che mai importante ricordarlo: la sofferenza non viene mai da Dio. Dio non è l’autore del male, egli non vuole né la disperazione umana, né i disordini della natura, né la violenza degli incidenti, né le guerre. Egli condivide la pena di chi attraversa la prova e ci fa dono di consolare chi vive la sofferenza”.