Vita Chiesa

Unitalsi, un presidente «traghettatore»

DI MARCO LAPI

Franco Pucci è il nuovo presidente dell’Unitalsi Toscana. Ha preso il posto di Ubaldo Bocci dopo che quest’ultimo è stato eletto vice presidente nazionale. È una persona aperta, cordiale, che ci ha raccontato con entusiasmo i suoi progetti e i compiti che si è prefisso di raggiungere durante i prossimi cinque anni del suo mandato. Pucci ha 72 anni, festeggia quest’anno il suo cinquantesimo di matrimonio, ha due figli e due nipoti. Si è avvicinato tardi all’Unitalsi, solo nel 1987, tredici anni dopo la moglie, ma questo mondo, ci spiega, gli ha fatto comprendere i valori veri della vita. «Mi ha cambiato il carattere – aggiunge – perché, da persona abbastanza pessimista e piuttosto emotiva qual ero, mi ha fatto capire le cose importanti. Ho cominciato con i ragazzi del Gruppo Giovanile Unitalsi (GGU) a Talente, presso San Casciano, dove abbiamo una casa per i soggiorni estivi e dove facciamo le nostre riunioni. La differenza di età che intercorreva tra me e loro non è stato un ostacolo, anzi mi sono trovato bene e da lì sono montato per la prima volta sul treno e non sono più sceso».

Pucci, per tanti anni è stato volontario dell’Unitalsi: quali sentimenti prova ad essere eletto presidente regionale dell’associazione?

«Sono un presidente traghettatore, il mio compito è quello di consentire un momento di riflessione a delle persone giovani che devono organizzarsi sia da un punto di vista lavorativo che familiare, per subentrare a me. Sono entrato quindi con uno spirito di grande servizio, di grandissima tranquillità dovuta alla consapevolezza che io qui sono transitorio».

Fino a qualche anno fa il presidente dell’Unitalsi doveva essere un sacerdote. Come mai è stato cambiato lo statuto?

«È stato cambiato perché, proprio per norma di Diritto canonico, la Chiesa chiede che le associazioni laicali siano rette da un laico e questo è avvenuto a tutti i livelli. Il sacerdote rimane come assistente e la sua figura è fondamentale anche perché la nostra è una associazione ecclesiale».

L’Unitalsi è una associazione nata per portare i malati in pellegrinaggio nei santuari mariani. Ma da qualche anno è avvenuta una evoluzione: come mai questo cambiamento?

«Il pellegrinaggio, dove nascevano delle storie splendide, ci stava stretto, non corrispondeva più alle nostre aspettative e a ciò che volevamo dare e fare. A questo proposito è nata una miriade di iniziative con il concetto di non limitare la nostra attività a sette giorni l’anno, ma coltivare queste splendide occasioni e renderle il più pianificate possibili durante tutto l’anno. Sono nati i soggiorni estivi, si sono sviluppate iniziative, anche banali, ma importanti come una cena, la festa dell’ultimo dell’anno, il carnevale e tante altre. Con il cambiamento di indirizzo i malati sono diventati parte integrante dell’associazione, alcuni fanno parte del nostro consiglio. È cambiata la mentalità: non andiamo più in pellegrinaggio per, ma con… È finita un’epoca di paternalismo ed è iniziata un’epoca di interscambio».

Quali sono i suoi progetti futuri?

«Nei miei progetti c’è il proseguimento del programma a suo tempo illustrato dal presidente Ubaldo Bocci che prevede una attenzione particolare alla preparazione spirituale di chi monta sul treno e una oculatezza negli atteggiamenti verso i giovani. Questi hanno bisogno di motivazioni, hanno bisogno di essere seguiti e anche di sbagliare, però va dato loro un indirizzo. Inoltre la nostra associazione si allarga sempre di più verso il sociale: pensiamo alle case-famiglia; a Pisa ne sta per essere completata una e anche in Firenze ci sono molti progetti che realizzeremo in collaborazione con altre associazioni, anche private nell’intento di sviluppare istituzioni preesistenti. Poi esistono le cooperative per il reinserimento nel mondo del lavoro dei disabili: ricordo quella di Arezzo formata da ragazzi down il cui intento non è tanto il guadagno, ma di essere riusciti a dare uno scopo alla loro vita e di renderli più responsabili. Chiaramente tutte le iniziative non nascono mai dall’alto ma ogni singolo gruppo ne sviluppa ora una, ora un’altra in un’intensa opera di collaborazione tra tutte le sezioni italiane».

Un’esperienza di solidarietà nata da un gesto disperato

Le origini dell’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporti ammalati Lourdes e santuari internazionali) prendono spunto da un clamoroso gesto di un uomo disperato. Nel 1903, Giuseppe Tomassi, figlio di un domestico di casa Barberini, affetto da una grave forma artritica irreversibile, andò a Lourdes con uno dei primi treni di pellegrinaggio italiani. Il suo intento però era tragico: uccidersi davanti alla Grotta. Ma rimasto colpito dalla scena dei volontari che aiutavano i malati ad entrare nella grotta a pregare, rinunciò al suo folle gesto. Consegnò a mons. Radini Tedeschi la pistola e consigliato dal segretario di quest’ultimo, mons. Angelo Roncalli, rientrato a Roma fondò l’Unitalsi.

L’attività dell’associazione fu interrotta dalla prima guerra mondiale, mentre durante il fascismo l’Unitalsi, per le sue particolari connotazioni assistenziali, fu l’unica associazione a non essere sciolta. Dal giugno 1940 gli eventi bellici interruppero i pellegrinaggi a Lourdes, ma iniziarono quelli per Loreto grazie al principe don Enzo di Napoli-Rampolla. La ripresa dell’attività dell’associazione dopo il 1945 è stata sempre in costante aumento. Oggi l’Unitalsi conta oltre 300 mila aderenti ed accompagna a Lourdes, Loreto, Fatima e Banneux più di 100mila persone all’anno.

Dall’Italia partono in totale 158 treni ed alcuni aerei con oltre 120mila persone a bordo dirette ai Santuari per un cammino di fede e di speranza.

Da qualche anno, grazie allo spirito innovativo che l’anima, l’associazione oltre ai pellegrinaggi, ha realizzato iniziative di grande significato spirituale e sociale, come l’assistenza domiciliare o l’organizzazione dei soggiorni estivi ed inoltre ha voluto regalare agli ammalati e ai disabili momenti di svago attraverso l’incontro con personaggi dello spettacolo.

È stato realizzato poi il «Treno dei sogni», con cui 300 bambini sono stati accompagnati al parco divertimenti Disneyland a Parigi, e ancora una Crociera a Malta e una in Terra santa. Nel mese di giugno dello scorso anno è stato organizzato il «Ciao baby 2000», un viaggio speciale a Lourdes per i più piccini.

La sezione Toscana è suddivisa in 21 sottosezioni che corrispondono alle diocesi attuali e passate e sono state 5600, fra disabili e pellegrini, le persone che hanno partecipato agli otto pellegrinaggi che annualmente vengono fatti, quattro a Loreto e quattro a Lourdes. «La nostra associazione – spiega il vice presidente, Franco Gabriele – non è costituita da persone sane che si occupano di disabili, ma di sani, di disabili, di genitori di disabili, tutti legati dal principio della solidarietà che la caratterizza. Infatti se noi limitiamo il pellegrinaggio ai disabili, ai bambini handicappati, continueremo a distinguere tra sani e malati confinando quest’ultimi in uno spazio ristretto. La solidarietà, come la crediamo e viviamo noi, è vivere insieme aiutandosi l’un l’altro a superare l’handicap fisico per il disabile, ma spesso l’handicap spirituale per molti di noi».