Vita Chiesa

VERONA 2006: CITTADINANZA; DIOTALLEVI, «DISCERNIMENTO PIÙ CORAGGIOSO E SERENO»

Mafia, camorra e ‘ndrangheta sono “i primi, ma non gli unici responsabili, di una intollerabile situazione di deficit civile” in Italia e “sarebbe davvero incredibile che in un convegno ecclesiale come il nostro, venissero dimenticate parole come quelle di Giovanni Paolo II nella valle dei templi di Agrigento, o testimonianze come quelle offerte da don Puglisi. Credo si debba farle del tutto nostre con coraggio e intelligenza”. Ad affermarlo il sociologo Luca Diotallevi introducendo i lavori sulla cittadinanza, uno dei cinque ambiti sui quali sono chiamati a dibattere i delegati al IV convegno ecclesiale di Verona. “In questi contesti quale è la qualità civile della testimonianza cristiana? Quanto seria ed intensa è la denuncia? Sono attive forme di collusione?” sono state le domande poste dal sociologo che ha invitato anche a discernere sullo stato dei “diritti politici”. “Siamo in un paese nel quale il peso attribuito al voto popolare e lo spazio concesso all’esercizio dell’elettorato passivo scendono a gradi minimi rispetto a quelli garantiti dalle democrazie occidentali”. Non meno importante è la questione economica davanti alla quale “non ha senso parlare di estensione di cittadinanza” se poi non si presta “adeguata attenzione al fatto di trovarsi in una comunità nazionale nella quale la quasi totalità delle aree locali conosce una sostanziale stasi od addirittura una contrazione del prodotto interno lordo”.

Giocando un ruolo “attivo” per la città, “propositivo e critico, anche sulla base di quel concreto tessuto di valori e di comportamenti che la Chiesa genera ed è”, la comunità dei fedeli, secondo Diotallevi, è chiamata ad interrogarsi sulla qualità della propria vita ecclesiale. “dobbiamo interrogarci su quanto le nostre comunità ecclesiali reali siano luogo di accoglienza non paternalistica di bambini ed anziani, stranieri e diversamente credenti e chiederci quanto queste Chiese reali ed i loro cristiani siano partner attivi e non occasionali di queste persone in cerca di una nuova ed adeguata cittadinanza”. “Ma se vogliamo fare un serio esame di coscienza guardando in faccia le mancanze più ricorrenti e profonde – ha proseguito il sociologo – credo che il punto da cui partire sia costituito ancora dalla condizione delle donne nelle Chiese che sono in Italia, ad un livello molto più essenziale di quello che riguarda compiti e mansioni”.

Altra minaccia ravvisata da Diotallevi nel suo intervento, è la crisi di valori del modello sociale europeo riguardo alla vita, la famiglia, la parità scolastica, il declino demografico. Questioni che richiedono “una razionalità e una legittimità tutt’altro che circoscritte al perimetro religioso”. In un’epoca che ha visto la fine di tante ideologie e prassi, ha dichiarato Diotallevi, “non è presunzione affermare che i cattolici hanno a disposizione una quantità non trascurabile di un tipo di risorse, sempre più scarso, che potrebbe generare un’importante svolta civile. La coscienza di questa dotazione è una delle forme iniziali che può assumere una rinnovata responsabilità per la città da parte dei cattolici italiani, una responsabilità che non autorizza alcun disegno egemonico, peraltro improbabile, che non cancella la possibilità del pluralismo e soprattutto è una responsabilità che ci giudica; come un talento”. Per questo, ha concluso, “non bisogna cedere alle logiche dello scandalo o dell’indulgenza, quanto piuttosto esercitare umiltà e ascesi. Non saranno infatti, ambizioni e privilegi, né alcuna forma di orgoglio religioso a mostrarci la strada e le forme migliori per l’esercizio del cristianesimo nella città e per la cittadinanza: esse somigliano troppo alla nostalgia per le cipolle d’Egitto”.Sir