Vita Chiesa

ZINGARI, DOCUMENTO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO MIGRANTI, «SUPERARE LA GENERALE DIFFIDENZA»

“La relazione tra zingari e gagé è falsata da un rigetto ancestrale”, perciò “si raccomanda di cercare modi adeguati per superare la generale diffidenza nei confronti degli zingari e sollecitare un’apertura nella società che offra loro la possibilità di inserirsi pienamente in essa”: sono alcune delle raccomandazioni del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, contenute in un documento reso noto oggi, “in attuale contesto ‘sensibile’ ai problemi dei nomadi” (come cita la nota introduttiva). Il testo fa riferimento al primo incontro mondiale di sacerdoti, diaconi e religiosi/e zingari, svoltosi a Roma dal 22 al 25 settembre scorso. Il documento finale è composto di tre parti: un resoconto dei lavori, le conclusioni e le raccomandazioni. Nel resoconto uno dei relatori, don Claude Dumas, direttore della pastorale per gli zingari in Francia, denunciava “le varie forme di intolleranza, di rifiuto dell’altro e di razzismo verso gli zingari”, mentre il card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio ricordava che “vi è tenebra ogni qualvolta il rispetto soccombe all’odio, l’emarginazione e il disinteresse prevalgono sull’accoglienza e sull’impegno, ogni volta che il bene cede al male”.

“Anche quando si assiste ad atti di violenza e di ingiustizia contro gli zingari e viceversa – affermava il card.Martino – sulle comunità cala l’oscurità e l’ombra del peccato”. Nelle raccomandazioni si auspica, tra l’altro, una “mutua collaborazione della Chiesa con le comunità zingare”; una formazione specifica dei catechisti per evangelizzare gli zingari, tenendo conto in particolare del ruolo della donna gitana; un lavoro di integrazione che parta dalla famiglia; un ruolo di “ponte” tra le comunità zingara e gagé che deve essere svolto dai sacerdoti, diaconi e religiosi di origine zingara. “Poiché sia zingari che gagé sono coinvolti in atti di razzismo – si legge nel documento – occorre che la razza non ci separi, ma che si cerchi di favorire l’unità nella diversità”. Un invito alle comunità cristiane ad “offrire questo segno di amore fraterno più con gli atti che con le parole, più nel quotidiano della vita ecclesiale che in manifestazioni straordinarie”.

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