Si è concluso con una dimostrazione concreta della «cultura dell’incontro» l’incontro interreligioso ed eumenico nell’arcivescovado di Dacca. Il Papa ha infatti abbracciato 16 Rohingya (12 uomini, 4 donne tra cui 2 bambine), in rappresentanza dei 700mila profughi accolti nel campo di Cox’s Bazar. Nel suo discorso forte appello a non u8sare le religioni per creare odio e violenza.
Diritti umani
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Ai rappresentanti del governo, ai funzionari e agli esperti presenti da tutto il mondo in Sala Clementina per la terza Conferenza di diritto internazionale umanitario, Francesco ha ricordato la posizione della Santa Sede quale firmataria di due Protocolli alle Convenzioni di Ginevra importanti al fine di «umanizzare gli effetti dei conflitti armati», ma ha rilevato anche quante «omissioni» ed «esitazioni» li caratterizzino malgrado gli sforzi.
«Oggi piangiamo la perdita di un gigante dei diritti umani. Liu Xiaobo è stato un uomo dotato di intelligenza viva, principi, spirito ma, soprattutto, umanità». E’ il commento di Salil Shetty, segretario generale di Amnesty international, in relazione alla notizia della scomparsa del premio Nobel per la pace Liu Xiaobo.
«È una situazione che sta andando avanti da tre anni. Non è una novità. La differenza è lo stato di emergenza che all’indomani del referendum è stato prolungato per altri tre mesi. Non ci sono fatti né prove, ma solamente un lungo elenco di persone schedate». A parlare al Sir di quanto sta avvenendo in queste ore in Turchia è Mustafa Cenap Aydin, turco, direttore dell’Istituto Tevere, centro di dialogo interculturale e interreligioso di Roma.
«La speranza è molto importante, perché la speranza non delude: l’ottimismo delude, la speranza no». Lo ha detto, a braccio, il Papa, che oggi in Aula Paolo VI ha iniziato una nuova serie di catechesi, sul tema della speranza cristiana.
«Nonostante le nostre nazionalità, culture e confessioni religiose possano essere diverse, siamo uniti dalla comune umanità e dalla condivisa missione di prenderci cura della società e del creato». Lo ha detto Papa Francesco ricevendo questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, gli ambasciatori di Seychelles, Thailandia, Estonia, Malawi, Zambia e Namibia in occasione della presentazione delle Lettere credenziali.
Il Tribunale penale internazionale per il Rwanda chiude: dal 1994 ha emesso 61 condanne e 14 assoluzioni per il genocidio.
I risultati sono arrivati grazie a 5.800 giorni di udienze tenute spesso in condizioni proibitive: basti pensare che per quasi tre anni, la corte con sede ad Arusha in Tanzania non ha avuto a disposizione un’aula per le udienze.
«È assolutamente necessario mettere in pratica un meccanismo concreto per l’applicazione del diritto internazionale sulla protezione dei giornalisti»: lo afferma Christophe Deloire, segretario generale di Reporter senza frontiere, che oggi pubblica i dati sulla situazione dei cronisti nel mondo nel corso del 2015.
Dare una «risposta adeguata» alla violenza dello Stato islamico è «un imperativo morale per la Comunità internazionale che dovrebbe finalmente accantonare gli interessi di parte e salvare vite». Lo ha detto l'arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu, nel suo intervento pronunciato a Ginevra il 10 marzo 2015, in occasione della 28ª sessione del Consiglio per i diritti umani, e reso noto oggi dalla sala stampa vaticana.
A Oslo assegnati i riconoscimenti alla giovane pakistana, che combatte da diversi anni per il diritto delle bambine all'istruzione, e all'attivista indiano impegnato contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Per Kailash Satyarthi, il premio «è un onore per tutti quei bambini che soffrono in schiavitù, vittime del lavoro forzato e dei traffici».