Davanti a 30 mila fedeli Papa Francesco ieri al Regina Coeli ha parlato di santità, alla quale sono chiamati tutti, uomini e donne. Poi il plauso agli sforzi di pace tra le due Coree e l'appello per la Nigeria.
Nigeria
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All'udienza generale di oggi in piazza San Pietro hanno partecipato anche 16 giovani musulmani da Mali, Gambia, Nigeria, Guinea, Senegal, Niger. Studiano l'italiano a Firenze in una scuola di lingua ed intercultura per migranti e hanno voluto incontrare di nuovo Papa Francesco. Due anni fa li aveva fatti salire a sorpresa sul palco
«Dal 2013 più di 1.000 bambini sono stati rapiti da Boko Haram nel nord-est della Nigeria, comprese le 276 ragazze prese con la forza dalla loro scuola secondaria nella città di Chibok nel 2014». Lo ricorda oggi l'Unicef.
Svolta storica in uno stato della Nigeria, dove la massima autorità religiosa del popolo Edo ha emanato editto in cui revoca tutti i riti di giuramento che vincolano con maledizioni terribili le ragazze trafficate, obbligando i preti juju a non praticarne più.
Sono 10 i progetti già avviati nell’ambito della Campagna «Liberi di partire, liberi di restare» per un totale di 5,6 milioni di euro. Un primo bilancio dell’iniziativa lanciata un anno fa dalla Cei in risposta al dramma delle migrazioni è stato tracciato nel corso del primo incontro tra i responsabili del Servizio nazionale per gli interventi caritativi del Terzo Mondo, di Caritas Italiana, di Missio, Migrantes e dell’Apostolato del Mare e i referenti dei progetti finanziati.
«È stato un incontro straordinario per l’emozione che ha coinvolto tutti». Il direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, Alessandro Monteduro, racconta così l’udienza privata con Papa Francesco, durata 40 minuti, che ha ricevuto questa mattina Rebecca Bitrus, cristiana per due anni prigioniera di Boko Haram, in Nigeria, e il marito, Ashiq, e la figlia, Eisham, di Asia Bibi, condannata a morte in Pakistan con l’accusa di blasfemia e in carcere ormai da nove anni.
Papa Francesco ha accolto la rinuncia di mons. Peter Ebere Okpaleke, il vescovo di Ahiara, in Nigeria, contestato da parte del clero e dei laici da quando Benedetto XVI lo ha nominato, nel 2012. Le motivazioni addotte dai contestatori sono di carattere etnico, perché appartenente all’etnia Ibo, anziché all’etnia Mbaise, maggioritaria nella diocesi.
Non c'è pace in Nigeria, dove continuano gli attacchi alle chiese e alle moschee, le rapine a mano armata e i rapimenti, tra cui sei religiose nigeriane di cui non si hanno più notizie da un mese e mezzo. La desolazione e gli appelli del card. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja: «Siamo tutti sotto attacco, cristiani, musulmani, gente di altre tribù. Tutti soffriamo a causa della scarsa sicurezza».
«Gioia, preghiera e gratitudine sono tre atteggiamenti che ci preparano a vivere il Natale in modo autentico». Lo ha detto il Papa, durante l’Angelus di ieri, in cui ha invitato – a braccio – i 25mila fedeli presenti in piazza San Pietro a ripetere con lui «tutti insieme: gioia, preghiera e gratitudine».
È uomo di profonda fede, don Pallù. In Nigeria c’era già stato, come missionario laico, a metà degli anni ‘80. Nel 2015 ha accettato di tornarvi come sacerdote impegnato nell’opera di evangelizzazione. Ed è con gli occhi della fede che legge e racconta il rapimento di cui è stato vittima il 12 ottobre scorso.