«Dopo questo comunicato del Primo Ministro dobbiamo concordare con Theophilos III, patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, e Nourhan Manougian, patriarca armeno, una risposta comune che arriverà nelle prossime ore. Stiamo lavorando. Si tratta di una notizia positiva che apprezziamo molto». Lo ha detto al Sir padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, commentando la decisione del governo di Benjamin Netanyahu di sospendere «le misure fiscali e legislative che penalizzano le Chiese».
Israele
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Porte chiuse da domenica 25 febbraio a tempo indefinito al Santo Sepolcro a Gerusalemme: è quanto stabilito dalle tre Chiese responsabili della basilica, il Patriarcato greco-ortodosso, la Custodia di Terra Santa e il Patriarcato armeno, per rispondere al Comune di Gerusalemme che ha deciso di reclamare dalle Chiese (e non solo) il versamento delle tasse comunali (Church lands bill), conosciute come Arnona, sugli immobili non adibiti al culto.
(Da Gerusalemme) Nel 2017 sono stati registrati 3.611.800 arrivi, un incremento del 23% rispetto al 2016 e del 29% rispetto al 2015. Nel mese di dicembre 2017 hanno visitato Israele 290.000 turisti, circa il 17% in più rispetto a dicembre 2016 e il 47% in più rispetto a dicembre 2015.
Nella delegazione dei vescovi dell’«Holy land Coordination» (Hlc), il Coordinamento di Terra Santa, composto da presuli provenienti da Europa, Nord-America e Sud-Africa, anche l'arcivescovo Riccardo Fontana che ha spiegato al Sir il senso della visita in Terra santa dal 13 al 18 gennaio.
L’Assemblea generale dell’Onu ha approvato a larghissima maggioranza la risoluzione presentata da Yemen e Turchia che condanna il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele da parte dell’amministrazione Trump. Anche la delegazione della Santa Sede è intervenuta nel dibattito chiedendo il rispetto della particolare natura della Città santa.
Dalla decisione di Trump di spostare l'ambasciata Usa a Gerusalemme, alla sconfitta militare dell'Isis, dalla situazione in Siria all'avvicinamento anti-Iran di Arabia Saudita e Israele. Ne parliamo con Riccardo Redaelli, docente di geopolitica all'Università Cattolica di Milano. «Il futuro non promette nulla di buono».
«Riaffermiamo la nostra chiara posizione nel chiedere il mantenimento dello Status Quo della città santa fino a quando non sarà stato raggiunto un giusto accordo di pace tra israeliani e palestinesi sulla base di negoziati e della legge internazionale». A chiederlo, nel loro messaggio natalizio, sono i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme.
Chi in questi giorni ha detto che Gerusalemme è la capitale di Israele da tremila anni non conosce la sua storia. Venti volte assediata, due volte distrutta e ricostruita, conquistata e poi persa da sei imperi, dai babilonesi agli inglesi, è inoltre, ancora e soprattutto oggi, città della guerra e della pace, emblema della possibile divisione e riunificazione degli uomini.
Vescovi e capi delle Chiese presenti nel Regno Hascemita di Giordania hanno invitato i propri fedeli a prendere parte ad una marcia silenziosa con le candele per esprimere pubblicamente la comune disapprovazione rispetto alla decisione presa dall’Amministrazione degli Stati Uniti d’America di trasferire la propria ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme.
Da Taybeh, unico villaggio interamente cristiano della Cisgiordania, arriva la risposta all'annuncio di Trump: preghiera e silenzio. «Siamo palestinesi di fede cristiana. Disapproviamo la decisione del presidente Usa. Gerusalemme è città santa per le tre religioni. In gioco vi è anche la sopravvivenza della comunità cristiana della Cisgiordania», le parole del parroco Johnny Abu Khalil.