“Il Signore vi ricompensi per quello che fate in Libano e che vi aiuti affinché il tempo passato qui porti frutti buoni, lavorando per la pace nel mondo di oggi. Tutti siamo chiamati a servire ed io vi auguro un servizio nei confronti degli altri che possa portare veramente la pace in questa terra”. Lo ha detto mons. Paolo Borgia, Nunzio Apostolico in Libano, che nei giorni scorsi si è recato a Shama per una visita al Comando della Joint Task Force Lebanon Sector West, che opera nell’ambito della missione Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon) nella Terra dei Cedri.
Libano
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In questi giorni di Avvento e in vista del Natale la fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) ha lanciato una campagna di raccolta fondi per sostenere i cristiani di Siria e Libano. Così si legge in un comunicato. Padre Bahjat Elia Karakach, parroco della chiesa di S. Francesco d’Assisi di Aleppo, Siria, descrive ad Acs l’urgenza di intervenire a favore delle comunità cristiane locali.
Sacerdote italiano originario di Pisa, membro del clero libanese maronita, che segue una comunità di volontari libanesi cristiani e di altre religioni, impegnata nell’accoglienza dei più poveri.
La salute e il benessere dei bambini delle famiglie indigenti in Libano sono messi in grave pericolo dalla riduzione drastica delle spese per il cibo, le medicine e l’istruzione, a cui sono costrette. Come evidenziato nell’indagine diffusa oggi da Save the children, realizzata in collaborazione con il Consorzio Inmaa nei governatorati di Akkar e Baabel-Hermel, più della metà delle famiglie libanesi intervistate vivono in povertà e sono in grave difficoltà per mantenere i loro figli.
I militari della Brigata aeromobile Friuli, che compongono il contingente italiano impegnato nella missione Unifil in Libano, hanno donato al centro medico al servizio del comando delle Laf, Lebanese armed forces, 5 tipi di medicinali salvavita, 725 kit di test sierologici per il coronavirus, 510 confezioni di dispositivi di protezione individuale, 36 pacchi di cotone, disinfettante ospedaliero e altro materiale di consumo.
Gli occhi guizzano, mentre guarda lo smartphone. “Il tuo schermo è proprio come quello di mio fratello grande”, dice: “Ha promesso che me lo darà, prima o poi, quando ne avrà un altro”. Rami ha 13 anni e nessuna voglia di piangersi addosso. Non che abbia dimenticato i boati, i vetri andati in frantumi, la paura. Quelle sei del pomeriggio del 4 agosto 2020 a Beirut le ricordano tutti: figurarsi in casa sua, aggrappati alla collina, proprio sopra il porto.
Prosegue in Libano la campagna di solidarietà “Blue bricks for hope”, ideata e realizzata dai caschi blu italiani del Sector west di Unifil, grazie alla quale negli scorsi giorni è stato consegnato del materiale sportivo ad alcune piccole realtà calcistiche che si trovano nel sud del Paese dei cedri, area di responsabilità del contingente italiano.
Da Paese di accoglienza il Libano sta diventando Paese d’emigrazione a causa di una pesantissima crisi economica. E per i rifugiati siriani è il disastro totale: mal sopportati, vorrebbero rientrare in Siria ma non possono perché hanno timore di essere perseguitati
“Dall’inizio del mese abbiamo ricevuto oltre 10.000 richieste di assistenza ogni settimana. Si tratta di un aumento del 60% rispetto ai due mesi precedenti. Le persone ci dicono che non possono permettersi il latte per i bambini né più di un pasto al giorno. Quello a cui stiamo assistendo in Libano è una complessa crisi umanitaria che peggiora di giorno in giorno”. Questa la denuncia di Jennifer Moorehead, direttore di Save the Children in Libano.
I militari italiani impiegati nella missione Unifil delle Nazioni Unite schierata nel Libano meridionale, dopo la prima esperienza positiva a Tiro, hanno organizzato un nuovo corso di Stress management ad Al Bazuriyah, nella sede di “Amel”, un’associazione senza scopo di lucro che dal 1979 opera sul territorio con 24 centri e 6 unità mobili per offrire servizi medici e psico-sociali alle fasce più vulnerabili della società libanese.