Referendum

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Solo uno sguardo molto superficiale delle cose può portare a tracciare un parallelo tra il braccio di ferro tra Madrid e Barcellona e gli scenari che si aprono dopo i referendum consultivi di Veneto e Lombardia. Diverso il clima, per fortuna, diversi gli sbocchi. Ma questo non significa che la politica italiana, già concentrata su altri appuntamenti ad iniziare dalle elezioni siciliane, si possa permettere di considerare la questione già archiviata, grazie magari all’avvio di un tavolo negoziale.

Il referendum incostituzionale del 1° ottobre è saltato dopo l'intervento del governo nazionale. Ma il premier Rajoy non propone alcuna soluzione e il presidente catalano Puigdemont cavalca l'onda separatista. Il docente dell'Università di Barcellona Steven Forti afferma: «Entrambi sono prigionieri di una cieca strategia». Intanto la mobilitazione popolare cresce nella regione. E l'Europa? «Dovrebbe impegnarsi per facilitare un vero confronto tra le parti».

«Di fronte alla grave situazione che si vive in Catalogna, con grande preoccupazione nel resto della Spagna, noi vescovi, in primo luogo, vogliamo fare nostri i desideri e i sentimenti recentemente espressi in maniera congiunta dai vescovi della Catalogna, autentici rappresentanti delle loro diocesi». Così inizia la nota della Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola (Cee), letta ieri pomeriggio dal presidente della Cee, card. Ricardo Blázquez Pérez, al termine della riunione della Commissione permanente.

«Un risultato che attendevamo, un risultato positivo per i giovani stranieri di terza generazione». Plaude la Commissione «Giustizia e Pace» della Conferenza episcopale svizzera alla decisione presa ieri dal popolo svizzero di dire «Sì» alla naturalizzazione agevolata dei cittadini stranieri di terza generazione.