Religiosi

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La tradizione dei cappuccini è una tradizione di perdono: siate grandi perdonatori. Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia della messa celebrata nella basilica di San Pietro per i frati cappuccini venuti da tutto il mondo in occasione della traslazione delle spoglie mortali di Padre Pio e Padre Leopoldo Mandić. Tra voi ci sono tanti bravi confessori perché si sentono peccatori e non sono come i dottori della legge descritti dal Vangelo che si sentono i puri e sanno solo condannare.

I consacrati e le consacrate sono chiamati “ad essere uomini e donne dell’incontro” e “custodi dello stupore” nato dall’incontro con Gesù. Papa Francesco lo ha ricordato nell’omelia della messa presieduta nella Basilica di San Pietro, nel giorno della Festa della Presentazione di Gesù al tempio, e a conclusione l’Anno della Vita Consacrata, iniziato il 30 novembre del 2014. Come gli anziani Simeone e Anna, i consacrati devono vivere la festa dell’incontro con il bambino Gesù, portato al tempio da Maria e Giuseppe.

L’Anno della Vita consacrata, «come un fiume, ora confluisce nel mare della misericordia, in questo immenso mistero di amore che stiamo sperimentando con il Giubileo straordinario». Lo ha detto il Papa, che nell’omelia della Messa celebrata nella basilica di San Pietro, al termine dell’anno dedicato ai religiosi e alla religiose, si è soffermato sulle letture del giorno della Festa della Candelora. 

Si è concluso l'Anno della vita consacrata, indetto da Papa Francesco il 30 novembre 2014. Per il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione dei religiosi, «la percezione di essere al finale di una storia è mutata: adesso c’è speranza, e questo è il frutto più bello». L'augurio: «Avremmo superato tante crisi interne ai nostri Istituti, se fossimo andati in missione. Lo abbiamo fatto, ma non a sufficienza». Il punto sul commissariamento dei Francescani dell’Immacolata: «Abbiamo fiducia che qualcosa si muova. Quel che è sicuro, è che Stefano Manelli non potrà più restare». Le novità del documento «Mutuae relationes»

«Parlerò con voi di quello che mi dice il cuore». Entrando in Aula Paolo VI, dove lo aspettavano migliaia di consacrate e consacrati per l’udienza a conclusione dell’Anno a loro dedicato, il Papa ha lasciato da parte il testo scritto, consegnandolo al cardinale prefetto, Joao Braz de Aviz, per soffermarsi a braccio su quelli che ha definito «tre pilastri: profezia, prossimità e speranza».

La profezia dell’obbedienza, la prossimità, la vicinanza al prossimo, partendo dal fratello e dalla sorella di comunità, e la speranza che il Signore faccia nascere nuove vocazioni alla vita consacrata. Sono i tre pilastri della vita consacrata che Papa Francesco ha ricordato ai partecipanti al Giubileo dei consacrati, incontrati in aula Paolo VI.
Lasciando il discorso scritto, il Pontefice ha parlato della profezia dell’obbedienza come forza contro l’anarchia che semina il diavolo. E dire alla gente che c’è una strada che ti riempie di gioia, ed è quella di Gesù.

Più di 4 mila consacrati e consacrate, appartenenti alle diverse forme di vita consacrata, stanno arrivando a Roma da ogni parte del mondo per partecipare al grande evento conclusivo dell’Anno della vita consacrata, che si svolgerà dal 28 gennaio al 2 febbraio sul tema: «Vita consacrata in comunione. Il fondamento comune nella diversità delle forme».

Dialogo con l'abate di San Miniato al Monte: «Il carattere della nostra vita è l’esemplarità, pur tra tante povertà. Il monachesimo, in particolare, è nato in un periodo storico preciso, nel momento in cui terminava il martirio e dunque era più necessaria una testimonianza che non fosse di accomodamento». Quanto all'infedeltà degli uomini di Chiesa, «dobbiamo vincere la tentazione di dare giudizi e, con l’umiltà della preghiera, chiedere al Signore di preservarci».

A Firenze (ma non solo) ormai è un punto di riferimento della spiritualità e della cultura ben al di là dei confini ecclesiali. Per sei anni ha guidato - in una sorta di «prova generale» - la comunità monastica benedettina olivetana di San Miniato al Monte. Domenica 13 dicembre dom (sì, proprio così, con la «m», abbreviazione del latino dominus) Bernardo Gianni ha ricevuto dal cardinale Giuseppe Betori la benedizione abbaziale, iniziando così ufficialmente il servizio a vita - semel abbas, semper abbas, «una volta abate, sempre abate» - di superiore di quell’antichissima Abbazia.