Cultura & Società

Romena, tre giorni per riscoprire il vero amore

Il convegno si è sviluppato da venerdì 14 a domenica 16 luglio tra incontri con testimoni speciali, riflessioni, momenti dedicati all’arte. Direttore d’orchestra di questa sinfonia di emozioni, Massimo Orlandi, scrittore e giornalista che ha saputo condurre magistralmente le tre giornate di convegno.

Don Luigi Verdi dando il via alla tre giorni ha affermato: «L’amore anima ogni vita. Ogni persona è perdutamente imbevuta di amore e amare è soprattutto esserci, esserci li. In ogni sofferenza, in ogni fatica. Sapendo che la vita vera sta dentro. Amare è anche spezzare ogni cerchio. Il Cristianesimo è la religione più fisica, più incarnata e ci ridice che l’amore è concreto. Non si ama un’idea, ma un volto. Amare significa dire: voglio che tu non muoia, ma non solo fisicamente. Voglio che tu non muoia come persona. L’amore più alto infatti è più forte anche della morte».

La frase di Emily Dickinson «Che l’amore è tutto è tutto ciò che sappiamo dell’amore» ha introdotto il primo ospite del convegno, Paolo Di Paolo. Di Paolo è un osservatore profondo della nostra realtà, tra le sue affermazioni abbiamo annotato: «c’è una forma d’amore che si traduce come attenzione verso il prossimo e che è la gentilezza. Oggi però la gentilezza genera sospetto, perché non ne siamo più abituati». Allora, «ogni volta che accade la gentilezza di uno che sembra sconosciuto questa mi sembra un atto d’amore».

La seconda giornata ha avuto inizio con le lodi nella Chiesa romanica di Romena, una delle più belle della Toscana, dove don Luigi nella riflessione ha affermato: «L’amore fa da confine alla nostra follia che è quella di cercare di continuo di riempire un vuoto. Non siamo mai contenti. L’amore riesce a fermarci nella vita, nel reale».

La mattinata di incontri è iniziata con la famiglia Marangoni dove i coniugi Guido e Daniela hanno affrontato insieme alle prime due figlie Marta e Francesca, l’arrivo della terza figlia Down, Anna. «La potenza di Anna – afferma Guido – è che ha reso tutti noi persone migliori».

Il punto di partenza per i coniugi fu una frase di papa Francesco: impariamo a raccontare buone notizie. E che le famiglie con persone che hanno disabilità possono comunicare in modo inclusivo. È nata così la pagina «Buone notizie secondo Anna». La chiave di lettura? La leggerezza» Guido infatti è una fucina di idee e creatività, è il palloncino e Daniela è il filo che lo tiene ancorato alla terra.

Daniela si è fidata: «Se ci si fida della vita, la vita ti trasforma. Anche l’amore tra me e Guido si è trasformato, si è rafforzato – afferma Daniela – Spesso si sa molto della sindrome da un punto di vista medico e tutto viene concentrato sulle criticità. Invece, spiega Daniela, nessuno ti dice che è compatibile con una vita felice.

Conclude Guido: «La sindrome di Down c’è ma è sullo sfondo. Davanti c’è Anna».

La mattinata è poi proseguita con Mohammed Ba. Mohammed è un mediatore culturale, scrittore, musicista, autore e interprete teatrale. Immigrato in Italia 17 anni fa, subì nel 2009 un’aggressione razzista per le strade di Milano, quando uno sconosciuto lo accoltellò mettendone a rischio la vita.

Mohammed afferma: «Oggi l’Africa è passata dalla schiavitù alla schiavitù degli aiuti che non pone la persona al centro. La diversità sembra quasi un difetto della natura. Ma la diversità non è un reato perché siamo tutti ugualmente diversi. In Senegal la parola straniero non esiste, c’è solo una parola per definire quello che viene da fuori: ospite. Solo in occidente ho scoperto il concetto di estraneità.  Ricordo ancora le parole con quale mi salutò mio nonno: “Non rincorrere l’avere ma il sapere, anche se ti troverai in mezzo a persone come te che invece inseguono l’avere, perché è con il sapere che saprai amministrare il loro avere”. Quando sono arrivato, pensando alle parole di mio nonno, mi sono rifiutato di fare il venditore, Da “Vu’ Cumpra”, volevo diventare “Vu’ Pensa”».

Mohammed Ba in conclusione ha espresso il proprio pensiero sull’amore: «Non ho bisogno di dire a quella persona che la amo, vorrei che passasse attraverso una carezza, un abbraccio, un chiedere: “come stai?”. L’amore per me infatti è il principio e la fine».

In chiusura della mattinata è stato chiesto al noto musicista Arturo Stalteri dell’amore. Il compositore ha risposto istintivamente: «Bach! Mi piace l’idea di amore che Bach incarnava. Era un amore spirituale ma anche molto fisico. Aveva un senso di umiltà verso di Dio ma che nella vita sapeva vivere nelle situazioni più vere e fisiche».

Nel pomeriggio l’incontro con l’arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Zuppi, che ha raccontato del suo viaggio con Guccini negli abissi dei lager nazisti e ha ripreso i temi del suo ultimo libro.(leggi qui)

La seconda giornata si è conclusa alle 22 con il concerto di Simone Cristicchi che ha intrattenuto ed emozionato insieme alla sua band per più di due ore le circa 1.500 persone presenti proponendo oltre ai suoi brani, le più belle canzoni d’amore dei cantautori italiani.

Nell’ultimo giorno piano piano si è popolata il prato intorno alla Pieve di Romena per il concerto all’alba con Alturo Staltieri.  La musica diffondeva con i primi raggi del sole il suo calore ed insieme iniziavano a scaldare il cuore e l’anima per quella che si pronunciava essere la giornata conclusiva del convegno.

Don Luigi durante la lode mattutina ha affermato: «È molto difficile trovare l’alba quando è buio. Ma c’è un istante, poco prima dell’alba, in cui senti come un brivido, un’energia che è più potente di tutte le altre ore del giorno. Vi auguro che ogni raggio dell’alba possa prendere per mano i vostri sogni e li possa condurre alla realtà».

I lavori dell’ultimo giorno sono iniziati con Ermes Ronchi e Marina Marcolini. Marina: «Non c’è giorno della mia vita in cui non abbia pensato, sperato, pianto per l’amore. Dovrei essere un’esperta invece: chi ci capisce niente?». E Ronchi a sostegno: «Qualsiasi parola sull’amore sarà claudicante, è il mistero. Vorrei parlare di amore con amore  L’amore è un tema scottante, e mi sento come Mosé davanti al roveto. Ho paura di bruciarmi le labbra nel parlarne e quindi mi affido ad altri, più grandi. Una delle definizioni è: Una scheggia di Dio infuocata è l’amore (Canto dei Cantici)».

«Ma perché c’è tanto bisogno d’amore?» si è chiesto Ronchi. «La mia tesi è che c’è un unico solo grande amore, che si esprime in Dio, nella chiesa, in due che si amano. L’amore è il mistero grande, fatto di cielo e di terra. Mistero non vuol dire quello che non posso capire, ma quello che ci sfida a fare un passo avanti  In Dio c’è anche Eros, che è passione, gelosia. Non è più Eros contro Agape, ma mescolanza di carne e spirito.  Dio quando ama compie gesti umani e l’uomo e la donna quando amano compiono gesti divini.  Per l’apostolo Giovanni, il mondo è l’umanità si dividono soltanto tra coloro che amano e coloro che non amano. Questa è lo spartiacque della storia».

Padre Ronchi ha poi affermato: «Siamo purtroppo immersi in strutture di disamore. Questo perché sono strutturati in rapporti di potere, anche nelle coppie. L’unico modo per far saltare in aria questa struttura è che tutti servano. Il mondo si basa su un sistema malato di rapporti gerarchici. Gesù lo ha fatto saltare. Gesù era un grande creativo dell’amore: Dopo la resurrezione invece di diventare più lontano diventa più intimo, domestico. Basti pensare alla “grigliata del risorto”. Gesù che prepara il pasto per i suoi amici. È commovente l’umanità di Gesù».

La mattinata è proseguita con l’ergastolano Carmelo Musomeci, boss della malavita della Versilia, in carcere dal 1992. Carmelo racconta: «Quando ero all’Asinara mi colpì questa frase che lessi in una cella: “io sono qui e nessuno lo saprà mai”. Decisi allora di iniziare a scrivere per far sapere che esistevo, che ero lì, che eravamo lì. Ma per imparare a scrivere ho iniziato a studiare, ero entrato in carcere con la quinta elementare e adesso ho tre lauree».

Il cambiamento di Carmelo non è il frutto di un’illuminazione ma fu graduale. «Quello che mi ha cambiato – dice Carmelo – è stato l’amore, le relazioni sociali che però mi hanno anche devastato. Il cambiamento ti fa male perché ti fa soffrire di più. È più facile rimanere chiusi nelle proprie convinzioni. Quello che fa più paura a un criminale incallito è il perdono sociale, perché ti fa perdere gli alibi. È un dolore che ti sana.

Per sconfiggere certi fenomeni criminali basterebbe lo studio, l’amore e l’educazione civica».

«Liberi di partire e liberi di restare» con il titolo della nuova campagna Cei è iniziata la riflessione di monsignor Nunzio Galantino che ha affermato: «Papa Francesco dichiara sempre: guardate che il capitolo di Matteo: “ero straniero e mi avete accolto”, non l’ho scritto io».

«Il primo passo verso una politica seria di accoglienza – ha proseguito il Segretario generale della Cei – è che avvenga nella legalità. Si tratta infatti di capire da dove vengono le persone che approdano nelle nostre terre e di creare dei ponti con le diocesi in quei paesi. Creare le condizioni perché una persona possa essere libera di restare. Altrimenti quella frase “aiutiamoli a casa loro” è meno di niente».

Sullo Ius soli, mons. Galantino ha invece affermato: «Siamo tutti vittime della comunicazione per slogan. Non siamo più capaci di abitare le parole, le situazioni. Non si tratta di fare concessioni a buon mercato».

Sulla domanda di Massimo Orlandi sul femminicidio ha risposto: «La corruzione del cuore è quando si confonde l’amore con il possesso. Il possesso è la forma più alta dell’individualismo. Se non si combatte l’individualismo il femminicidio non terminerà mai».

Chiudendo la sua riflessione sull’amore il Vescovo ha affermato: «Personalmente ho capito che ci deve essere un forte legame tra amore che si fa responsabilità e responsabilità che si fa cura quotidiana, a cominciare da noi stessi. Gesù dice: ama il prossimo tuo come te stesso. Dobbiamo prenderci cura di noi stessi, dobbiamo sentirci responsabili».

L’incontro si è concluso con le note live di Simone Cristicchi che ha allietato tutti i presenti con altre canzoni di amore, chiedendo a tutta la sala di cantarle insieme.

Il convegno si è chiuso con la Messa presieduta da mons. Nunzio Galantino che prima di congedarsi da Romena ha fatto commuovere una ragazza che aveva conosciuto come volontaria al convegno ecclesiale e che aveva modo di incontrare ogni anno a Romena, dicendole affettuosamente: «Ti voglio bene». Una fantastica conclusione per un convegno incentrato sull’Amore.