Italia

«Il Mediterraneo non può essere un muro»

Con la primavera riprendono in maniera massiccia gli sbarchi dei migranti e conseguenti tragedie del mare. Ed è solo l’inizio di un esodo che non si può arrestare, vista la drammatica situazione di guerre, terrorismo e violazioni dei diritti umani in atto dall’altra parte del Mediterraneo. In tre soli giorni – dal 10 aprile ad oggi – nel canale di Sicilia sono stati soccorsi 5.629 migranti diretti verso l’Italia. Si tratta soprattutto di persone in fuga dalla Siria e dall’Eritrea. La Guardia Costiera ha anche soccorso un barcone capovolto a circa 80 miglia dalle coste della Libia, con 9 morti e 144 migranti. E chissà quanti altri saranno dispersi. La Guardia Costiera ha già decine di chiamate di soccorso in atto. Solo nella giornata di domenica ha soccorso 22 gommoni e barconi. Dall’inizio dell’anno, secondo i dati forniti oggi dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), sono 15.000 gli immigrati messi in salvo. Lo scorso anno, con le due operazioni «Mare Nostrum» e poi «Triton», ne sono stati salvati 21.737, con 308 persone risultate coinvolte nel traffico illecito. Ma per il mondo ecclesiale impegnato nell’accoglienza non è abbastanza: troppe vite in più si potevano e si potrebbero ancora salvare.

Migrantes, «ripristinare Mare nostrum». «Gli sbarchi di questi giorni dicono quanto sia necessaria un’azione generale per l’accompagnamento delle persone che attraversano il Mediterraneo. Sempre più profughi fuggono a causa della guerra, del terrorismo e della sofferenza. A fronte di questa situazione bisogna fare in modo che il Mediterraneo sia presidiato non solo da forze italiane ma anche europee, nella logica della salvaguardia della vita». Lo afferma al Sir monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes. «Questi ultimi fatti – commenta – dimostrano la necessità di ripristinare l’operazione ‘Mare nostrum’, non semplicemente presidiando le frontiere. Triton sta facendo i salvataggi, ma non dimentichiamo che altri salvataggi sono avvenuti anche tramite altre navi, pescherecci e altre realtà. Questo indica come sia assolutamente necessario rafforzare con nuove unità navali». «Il Mediterraneo – sottolinea – non può essere un muro. Deve permettere alle persone di ritrovare una sicurezza e questo può avvenire solo attraverso un coinvolgimento europeo e internazionale». E anche se i posti dello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) da 3.000 sono diventati quest’anno oltre 20.000, «sono assolutamente insufficienti – ribadisce il direttore della Migrantes -. Come sono insufficienti i posti di prima accoglienza, pressoché improvvisati nonostante siano diventati circa 30-35.000, accanto ai 10.000 dei Cara (Centri di accoglienza richiedenti asilo)».

Per mons. Perego sarebbe «fondamentale, anche per le emergenze ambientali e altre occasioni, avere un sistema di prima e seconda accoglienza molto più strutturato, e che dai 450 Comuni attuali si estenda a tutti gli 8.000 Comuni italiani». «Non si può tollerare – sottolinea – che un Comune possa decidere di accogliere o meno un richiedente asilo: sarebbe come decidere di sostenere o meno un anziano non autosufficiente o un minore non accompagnato. Il dovere della tutela del diritto d’asilo deve far parte del nostro welfare».

Caritas, «rafforzare operazioni di salvataggio». «Siamo preoccupati perché il 2015 confermerà le previsioni dell’aumento degli arrivi sulle nostre coste e l’operazione ‘Triton’ si sta rivelando assolutamente insufficiente per questo tipo di attività. È necessario rafforzare le operazioni di salvataggio in mare, per dare un apporto valido a scongiurare tante nuove tragedie«: lo dice Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana. «Quanto sta accadendo smentisce chi sosteneva che l’operazione ‘Mare nostrum’ fosse un motivo di attrazione verso le nostre coste – fa notare -. Tutt’altro, gli sbarchi sono addirittura aumentati». Inoltre, «le operazioni di salvataggio in mare da parte dei privati dimostrano che laddove non arrivano le istituzioni come sempre il privato cerca di supplire. Anche questo è un segnale di come ci sia bisogno di rafforzare questo tipo di operazioni se non vogliamo ancora caricare morti sulle motovedette della Guardia Costiera. I privati cittadini dimostrano di essere più avanti rispetto alle scelte politiche».

L’indotto dell’accoglienza gestito dalla Chiesa nelle diocesi ha visto passare nell’ultim’anno almeno 20.000 persone, un terzo della capienza dell’intero sistema (67.000 persone). «Noi ci stiamo impegnando per garantire a chi arriva una accoglienza dignitosa – precisa Forti -, ma c’è bisogno di incrementare ulteriormente la disponibilità di posti, perché già oggi il sistema fatica ad accogliere migliaia di persone presenti sui nostri territori. I 67.000 dello scorso anno non scompaiono improvvisamente. Ci sarà bisogno sicuramente di altri posti». Forti rivela che molti istituti religiosi hanno reso disponibili centinaia di posti in più – soprattutto strutture attrezzate per l’accoglienza di mamme e bambini – ma «a parte un caso, non sempre le prefetture hanno accolto questa disponibilità e non sappiamo perché. Speriamo a breve di essere contattati, vista la situazione».