Italia

Italicum, le motivazioni della Consulta

La Costituzione «se non impone al legislatore di introdurre, per i due rami del Parlamento, sistemi elettorali identici, tuttavia esige che, al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non devono ostacolare, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee». È quanto si legge nella sentenza della Corte costituzionale, depositata poco dopo le 20,30 di ieri sera e firmata dal presidente Paolo Grossi e dal relatore Nicolò Zanon.

A proposito del ballottaggio, la Consulta afferma che con l’Italicum «una lista può accedere al turno di ballottaggio anche avendo conseguito al primo turno un consenso esiguo, e ciononostante ottenere il premio, vedendo più che raddoppiati i seggi che avrebbe conseguito sulla base dei voti ottenuti al primo turno».

Nella sentenza la Corte costituzionale spiega anche perché ha bocciato la possibilità, prevista dall’Italicum, che i candidati eletti in più collegi potessero scegliere a piacimento il collegio di elezione. «L’assenza nella disposizione censurata di un criterio oggettivo, rispettoso della volontà degli elettori e idoneo a determinare la scelta del capolista eletto in più collegi – osserva la Consulta – è in contraddizione manifesta con la logica dell’indicazione personale dell’eletto da parte dell’elettore». La Corte ha individuato come criterio da applicare quello del sorteggio, «che restituisce, com’è indispensabile, una normativa elettorale di risulta anche per questa parte immediatamente applicabile all’esito della pronuncia». Il sorteggio, infatti, era previsto da una vecchia normativa non oggetto del giudizio di costituzionalità e che i giudici hanno richiamato al fine di rendere comunque subito operativa la legge elettorale risultante dalle modifiche apportate dalla sentenza. Ma la Consulta aggiunge che «appartiene con evidenza alla responsabilità del legislatore sostituire tale criterio con altra più adeguata regola, rispettosa della volontà degli elettori».

Per quanto riguarda invece la soglia di sbarramento, introdotta con l’Italicum, secondo la Corte costituzionale «non è irragionevolmente elevata» e «non determina di per sé, una sproporzionata distorsione della rappresentatività dell’organo elettivo». Così pure la soglia del 40% per attribuire il premio di maggioranza alla lista più votata, rientra nella discrezionalità del legislatore in quanto «non appare in sé manifestamente irragionevole, poiché volta a bilanciare i principi costituzionali della necessaria rappresentatività» con «gli obiettivi, pure di rilievo costituzionale, della stabilità del governo del Paese e della rapidità del processo decisionale».

Un altro punto-chiave dei ricorsi contro l’Italicum era quello dei capilista bloccati. In passato, con la sentenza del 2014 relativa alla legge elettorale del 2005, nota alle cronache come Porcellum, la Corte costituzionale era intervenuta dichiarando illegittima la soluzione adottata in quel caso poiché «non consentiva all’elettore alcun margine di scelta dei propri rappresentanti, prevedendo un voto per una lista composta interamente da candidati bloccati».

Nell’Italicum invece è bloccato solo il capolista e «l’indicazione di candidati capilista – osserva la Consulta – è anche espressione della posizione assegnata ai partiti politici dall’art. 49 della Costituzione». «Alla luce di tali premesse», le norme contenute nell’Italicum «non determinano una lesione della libertà del voto dell’elettore, presidiata dall’articolo 48, secondo comma, della Costituzione».

La Corte si sofferma nel dettaglio a spiegare le differenze rispetto alla legge del 2005. L’Italicum – si legge nella sentenza depositata questa sera – «si discosta da quello previgente per tre aspetti essenziali: le liste sono presentate in cento collegi plurinominali di dimensioni ridotte, e sono dunque formate da un numero assai inferiore di candidati; l’unico candidato bloccato è il capolista, il cui nome compare sulla scheda elettorale (ciò che valorizza la sua preventiva conoscibilità da parte degli elettori); l’elettore può, infine, esprimere sino a due preferenze, per candidati di sesso diverso tra quelli che non sono capilista».