Italia

«La Vela», dai giovani una lezione di pace

di Mario Agostino

«Condividiamo l’idea che la nostra vita debba essere un contributo per migliorare le nostre società. Cambiare è possibile anche in situazioni di estrema difficoltà. Cambiare è possibile se c’è passione, se abbiamo volontà, se ci sentiamo responsabili per gli altri». Con queste frasi di conclusione, affidate al consueto documento finale, si sono lasciati i circa 120 giovani partecipanti al Campo Internazionale 2009, organizzato anche quest’anno, dal 10 al 19 agosto, dall’associazione Opera per la Gioventù «Giorgio La Pira». Numerosi i paesi rappresentati: Albania, Congo, Israele, Italia, Palestina, Russia, Senegal e Yemen. Volti e nomi provenienti dai più vari angoli del globo, per un’esperienza di dialogo vero, nel rispetto delle identità, religiose e culturali, di ciascuno.

L’esperienza, nata dalla volontà di conoscere meglio e assimilare le «ipotesi di lavoro» del «Sindaco Santo» Giorgio La Pira, ripercorrendo alcuni «ponti di preghiera, unità e pace», da più di venti anni vede presenti alcune delegazioni di giovani provenienti dalla Russia, tra cui anche, in una prospettiva ecumenica, cristiani cattolici ed ortodossi da Mosca e da San Pietroburgo. La presenza del Professor La Pira tra i giovani dell’Opera aveva esercitato una notevole influenza nell’allargare l’orizzonte della loro formazione e approfondire i contenuti delle loro attività; sulle orme di La Pira, rimane intatta la volontà di continuare a percorrere un cammino antico, quello del sentiero di Isaia: la pace di Gerusalemme tra la «triplice famiglia di Abramo»: Ebrei, Cristiani e Musulmani. In questa prospettiva, al Campo partecipano anche giovani cristiani, ebrei e musulmani provenienti da Israele e dalla Palestina. Negli ultimi anni tuttavia l’esperienza ha rafforzato la sua vocazione internazionale grazie alla partecipazione di giovani ospiti presso il Centro Internazionale studenti «Giorgio La Pira» di Firenze. Per la diocesi fiorentina inoltre negli ultimi anni questo evento ha segnato una notevole occasione di comunione ecclesiale con la collaborazione anche di storiche associazioni come l’Agesci, l’Ac ed il gruppo della Fuci.

Il tema proposto quest’anno a «La Vela» è stato «Libertà e Partecipazione: il sentiero della Giustizia». La riflessione – coordinata da Riccardo Moro, direttore della Fondazione Cei «Giustizia e Libertà» – è stato affrontata analizzando il comune desiderio di libertà, limitata in molti modi e soggetta alle svariate definizioni e modalità di approccio soggettive. Certamente una delle conclusioni condivise è l’idea di libertà come responsabilità delle scelte, una libertà da preferire al «vivere in gabbia». Al di là della libertà personale e interiore, i giovani hanno affrontato secondo le rispettive esperienze personali la questione della libertà politica, messa alla prova in diversi modi.  La riflessione ha condotto i gruppi all’idea di partecipazione, intesa come la possibilità di contribuire alla comunità di appartenenza. In questo senso, una prima forma di partecipazione risulta essere l’impegno sociale, mentre un’altra significativa forma di partecipazione è l’educazione, concepita come tutto ciò che «umanizza» la società.

Naturalmente un’importante forma di partecipazione «strategica» connota la dimensione politica. A tal proposito, particolare interesse hanno suscitato i dibattiti sulla democrazia, connotata di diversi limiti in molti dei paesi di provenienza dei giovani.

Secondo le conclusioni condivise dai ragazzi, se partecipare è agire in modo responsabile, gli stili di vita responsabili sono un modo di contribuire ad un mondo migliore, «ad esempio non sprecando acqua e risorse preziose, acquistando prodotti che non sono il risultato dello sfruttamento umano (lavoro minorile, lavoratori sottopagati, tecnologie inquinanti…), promuovendo il commercio equo».

Il campo ha inoltre fornito interessanti spazi di confronto circa la libertà di informazione. Per partecipare occorre essere informati sulla propria comunità, superare i limiti dell’informazione che arriva da mass media controllati da editori interessati, sviluppando una capacità critica e alimentando reti, usando anche le nuove forme di comunicazione elettronica (internet, social networks…).

Durante il campo anche l’idea di giustizia, spesso legata all’idea della riconciliazione, ha trovato notevole risalto. Sebbene i giovani siano stati concordi sulla difficoltà di influenzare le decisioni di chi ha responsabilità, l’idea di un dialogo oltre le ideologie è apparsa un’aspirazione condivisa. «La giustizia è difficile da definire, ma condividiamo comunque l’idea che sia strettamente legata con la misericordia. La giustizia – recita il documento finale in proposito – può solo venire dalla misericordia che promuove l’umanizzazione della società».

Anche quest’anno, il campo ha riproposto un’esperienza di vita «integrale» basate sulla dimensione comunitaria. Le giornate sono state alternate da momenti di riflessione (con la presenza di «esperti», come Hulda Liberanome, l’imam Izzedin Elzir, Kpakilé Felemu, direttore del Foguired, il giornalista iracheno Saad Hussin, gli assessori regionali Massimo Toschi e Gianni Salvadori), di gioco e di permanenza sul mare, sempre scandite dalla preghiera. Significativa la visita al campo dell’arcivescovo di Firenze, mons. Giuseppe Betori che ha presieduto una celebrazione eucaristica. Ancora una volta, i giovani hanno parlato di «un’opportunità unica per allargare i contatti personali e dare maggiori capacità di comunicare in un contesto multiculturale». Ancora una volta mescolare nazionalità e culture è stata una scommessa vinta, la prova di una convivenza tangibile e non esclusivamente teorizzata da grandi personalità che il campo lo concepirono e promossero, come Pino Arpioni e Giorgio La Pira.

documento finale

Prodi ai giovani del Campo internazionale: ecco come cambia il mondo