Italia

«Uno di noi», è il momento delle firme

Domenica 12 maggio verrà dedicata alla raccolta di firme per la tutela dell’embrione umano, un appuntamento fortemente voluto non solo dalle aggregazioni cattoliche che si sono riunite nel Comitato italiano per “Uno di noi” (www.firmaunodinoi.it), ma dalla stessa Conferenza episcopale italiana che ha invitato tutti i parroci, tramite il suo Segretario generale monsignor Mariano Crociata, a dare il loro sostegno alla raccolta firme fuori dalle chiese e negli ambienti parrocchiali, quali oratori e circoli. L’obiettivo della campagna europea è di raggiungere un milione di firme, in almeno 7 Paesi, secondo il regolamento fissato dall’Unione europea per questo tipo di iniziative popolari. Al momento è già stata superata, complessivamente, la cifra di 300mila firme e c’è tempo fino al 1° novembre per raggiungere il traguardo minimo. Tuttavia, il Comitato italiano è impegnato per ottenere risultati significativi già in questi mesi prima dell’estate, per dare uno sprone sia all’opinione pubblica interna sia agli altri paesi europei impegnati nell’iniziativa. Qui di seguito l’intervista alla portavoce del Comitato italiano per “Uno di noi”, Maria Grazia Colombo, esponente del Forum delle associazioni familiari, che si sofferma soprattutto sulle occasioni di “dialogo” offerte dal tema dell’embrione umano.

Nella conferenza stampa di presentazione della campagna, lei ha affermato che la difesa dell’embrione umano è una questione “laica”, cioè “di tutti e per tutti”. Perché?

“Perché mi sembra che sia giunto il momento di superare i vecchi ‘steccati’ tra laici e cattolici, e vedere la realtà che abbiamo davanti: l’Italia sta vivendo momenti molto difficili e forse un po’ di generosità in favore della vita potrà contribuire a ridare slancio alle persone per tornare a guardare al futuro con fiducia, specie per quanto riguarda i giovani. La difesa dell’embrione poi è una questione che interpella tutti, a vari livelli, e che chiede un supplemento di riflessione e approfondimenti sui valori umani in cui tutti ci possiamo riconoscere”.

Nel suo ruolo di portavoce del Comitato italiano per “Uno di noi” sarà chiamata a proporre la tutela dell’embrione davanti, probabilmente, a contestazioni e opposizioni varie. Cosa la fa essere ottimista su questa campagna, che appare culturalmente molto difficile?

“Credo che una riflessione non preconcetta dovrebbe condurre a guardare in faccia la realtà: tutti sappiamo che l’embrione non è un semplice grumo di cellule, bensì è l’uomo o la donna che domani vedremo nascere e poi crescere. Si tratta di accettare questa elementare verità e non invece ragionare con pregiudizi, che tra l’altro non reggono alla prova della confutazione”.

Cosa pensate di proporre per convincere a firmare su un tema che è considerato tra i più “sensibili”?

“Il nostro invito è rivolto primariamente a tutti i credenti, come singoli e come appartenenti a realtà varie: dalle parrocchie alle associazioni, ai movimenti o ad altre aggregazioni. Si tratta di essere amichevoli e convincenti per indurre le persone al semplice gesto della firma, in rete via internet o sul modulo cartaceo. Ma un ruolo determinante in questa campagna mi sembra possa essere giocato proprio sul piano personale: consiste nel mostrare la nostra serena fiducia circa quanto affermiamo, offrendo una testimonianza credibile sulla profondità di questo valore. Mi pare che essenzialmente si tratti di motivare la nostra difesa dell’embrione non in termini ideologici, bensì semplicemente e primariamente umani. In fondo, ci occupiamo di quello che in pochi mesi diverrà un bambino, a cui tutti poi vorranno bene. E come non essere dalla parte di un bambino?”.

Quindi niente “guerre sante”?

“Assolutamente no, anzi mi sembra una grande occasione di dialogo, non solo con chi la pensa come noi, ma soprattutto con chi eventualmente dissente. Credo sia finito il tempo delle contrapposizioni ideologiche, è giunta l’ora dell’incontro in cui noi credenti non dobbiamo a tutti i costi convertire qualcuno, ma mostrare il lato bello della fede, che è aperta a ogni uomo e sostiene un umanesimo inclusivo dove c’è posto per ogni uomo o donna di buona volontà. In sostanza si tratta di far avanzare la civiltà comune attraverso un franco e amichevole dialogo”.

La difesa dell’embrione si colloca sul versante bioetico, ma non solo: riguarda anche il concetto di famiglia. Non si rischia di innescare a questo riguardo vecchi conflitti non superati?

“Siamo su un fronte molto sensibile ma occorre il coraggio di parlare e mostrare la bellezza della famiglia così come noi cristiani la conosciamo e proponiamo. Credo che anche su questo terreno siano più i punti di incontro che non quelli di scontro”.