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Don Niccheri, missionario in Brasile: «Vi racconto i miei Mondiali di calcio»

Gli occhi del mondo sono puntati in questi giorni sul Brasile, dove si giocano i mondiali di calcio. È l’occasione per accendere i riflettori su questa terra bellissima e complessa, con un osservatore molto particolare: don Luca Niccheri, prete fiorentino missionario «fidei donum» a Salvador Bahia.

Guarda l’intervista integrale a don Luca Niccheri

Don Luca, partiamo proprio dai mondiali di calcio: come si vive questo grande evento planetario tra la gente brasiliana?

«C’è una grande aspettativa. È ambivalente: c’è grande voglia del Mondiale, di calcio giocato che per loro è uno sport stupendo, c’è anche l’essere al centro delle attenzioni del mondo e quindi sentirsi valorizzati. C’è poi però l’altro aspetto delle contestazioni sulle spese per la costruzione dei nuovi stadi, sul fatto che questi fondi potessero essere usati meglio o per altre cose. Obiezioni che sono reali ma anche strumentalizzate da interessi politici. Nel prossimo ottobre ci saranno le elezioni per il presidente. Per questo l’opposizione politica che è molto contigua al sistema di informazione brasiliano ha tutto l’interesse che questi campionati mondiali si risolvano in un insuccesso per il governo. Questo elemento, forse, da questa parte del mondo è meno evidente».

Un passaggio azzardato: dai calciatori milionari ai bambini di strada. Sappiamo che nella sua missione si occupa proprio di offrire ai bambini un futuro migliore, attraverso la scuola, la formazione al lavoro…

«Abbiamo il progetto “Beija Flor” incoraggiato e sostenuto dal Progetto “Agata Smeralda” di Firenze che accoglie i bambini più poveri cercando di educarli e di accompagnarli fino a quando saranno adulti. La situazione del paese però è sempre molto difficile. È vero che il paese cresce velocemente dal punto di vista economico ma prima di arrivare ad attaccare i grumi solidi di povertà ci vorrà molto tempo. E nel frattempo questi ragazzi rischiamo di vedersi passare davanti lo sviluppo e di non riuscire ad agganciare il treno giusto. Questo mi dispiacerebbe molto».Quali indicazioni possiamo dare a chi volesse sostenere le attività missionarie a Salvador Bahia?

«Il nostro progetto si chiama “Beija Flor”, ovvero colibrì. Ci siamo ispirato a una storia: c’è un incendio nella foresta, tutti gli animali scappano. Il leone vede però il colibrì che va nella direzione opposta, prende una goccia d’acqua e la butta sul fuoco. Il leone, scettico, gli chiede se pensa di spengere l’incendio da solo. Il colibrì risponde: “no, però sto facendo la mia parte”. Il senso è proprio questo: se ognuno riuscisse ad organizzare qualcosa, anche un piccolo segno, durante l’anno come un pranzo, una cena, una sensibilizzazione per una comunione o per un matrimonio, una recita teatrale, sarebbe senza dubbio un grande aiuto per noi. Ognuno può portare la propria goccia, come il colibrì. I canali per contattarci sono semplici: il Centro missionario diocesano, il Progetto Agata Smeralda».

Un’ultima domanda che è anche una curiosità: il 13 luglio, in una ipotetica finale Brasile-Italia (rivincita di Messico ’70 e Usa ’94, entrambe perse dalla nazionale italiana), don Luca Niccheri da che parte starebbe?

«Starei per l’Italia come ogni buon patriota all’estero. Per me, però, sarebbe una tragedia sia che l’Italia vincesse sia che perdesse. Sarei preso di mira in entrambi i casi. Ma sarei comunque contento, perché dopo l’Italia per me c’è il Brasile».

Se il Brasile vincesse cosa accadrebbe?

«L’impossibile».

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