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Filippine: Duterte insulta i vescovi, dialogo azzerato

Il neoeletto Presidente Rodrigo Duterte ha scelto la via dura nei confronti della Chiesa cattolica nazionale nonché quella di Roma, rivolgendo ieri in conferenza stampa termini offensivi e osceni agli esponenti del clero che hanno osato criticarlo.

Prima della sua nomina, la Conferenza episcopale delle Filippine aveva scritto una lettera aperta agli elettori cattolici in cui li esortava a non votare per dei politici dalla «moralità riprovevole». Il nome di Duterte non era emerso chiaramente, ma non è stato difficile capire che l’ammonimento riguardava lui. Ieri, Duterte prima ha apostrofato i vescovi e i religiosi con insulti molto gravi, dopodiché li ha accusati di essere i diretti responsabili dell’impennata demografica addebitata alla visione che viene trasmessa della famiglia tradizionale. Nelle Filippine, l’80% della popolazione è infatti cristiana. Il linguaggio aggressivo non aveva risparmiato neanche Papa Francesco: Duterte aveva trovato intollerabile l’ingorgo che la visita a Manila dello scorso anno aveva provocato.

«Non resteremo in silenzio. La Chiesa predica ciò che ritiene giusto», è stato il commento di oggi dell’arcivescovo Oscar Cruz. Il braccio di ferro tra la Chiesa e il governo risale già al 2012, quando una legge consentì la distribuzione gratuita di contraccettivi, e decretò un piano regolatore per la famiglia nel tentativo di frenare il boom delle nascite. Il nuovo Presidente in questo senso ha promesso che consentirà alle famiglie di avere tre bambini al massimo: questa la sfida lanciata alla Santa Sede. La proposta poi di ripristinare la pena di morte ha aperto poi un nuovo punto di scontro con gli ecclesiastici.