Toscana

«Cattolici protagonisti», mons. Bregantini: «La Chiesa impari la povertà da chi è precario»

Nell’intervista video, realizzata da Riccardo Bigi, il presidente della commissione Cei per i problemi sociali e del lavoro, anticipa i temi del suo intervento. 

Di fronte a questa grande emergenza europea della precarietà, che colpisce soprattutto i giovani, ha spiegato Bregantini, la prima dimensione da metter ein campo è quella dell’empatia:«La Chiesa deve condividere con i giovani che vivono la precarietà, e non solo loro, ma in maniera così tragica, non con lo sguardo di problema che loro hanno, ma di nostro problema. L’empatia rende la precarietà nostra».

La seconda dimensione è teologica: «la precarietà ci cambia positivamente, ci converte. La Chiesa oggi chiede di essere più povera: ecco, impari da chi è precario. E chi è precario, oggi, è il maestro della povertà della Chiesa. Per cui non è più un gioco astratto, oppure intellettualistico, come il Sessantotto. Già basta guardarsi attorno, guardare i nostri ragazzi, figli e nipoti, in tutte le scuole, in tutte le realtà lavorative».

Questo – ha proseguito Bregantini – «richiede una rilettura grande sul piano sociale. E quindi vedere anche dove è la causa e come è risolvibile».  A questo proposito ha sottolineato l’importanza degli investimenti, di non delocalizzare, di difendere ciò che è tipico. Ma occorre anche un sindacato più allargato, che sappia andare oltre la questione dell’articolo 18, che è una cosa marginale. Serve quindi un sindacato «più attento» alla precarietà e serve «una politica più fattiva, meno vincolata». A questo proposito ha rimarcato l’importanza di difendere le «banche popolari, che non devono diventare spa, ma devono restare quello che sono, perché hanno sempre lavorato nell’aiutare le dimensioni locali, perché una cassa rurale sul territorio vale più di una grande banca che viene da Parigi». 

Altra dimensione importante, per Bregantini, è quella educativa. La famiglia, prendendo a modello quella di Nazareth, deve insegnare il valore del lavoro, anche quello manuale. «I ragazzi devono sentire che la dimensione del lavoro è decisiva», perché 1c’è una cultura del libro e c’è una cultura delle mani, di pari valore. Ogni lavoro ha pari dignità. Questo è ciò che Nazareth ti insegna». 

Infine la dimensione pastorale, con il progetto Policoro, le scuole di formazione socio-politica, lo sguardo attento alle realtà emergenti. Ha anche messo in guardia da un certo modo di concepire le Caritas: «La Caritas non deve essere la soluzione dei problemi. Perché prima ancora della soluzione caritativa dei problemi c’è l’impostazione politica e culturale dei problemi, su cui questa commissione lavora. Noi non siamo quelli che rammendano i pantaloni rotti dal chiodo del passaggio… togliamo il chiodo!».